C'è uno
strano locale a Torino, si chiama "Chiacchiere". È un posto che non
vende niente e si alimenta di offerte libere, sembra a dire il vero più la casa
di qualcuno che un negozio, la gente che lo frequenta entra, si siede e
"parla". Il gestore di questa strana attività è un ometto brizzolato
(Sergio Rubini), molto bravo a sfornare delle lingue di gatto deliziose, molto
forte a scacchi ma soprattutto molto bravo nel prendersi cura delle persone,
anche se sono degli avventori occasionali.
Il
locale ha da poco attirato l'attenzione di un avvocato di successo ma depresso
(Claudio Bisio), nel giorno più strano della sua vita. Dopo l'ennesima crisi e
un giro di telefonate alle persone più care andato miseramente a vuoto,
ha deciso di suicidarsi annegando nella vasca da bagno, ma il tappo era rotto e
ora, scampato a se stesso, si sente stranamente sollevato, vuole condividere
l'esperienza con qualcuno e "Chiacchiere" è il posto giusto. Qui
incontra il gestore e uno dei clienti fissi del posto, un aspirante attore
perennemente escluso ai provini (Insinna) e molto bravo al calciobalilla.
L'avvocato viene convinto a riflettere, dai suoi nuovi amici, sul fatto che
forse nessuno ha risposto alle sue richieste di aiuto perché lui non ha fatto
abbastanza per le persone che gli sono care.
Convinto di questa interpretazione, l'avvocato decide di "risolvere i
problemi" dei suoi familiari e amici più stretti. Magari qualcosa come il
tappo della vasca che gli ha salvato la vita, una svolta "virtuosa"
che li avrebbe resi felici. Così i tre iniziano a collaborare al grande
progetto dell'avvocato, cercando di fare il loro meglio o per lo meno
provandoci.
Se
mi vuoi bene è una commedia romantica che affascina e incuriosisce grazie
al misterioso luogo/soggiorno/negozio chiamato "Chiacchiere", un
autentico laboratorio relazionale informale dove chi entra si sente magicamente
a casa sua e può decidere di condividere con altri i suoi problemi. Ugualmente
interessante e misterioso è il personaggio di Rubini, un uomo romantico quanto
quanto tormentato, ironico e titanico chiamato "Maestro" dal
personaggio buffo e innocente di Claudio Insinna. Ogni scena con loro è
riuscita, amabilmente ispirata quanto alcune pagine dei romanzi di Stefano
Benni. Fuori da questa zona aurea il film di Brizzi batte piste più
convenzionali, affidandosi a un Claudio Bisio abbastanza canonico "uomo
per tutte le stagioni", simpatico quanto inaffondabile per via della
glassa narrativa che lo sostiene. Fa fatica a un certo punto riconoscerlo nel
Bisio delle prime scene, quello che sceglie il suicidio in ragione di una non
troppo esplicata depressione. Il regista sembra troppo preso nell'atto di
"rassicurare", in un giusto elogio alla "relazionalità"
come chiave giusta in cui costruire un mondo, che dimentica di approfondire la
"gravitas", il dolore alla base del supposto tormento del
personaggio di Bisio. Da spettatore fino a quasi la metà del film avevo
l'impressione di trovarmi davanti a una variante di Una pura formalità, film
capolavoro di Tornatore del 1994 con Depardieu, Polanski e proprio Sergio
Rubini. Ho sognato per più di una volta che il personaggio qui interpretato dal
sempre bravissimo Rubini fosse lo stesso personaggio da lui interpretato in Una
pura formalità, che questo film ne fosse in una qualche misura un sequel
spirituale. Invece a parte questo spirito delle "Chiacchiere", Se mi
vuoi bene è una commedia sentimentale di Brizzi di stampo piuttosto classico,
dove tutto alla fine andrà per il meglio perché alla base non c'è forse nemmeno
troppo da aggiustare, dove con due sorrisi si risolvono le crisi matrimoniali e
con due parole dette da uno sconosciuto si riattiva l'autostima perduta. Sono
film che servono, non voglio dire il contrario. Film che appena iniziano sai
che finiranno bene al netto di un paio di lacrimucce sempre doverose e oneste.
Film in cui si ride, e anche in questo ultimo si ride, più volte. È un prodotto
rassicurante e ben confezionato, che ogni tanto trova un lirismo sublime.
Adatto per una serata disimpegnata, con la piccola nota amara che l'obiettivo
di realizzare qualcosa di più particolare del solito era davvero vicino.
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