lunedì 14 novembre 2022

Belle e Sebastien Next Generation: la nostra recensione di una favola che si “aggiorna ai tempi moderni” senza perdere il suo spirito profondamente umano e ambientalista

Nella Parigi dei giorni nostri il giovane Seb (Robinson Mensah-Rouanet) è un ragazzino gentile e taciturno che spesso finisce nei guai cercando di aiutare gli altri. Dopo l’ennesimo guaio, Seb non può più andare in vacanza con l’amico Demitri in quanto ritenuto un “ragazzaccio”, così la madre Cécile (Caroline Anglade) lo spedisce per l’estate in montagna, ad occuparsi delle pecore con la zia Noemie (Alice David) e la nonna (Michele Laroque) nella vecchia “azienda familiare”. Su quelle montagne vive in cattività un altro “presunto ragazzaccio”, un enorme cane bianco che dopo uno spettacolare inseguimento ad alta quota con un quad viene infine catturato dall’istruttore di roccia Gas (Syrus  Shahidi), che sceglie per lui il nome “Belle” e il recinto delle sue pecore. All’inizio restio alla vita di montagna, già isolato dai ragazzini del luogo che lo ritengono troppo “fuori posto”, presto Seb si trova in modo rocambolesco ad affrontare una prova di coraggio che lo pone davanti a una agguerritissima Belle. Tra i due, dopo vari incontri e scontri, inizia a nascere una strana amicizia che li porta a esplorare i luoghi più suggestivi della vallata, come a far fronte alle macchinazioni di persone senza scrupoli che vogliono arricchirsi a discapito della natura. 


C’erano una volta Belle e Sebastien, gli amatissimi personaggi creati dalla scrittrice per l’infanzia Cecile Aubry diventati protagonisti di mille avventure tra romanzi, serie tv e cartoni animati. Come per la Heidi della scrittrice Svizzera Johanna Spyri, la storia è ambientata sulle maestose e verdeggianti Alpi francesi, in un mondo contadino carico di tradizioni, raccontando un modo di vivere a stretto contatto con la natura e le tradizioni, cercando di trovare un difficile equilibrio con il mondo moderno. In Belle e Sabastien in più il periodo storico è quello particolarmente difficile degli anni '40 del novecento, con le vicende che si svolgono presso un villaggio di montagna sotto la morsa di un'occupazione tedesca che apre anche a scenari drammatici, ma il fulcro di questi racconti, carissimi anche alla nostra televisione italiana, rimane sempre l’incontro tra uomo e natura, l’amicizia tra il bambino e il cane. Belle è una cagnolona di razza “patou” (o pastore di montagna dei Pirenei) che prima imperversa tra le montagne con l’aria “per qualcuno minacciosa” e Sebastien è un pastorello un po’ solitario, un orfano di otto anni che senza timore si avvicina a lei dando inizio a un'amicizia tenera quanto dai risvolti avventurosi. Di recente, nel 2013 e poi nel 2015 il regista Nicolas Vanier e poi il regista Christian Duguay hanno riadattato questa storia, conservando l’ambientazione storica degli anni ‘40, e mutuando qualche suggestione da Indiana Jones, in un film e un sequel di grande successo in cui Sebastien è stato bene interpretato da Felix Bossuet. Ora nel 2022 il testimone passa al regista Pierre Corè, che sceglie di portare Belle e Sebastien ai giorni nostri, affidandosi per il ruolo di Sebastien al giovane Robinson Mensah-Rouanet. Le montagne dove è ambientata la storia “si aggiornano”, conservando la loro natura di meravigliosi paesaggi naturali per le colture e allevamento ma diventando anche scenario per spot estremi come la roccia, il parapendio, i percorsi fuori strada con i quad e le moto. Allo stesso modo Robinson è un Sebastien, o meglio un “Seb”, in tutto e per tutto del ventunesimo secolo, con i suoi cuffioni sempre in testa per ascoltare musica, l’aria introversa e lo sguardo in basso, i lunghi silenzi ma la voglia di dimostrare le sue tantissime qualità, che già si intravedono dallo sguardo attento con cui guarda ogni cosa, dalla curiosità con cui affronta ogni nuova sfida e dal coraggio, che spesso manca a molti adulti. Belle è un cagnone patou allo stesso modo diverso e uguale al modello originale, forse anche lui più burbero all’apparenza, anche se questa infine è solo una scorza, una buccia un po’ ruvida che una volta scalfita apre a un carattere molto diverso. È bello che in questo periodo escano molti film dedicati al pubblico dei più giovani con al centro tematiche importanti come il rapporto tra uomo e natura, tra modernità e tradizione. Opere “piccole ma intense” come il recente Il ragazzo e la tigre di Quilici con cui il nuovo film di Felix Bossuet sposa felici intuizioni visive e narrative che ci proiettano al centro di meravigliosi paesaggi naturalistici e buoni sentimenti. Una vera boccata d’aria in un momento storico complicato e che per questo ha oltremodo bisogno di racconti per famiglie. 

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