sabato 12 novembre 2022

Wakanda Forever: la nostra recensione del nuovo cinecomic di Ryan Coogler, sequel di Black Panther

 


Ci troviamo nel misterioso e ipertecnologico Stato del Wakanda, il regno della mistica Pantera Nera. Il principe T’Challa (Chadwick Boseman) è in fin di vita a causa di una malattia di cui non aveva fatto parola con nessuno per molto tempo, mentre sua sorella Shuri (Letitia Wright), una giovane e geniale scienziata, compie l’ultimo tentativo di trovare per lui una cura genetica. Il tempo è contro di lei e il paese deve affrontare purtroppo il lutto nazionale, con la madre di T’Challa, la regina Ramonda (Angela Bassett), chiamata in breve tempo a ricoprire momentaneamente il ruolo di reggente del paese e affrontare le prime sfide a livello internazionale. Il grande segreto del vibranio, la rara fonte di energia proveniente da un asteroide per il quale il Wakanda è diventata una potenza ipertecnologica, è ormai stato svelato e da ogni parte del mondo le nazioni organizzano delle missioni segrete in terra wakandiana, allo scopo di impadronirsi del raro metallo. Il valore militare del generale Okoye (Danai Gurira) e delle sue truppe riesce a respingere diversi di questi attacchi, ma la “fame di vibranio” sale e la giovane scienziata Riri Williams (Dominique Thorne), una autentica “piccola Tony Stark” riesce presto a realizzare un rilevatore della prodigiosa fonte di energia, che spinge gli americani verso una possibile nuova meta di estrazione, nascosta sotto le profondità oceaniche. Questa caccia al tesoro arriva ai confini del regno sottomarino del sanguigno Namor (Tenoch Huerta), sovrano di un popolo di uomini “mutati” con il colore della pelle azzurro che vive in perfetta armonia con la fauna marina e ora sono disposti ad attaccare con forza i nuovi invasori. I wakandiani sono stati ritenuti “colpevoli” di aver portato dei nemici sul loro territorio e Namor pone Shuri a un bivio: allearsi con loro per iniziare una guerra contro i popoli di superficie o essere la prima nazione a soccombere per mano loro. Un Wakanda sempre più vicino al caos ha ora bisogno che qualcuno diventi il nuovo sovrano e campione del suo popolo. Serve una nuova “Pantera Nera” che dopo la scomparsa di T’Challa ne erediti il ruolo e i mistici poteri. Ma per compiere il rito di successione è necessario trovare da qualche parte nel mondo l’ormai estinta magica erba a forma di cuore e, soprattutto, serve trovare qualcuno che abbia le qualità adatte per diventare un eroe. La regina e la piccola Shuri nel frattempo potranno contare su Okoye, la scaltra Nakia (Lupita Nyong’o), il possente M’Baku (Winston Duke) e, forse qualche vecchio e nuovo amico. Il Wakanda riuscirà a sopravvivere a questo difficile momento sviluppando buoni rapporti con le altre nazioni, come voleva T’Challa, o deciderà di entrare in guerra seguendo Namor e quello che sarebbe stato il sogno di un’altra celebre Pantera Nera, il rivoluzionario Killmonger (Michael B.Jordan)? 


Torniamo tra i colori, le musiche, la tecnologia e il valore del popolo wakandiano, che abbiamo di recente visto combattere con valore insieme a tutti gli altri supereroi Marvel contro la minaccia interplanetaria di Thanos in Avengers: End Game, per la regia dei fratelli Russo. Avevamo incontrato per la prima volta i wakandiani in un altro film diretto dai fratelli Russo, Capitan America: Civil War, in un momento storico per loro abbastanza “turbolento”, nel quale nella finzione cinematografica era avvenuto l’omicidio del loro sovrano in carica e padre di T’Challa, l’amato e saggio re T’Chaka (John Kani). Oggi, per un scherzo del destino che ha voluto la prematura scomparsa dell’attore che interpretava T’Challa, Chadwick Boseman, la realtà e la finzione vanno quasi a mischiarsi in un modo particolarmente struggente. Perché se è vero che anche il personaggio di Iron-Man è morto nella finzione cinematografica e lo stiamo “piangendo” già da molti film, con il suo attore Robert Downey Jr che sta comunque benissimo, Chadwick Boseman non c’è più per davvero ed è scomparso nel momento di maggiore apice della sua carriera, quando è arrivato a essere uno dei giovani attori più acclamati e amati. Si poteva forse scegliere per lui un sostituto, soluzione dolorosa e avvenuta per l’ugualmente giovane, talentuoso e sfortunato Andy Whitfield, interprete di Spartacus che fu cambiato dopo la scomparsa, ma non prima che tutta la produzione del serial si fermasse per un anno, nella speranza che lui riuscisse a sconfiggere il brutto male che lo affliggeva. Ryan Coogler, regista del primo film dedicato interamente a Pantera Nera (nonché del fortunato spin-off di Rocky, Creed, con interprete principale Michael B. Jordan) ha deciso invece, anche su richiesta del grande pubblico che ha amato la pellicola, che nessuno avrebbe sostituito Boseman. Black Panther era un film di supereroi che immaginava un paesaggio africano accogliente, tra il Disneyano Re Leone quanto la dolce commedia romantica Il Principe Cerca Moglie di Landis con Eddie Murphy. Sapeva essere un film anche fortemente satirico e politico, che stuzzicava il pubblico sui “doveri morali” di una nazione tecnologicamente super avanzata (invertendo le parti di ricchi e poveri rispetto allo scacchiere mondiale reale) e rappresentava personaggi immaginari, ma dai contorni ideali non troppo lontani a leader afroamericani come Martin Luther King e Malcom X. Era poi un film di pura Black-expoitation divertente, con un cast ricchissimo ma divertito e divertente nel ruolo, pieno di auto veloci, combattimenti, donne energiche e una bellissima, strepitosa colonna sonora con il meglio del meglio degli artisti contemporanei tra Def Jem e Motown, soul e rap.  Black Panther era tante cose ma anche e soprattutto un magnifico interprete come Boseman, dal volto ingenuo questo audace, dal sorriso luminoso e gli occhi profondi, eroico quanto umano, capace di trasportarci dalla favola alla politica attraverso l’eroismo. Dopo Spawn di Michael J White  e Blade di Wesley Snipes , il Black Panther di Bosenam aveva fatto davvero centro nel cuore di molti bambini, afroamericani ma non solo, diventando una vera e propria icona. E allora Wakanda Forever sceglie di non sostituire l’icona e celebrarla attraverso gli altri personaggi in un percorso emotivo di elaborazione del lutto che sa essere doloroso e malinconico anche al di là dei ricchi colori, le musiche e le tute volanti, le lance retrattili e la super tecnologia wakandiana. Angela Bassett trasforma la sua regina quasi in un personaggio shakespeariano, in una delle sue migliori interpretazioni. Ramonda combatte eroicamente le altre nazioni con la “diplomazia a tutti i costi”, piange in silenzio, commette magari errori per rabbia, ma cerca con fatica di tenere stretto il suo popolo, anche a costo di sembrare crudele. Shuri è cresciuta troppo in fretta di colpo, come lo Spiderman di Tom Holland, con pari genio e insicurezze. È una eroina acerba, minuta come il suo fisico esile ma anche lei con delle unghie affilate e un grande sorriso. Anche Okoye ha problemi con il suo personale viaggio dell’eroe e quasi abbandona la lancia di in vibranio che ne faceva il Captain America wakandiano, rivelando il suo lato più fragile e materno. In tutto questo dramma familiare, che si mischia presto con delle incomprensioni che coinvolgeranno lo Shield (torna anche un Martin Freeman sballottato tra lavoro e la sua ex moglie, nei panni di utile “linea comica”) arriva il popolo di Namor, che come il Wakanda ha il vibranio e una simile filosofia di vita, basata  sul rispetto per il mondo naturale e la vita spirituale. Il popolo di Namor ha già subito in passato la colonizzazione e ora è giustamente guardingo e incattivito, meno disincantato davanti alla possibilità di conoscere nuove nazioni per degli “scambi pacifici”. È un popolo guardingo, spesso sordo al dialogo, ma al cui interno si possono trovare persone che vogliono vivere in armonia anche con altri popoli, seppur “in segretezza”.  La nazione di Namor e quella di Ramonda ci appaiono con il tempo sempre più simili, con pari qualità, dignità, misticismo e orgoglio. Il Namor di Tenoch Huerta rimane felicemente fedele al personaggio nato sui fumetti, dove è conosciuto con il titolo di “primo mutante”, con la sua affascinante miscela di onore e spietatezza, cuore infranto e determinazione d’acciaio, che ne fanno un comandante temibile quando un alleato difficile da gestire. Le sue alette ai piedi sono rimaste dai tempi dei comics un po’ buffamente a “svolazzare nell’aria”, ma il suo popolo lo prende decisamente sul serio e ha cucito su di lui una autentica “mitologia” (in un modo “storicamente credibile”, come abbiamo di recente già visto in Marvel in un cinecomic come Eternals), non dissimile al culto della Pantera Nera. Il film di Coogler in questo incontro tra Namor e Wakanda parla quindi, pur con le dovute virgolette, di “un confronto culturale” in un modo che evolve, in modo organico, il discorso “politico“ alla base della prima pellicola, affrontato diligentemente anche temi di multiculturalismo che riecheggiano nella nostra quotidianità. Come nel primo film non mancano ovviamente inseguimenti e combattimenti assortiti, tra moto veloci e auto invisibili, armature volanti (ma “etniche”) stile Iron-Man, esplosioni, arti marziali miste, insetti-jet e scontri fratricidi. Il lato action è poderoso e realizzato in grande stile, come in grande stile torna una colonna sonora da favola con il meglio della black music. C’è ironia, ma per i motivi sopra descritti ce n'è molta meno rispetto al primo film. 


È un film nell’insieme complesso, di transizione, dal minutaggio anche poderoso. Un film che magari all’uscita della sala ancora stordisce e ci fa sentire ancora “troppo orfani” di Boseman, incerti se accettare la pur volenterosa nuova Pantera Nera e il nuovo scenario, comunque interessante e sfaccettato, che viene a dipanarsi per il futuro. È per un cinecomic di sicuro una direzione diversa e inaspettata, originale e non banale, che acquista magari più fascino ripensando al film dopo una bella dormita, magari apprezzandolo in streaming diviso in più parti una volta che sarà rilasciata. Pantera Nera non c’è più, ma nel mondo ci sarà sempre una nuova Pantera Nera, come nel cerchio della vita del Re Leone. Per ora questo pur malinconicamente ci basta, in attesa di nuove avventure, ma lo spettacolo e le idee nel frattempo non sono di certo mancate. 

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