martedì 22 ottobre 2019

Se mi vuoi bene - la nostra recensione



C'è uno strano locale a Torino, si chiama "Chiacchiere". È un posto che non vende niente e si alimenta di offerte libere, sembra a dire il vero più la casa di qualcuno che un negozio, la gente che lo frequenta entra, si siede e "parla". Il gestore di questa strana attività è un ometto brizzolato (Sergio Rubini), molto bravo a sfornare delle lingue di gatto deliziose, molto forte a scacchi ma soprattutto molto bravo nel prendersi cura delle persone, anche se sono degli avventori occasionali. 
Il locale ha da poco attirato l'attenzione di un avvocato di successo ma depresso (Claudio Bisio), nel giorno più strano della sua vita. Dopo l'ennesima crisi e un giro di telefonate alle persone più care andato miseramente a vuoto,  ha deciso di suicidarsi annegando nella vasca da bagno, ma il tappo era rotto e ora, scampato a se stesso, si sente stranamente sollevato, vuole condividere l'esperienza con qualcuno e "Chiacchiere" è il posto giusto. Qui incontra il gestore e uno dei clienti fissi del posto, un aspirante attore perennemente escluso ai provini (Insinna) e molto bravo al calciobalilla. L'avvocato viene convinto a riflettere, dai suoi nuovi amici, sul fatto che forse nessuno ha risposto alle sue richieste di aiuto perché lui non ha fatto abbastanza per le persone che gli sono care. Convinto di questa interpretazione, l'avvocato decide di "risolvere i problemi" dei suoi familiari e amici più stretti. Magari qualcosa come il tappo della vasca che gli ha salvato la vita, una svolta "virtuosa" che li avrebbe resi felici. Così i tre iniziano a collaborare al grande progetto dell'avvocato, cercando di fare il loro meglio o per lo meno provandoci.
Se mi vuoi bene è una commedia romantica che affascina e incuriosisce grazie al misterioso luogo/soggiorno/negozio chiamato "Chiacchiere", un autentico laboratorio relazionale informale dove chi entra si sente magicamente a casa sua e può decidere di condividere con altri i suoi problemi. Ugualmente interessante e misterioso è il personaggio di Rubini, un uomo romantico quanto quanto tormentato, ironico e titanico chiamato "Maestro" dal personaggio buffo e innocente di Claudio Insinna. Ogni scena con loro è riuscita, amabilmente ispirata quanto alcune pagine dei romanzi di Stefano Benni. Fuori da questa zona aurea il film di Brizzi batte piste più convenzionali, affidandosi a un Claudio Bisio abbastanza canonico "uomo per tutte le stagioni", simpatico quanto inaffondabile per via della glassa narrativa che lo sostiene. Fa fatica a un certo punto riconoscerlo nel Bisio delle prime scene, quello che sceglie il suicidio in ragione di una non troppo esplicata depressione. Il regista sembra troppo preso nell'atto di "rassicurare", in un giusto elogio alla "relazionalità" come chiave giusta in cui costruire un mondo, che dimentica di approfondire la "gravitas", il dolore alla base del supposto tormento del personaggio di Bisio. Da spettatore fino a quasi la metà del film avevo l'impressione di trovarmi davanti a una variante di Una pura formalità, film capolavoro di Tornatore del 1994 con Depardieu, Polanski e proprio Sergio Rubini. Ho sognato per più di una volta che il personaggio qui interpretato dal sempre bravissimo Rubini fosse lo stesso personaggio da lui interpretato in Una pura formalità, che questo film ne fosse in una qualche misura un sequel spirituale. Invece a parte questo spirito delle "Chiacchiere", Se mi vuoi bene è una commedia sentimentale di Brizzi di stampo piuttosto classico, dove tutto alla fine andrà per il meglio perché alla base non c'è forse nemmeno troppo da aggiustare, dove con due sorrisi si risolvono le crisi matrimoniali e con due parole dette da uno sconosciuto si riattiva l'autostima perduta. Sono film che servono, non voglio dire il contrario. Film che appena iniziano sai che finiranno bene al netto di un paio di lacrimucce sempre doverose e oneste. Film in cui si ride, e anche in questo ultimo si ride, più volte. È un prodotto rassicurante e ben confezionato, che ogni tanto trova un lirismo sublime. Adatto per una serata disimpegnata, con la piccola nota amara che l'obiettivo di realizzare qualcosa di più particolare del solito era davvero vicino. 
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