Alla “riscoperta” di uno dei migliori e
più sottovalutati film di Nicolas Cage degli ultimi anni, vi proponiamo una
recensione 2.0 di Cane mangia Cane
In un mondo in cui ogni maestra d’asilo
di età superiore ai 60 dovrebbe per legge essere armata di un Ak-47, vivono
Troy (Nicolas Cage), Mad Dog (Willem Dafoe) e Diesel (Christopher Matthew
Cook). Sono un piccolo manipolo di uomini duri, legati dal caso e dalla
prigione. Loschi, ma anche amici ormai inseparabili, pronti a partire per ogni
genere di scorribanda losca, spalleggiandosi l’uno con l’altro per poter
racimolare qualche soldo che i lavori di pubblica utilità non possono
offrirgli. Troy è un tipo elegante e parecchio sfortunato. Ama somigliare nelle
movenze e nei vestiti ad Humphrey Bogart, le feste e essere trattato dalle
donne come un bancomat. È lui il boss, gestisce gli incarichi e i contatti, ma
non lo fa pesare agli altri. Mad Dog è sempre in disordine, ha un tatuaggio con
un occhio disegnato sul mento, con coltello per sfilettare legato alla gamba ed
è sempre strafatto. Ama coccolare i suoi piedi sulla moquette, le donne
corpulente e le massaggiatrici asiatiche dal cuore di ghiaccio, ma quando esce
di testa è in grado in un attimo di dipingere di sangue e interiora ogni
superficie. Diesel è un grosso ragazzone che pare La Cosa dei Fantastici 4, con
l’aria perennemente imbronciata e vestito sempre con una felpa con cappuccio.
Ama lavorare nel campo del recupero crediti senza dover parlare troppo, patisce
molto il fatto che gli “altri”, intesi come “tutto il maledetto mondo”, lo
considerino un ex detenuto e questo lo pone costantemente sulla difensiva,
facendogli fare delle gaffe clamorose. Questi tre scoppiati si trovano a
sbarcare il lunario con i “lavoretti” offerti dal “greco” (interpretato dallo
stesso regista della pellicola, Paul Schrader), realizzati quasi sempre dal
trio con ampi margini di disorganizzazione, nervosismo e incompetenza, cui
segue ritualmente un qualche festino a base di alcol e night club.
È il festino la parte “bella” è più
riuscita della loro vita: quando i tre completamente ubriachi possono arrivare
a spogliarsi nudi e tirarsi addosso ridendo interi tubetti giganti di ketchup e maionese. Un giorno questo scombinato ratpack decide di
accettare l’incarico della grande svolta: il rapimento di un bambino. Sebbene
nessuno di loro ami questo tipo di lavoro, i 750mila dollari della ricompensa
potrebbero portare tutti e tre in qualche paradiso tropicale a godersi il resto
della vita. Peccato che le cose si mettano subito malissimo e gli animi
fumantini dei tre inizino a farli sbarellare in una escalation di distruzione e
autodistruzione.
Tentativo numero due per il mitico Paul
Schradder, regista di American Gigolò e del Bacio della pantera (con
protagonista Natasha Kinski, figlia di Klaus Kinsky, uno dei miti personali di
Cage) di lavorare insieme a Nicolas Cage, dopo quel pastrocchio
produttivo capitato a Il Nemico Invisibile. Il libro del 1996 che Schrader
sceglie di adattare sullo schermo è in questo caso bellissimo (in Italia si
trova in economica e non è da farsi scappare) ed è di Edward Bunker, un
nome grosso della narrativa noir che riesce sempre a offrire una visione
originale e profonda del mondo criminale anche in virtù di un passato personale
a tinte forti. Cane mangia cane è un libro carico di black humor, rabbia,
malinconia e sogni infranti, che poteva benissimo diventare un film di
Tarantino o Walter Hill, per i quali Bunker ha lavorato spesso come consulente
e qualche volta anche come attore. Nelle mani di un Paul Schrader in vena di
girare qualcosa di totalmente matto e fuori dagli schemi, Cane mangia cane
diventa qualcosa di molto personale, dove si enfatizzano in modo profondo i
tratti caricaturali dei personaggi e il loro “pessimismo cosmico” verso un
mondo in cui tutte le persone comuni sono opportuniste e ciniche. Schrader
sceglie una narrazione sincopata, che alterna umorismo a splatter e una fotografia
acida piena di filtri colorati estremi, confezionando qualcosa visivamente a
metà strada tra l’approccio “da zapping televisivo” di Natural Born Killers di
Stone e il cartoon per adulti distorto di Paura e deliro a Las Vegas di
Gilliam. Le riprese viaggiano veloci e concentrate in un mesetto a Cleveland,
nel 2015, tra ottobre e novembre, dove la parola d’ordine sul set sembra
essere “sviluppare l’ansia sociale”. Troy, Mad Dog e Diesel sono personaggi che
a furia di stare in un mondo che li respinge e li accusa di essere criminali,
spesso ancora prima che facciano realmente qualcosa di grave, hanno
perennemente i nervi scoperti e la pistola carica in pugno. Cage costruisce il
suo Troy come un personaggio apparentemente sobrio, dimesso, dai toni gentili
ed eloquio sofisticato. A dispetto di cotanta mitezza il personaggio si trova
spesso con i capelli sparati per aria e gli abiti sbrindellati, rivelando per
contrasto un’aria buffa quanto inquieta. Amabilissimo e compagnone per i suoi
soci, stoico nel prendersi in faccia tutti gli schiaffi che la vita e in
particolare il mondo femminile gli riserva, quando arriva “l’ansia
sociale” Troy sa mettersi nei casini in pochissimi secondi. Aggredisce chiunque trovi a tiro, urla, si muove in modi inconsulti, si infila in fughe
surreali, impossibili quanto tragicamente inconcludenti. Troy è un po’ il
fratello cattivo di Bill Firpo, il personaggio di Cage in Bufera in paradiso,
così come tutto il mondo di Cane mangia cane sembra il fratello cattivo del
paesino da favola abitato da persone super gentili e altruiste di Bufera in
Paradiso. Consiglio caldamente la visione dei due film in una stessa serata per
osservare i moltissimi e gustosi punti di contatto e divergenza tra le due
pellicole, fino all’epilogo finale gustosamente speculare. Cage si diverte
molto con Troy: lo de-costruisce, ne evidenza fragilità e cuore, nevrosi e
soprattutto il disincanto. Verso al fine della pellicola, in una specie di
progressiva auto consapevolezza di trovarsi all’interno di un mondo folle e
ingrato, Troy arriva quasi a vestire i panni del “vendicatore metafisico”,
sfidando il destino a riversare la sua stessa sfortuna anche su persone “per
bene”. Se Troy combatte contro il destino avverso, i personaggi di Mad Dog e
Diesel vanno alla difficile ricerca della loro parte interiore, cercando in
modo tenero quanto catastrofico di essere migliori sviluppare empatia verso il
prossimo. Il Diesel di Cook sembra un personaggio calmo e tranquillo, spesso
gentile. Tuttavia la sua ansia sociale, che deriva dall’essere visto dagli
altri come un galeotto, anche quando non ci sarebbe alcun presupposto per
pensarlo, è devastante. Basta uno sguardo sbagliato per far crollare il nostro
eroe, anche quando è sul punto di arrivare vittorioso alla fine di lunghi e
difficili percorsi emotivi, che ne certificherebbero sensibilità, altruismo e
perfetto inserimento sociale. Percorsi che falliscono quasi per “paura di
farcela”. Cook gli dona un riuscito mix di malinconia e inconscio bisogno di
autodistruzione, accentuando per il suo Diesel modi e movimenti da “tipaccio” a
difesa di un animo di base ingenuo, quasi adolescenziale. Il Mad Dog di Dafoe è
invece un individuo consapevole di vivere in un mondo da incubo in cui tutto è
rosa e appiccicosamente artefatto. Motivo per cui sceglie ad oltranza la droga
e il rassicurante mondo diverso in cui sa proiettarlo, dai toni blu scuri,
calmo, liquido come l’acqua. Il problema è quando la droga finisce e Mad Dog
deve mettere in atto maldestri tentativi per prolungare questa “calma
psicotropa” nel mondo reale, cercando di dialogare costruttivamente con gli
altri, cercando di evitare la rabbia. Purtroppo il mondo di Cane mangia cane è
appunto un luogo in cui una maestra di asilo dovrebbe avere per legge un fucile
Ak-47, del tutto impermeabile ad ogni meccanismo di comprensione umana e il
nostro eroe, messo sotto stress, esplode nel giro di un secondo in
una rabbia cieca, per poi un secondo dopo trovarsi a piangere e maledirsi sul
latte versato. Dafoe sfodera per Mad Dog un ventaglio infinito di
emozioni. Ce lo fa sentire febbrilmente vivo, da quando prova godimento nel
massaggiarsi i piedi sulla moquette a quando piange in auto insieme a Diesel,
ripensando ai suoi errori passati e alla sua infinita voglia di rivalsa. Dafoe
ce lo fa vedere a fare “le boccacce al mondo reale”, davanti allo
specchio, mentre è sotto gli effetti degli stupefacenti. Ce lo mostra
ricurvo, mentre diventa piccolo piccolo e si prende le botte da una ragazza
corpulenta che non vuole più amarlo. Ci mostra i suoi riflessi fulminei e lo
sguardo impassibile da killer, quanto Mad Dog “professionalmente” difende
i suoi compagni durante le loro scorribande.
Cage, Cook e Dafoe danno vita a un bel
trio di personaggi complicati e complessi e Schrader li segue nelle loro gesta
di ordinaria inadeguatezza con gusto e divertimento, passione e affetto, in una
storia in cui sappiamo fin dall’inizio che tutto finirà “a schifio”, sotto
tonnellate e tonnellate di gustosa e irriverente satira sociale. Cane mangia
cane si discostata in più punti dal romanzo ma ne rispetta lo spirito, la forte
malinconia. La pellicola viaggia veloce cavalcando il suo umorismo e animo
feroce, non facendo sconti in ambito di violenza visiva, con scene molto
cruente che ne fanno una produzione destinata al solo pubblico adulto. Un
piccolo film sanguigno e sarcastico in cui Cage riesce a fare un ottimo gioco
di squadra insieme a Cook e Dafoe, dando vita a una dolce e sballata famiglia
di uomini nudi che, dopo aver disseminato svariati cadaveri ed esserci
cimentati in surreali inseguimenti, sanno tirarsi addosso, nudi e felici, interi
tubetti ketchup e maionese. Antieroi, all’interno di un mondo troppo
cattivo per “essere i buoni”. Talk0
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