mercoledì 16 novembre 2022

Santa Lucia: la nostra recensione della piccola ma sorprendente opera prima scritta e diretta da Marco Chiappetta

Argentina, nella Buenos Aires dei giorni nostri. Il mondo dello scrittore non vedente Roberto (Renato Carpinteri) appare nel silenzio qualche volta simile a un cielo notturno sconfinato e carico di stelle, qualche volta come una plumbea tela nera. I rumori creano su questa tela piccoli cerchi simili a gocce di pioggia o di fitta tempesta, le parole invece colorano l’orizzonte di macchie o corrono a rapide pennellate fino a che il quadro si anima, sovrapponendo parole e rumori, come un quadro di Jackson Pollock. Quando Roberto, quarant’anni dopo, torna nella città dove è nato, nel quartiere Santa Lucia di Napoli, la tela cambia di colpo e lo scrittore riesce su questa a disegnare volti e luoghi, attraverso lo sguardo della memoria e qualche volta del sogno. Così già all’aeroporto Roberto da subito “vede” il fratello Lorenzo (Andrea Renzi), che lo attende per accompagnarlo a casa, ancora con il volto di un ventenne, come l’ultima volta che lo ha potuto vedere con i suoi occhi. Poi, aiutandosi con la mano, Roberto esplora il volto di Lorenzo, le rughe e pieghe dell’età, il sorriso e la forma della testa, fino a che con la mente aggiorna “visivamente” la sua immagine e si trova davanti a un coetaneo. Non è altrettanto facile per Roberto aggiornare l’immagine di sua madre (Bianca Maria D’Amato) ora che si trova al suo capezzale, prima del funerale, nella vecchia casa di famiglia, mentre ne tiene strette le mani fredde. La casa è però ancora un luogo caldo e accogliente come quando era ragazzo: ”rimbomba di affetto”, tra gli aromi dalla cucina, la musica di Lorenzo e il profumo dei libri più cari disposti sulle mensole, “punge” per quei gradini ripidi dell’ingresso sui quali era quali era caduto Roberto da bambino, forse spinto dal fratello. Sulla strada dei ricordi lo scrittore in quella strana giornata ripercorre il suo quartiere, tra il profumo dell’erba bagnata del campetto di calcio e le onde del mare, fino alle interminabili stradine in salita fatte di sassi, arrivando fino alla casa di Carmen, il suo primo amore. Lorenzo lo segue in questo viaggio e un po’ lo coccola, un po’ lo sfotte e un po’ lo critica per essersi scordato di tutti e tutto, per essere scappato senza mai voltarsi indietro. Roberto vorrebbe chiedergli perché ha smesso di suonare e perché non ha mai letto un suo libro, perché non ha mai finto i Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcìa Marquez che gli ha regalato. Ci sono tante piccole barriere a separare i due fratelli, createsi con il tempo e le incomprensioni, ma questo strano vagabondare a due forse aggiusterà le cose e farà sì che Roberto riesca a vedere il mondo con una tela ancora diversa. 


È un’esperienza struggente, malinconica, “minuta” nei suoi 80 minuti scarsi, con il sapore di atto unico teatrale, l’esordio cinematografico di Marco Chiappetta. Renato Carpinteri e Andrea Renzi, grandi interpreti del teatro e del cinema italiano, ci guidano con garbo e dolcezza per le strade di Santa Lucia, accompagnandoci con i loro personaggi in un percorso sensoriale quanto emotivo, che potremmo quasi affrontare a occhi chiusi, solo facendoci trascinare dall’ottima “partitura di suoni, voci e rumori” confezionata da Chiappetta. Non sono molte le pellicole che affrontando il mondo dei non vedenti, anche se in questo ristretto campo ci capita spesso di trovare opere dal sapore suggestivo quanto  originale, come Chiudi gli occhi di Marc Forster o l’horror The Eye dei fratelli Pang. Carpinteri riesce bene ad avvolgerci nel mondo del protagonista Roberto seguendo un percorso emotivo astratto quanto onirico, per nulla accomodante per quanto sa essere brutalmente reale, (melo)drammatico, quasi da soliloquio esistenziale. Un soliloquio che lo avvicina a una cinematografia di silenzi e attese, quasi “ectoplasmica”, propria di pellicole come A Ghost Story e Personal Shopper. Se la trama può risultare magari lineare in più punti, è nel peculiare modo registico di raccontarla, scegliendo un equilibrio perfetto tra leggerezza e malinconia, che Santa Lucia si eleva e diventa un’opera interessante, curata in piccoli armoniosi dettagli. Una pellicola molto piccola, che vola via purtroppo in un attimo nonostante le belle intuizioni e interpretazioni, ma carica di un potenziale ricco che non vediamo l’ora di vedere sprigionato a pieno nei futuri lavori di Chiappetta. Un ottimo esordio, in attesa di una bella conferma. 

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