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Sinossi fatta male: Futuro imprecisato. Ci sarà vita su Marte? Su Marte magari
no, ma su Nettuno per me di sicuro!! Con questa convinzione e una incontenibile
voglia di esplorare lo spazio che ci poteva essere solo trent'anni fa,
l'astronauta di Tommy Lee Jones parte con astronave ed equipaggio spaziale in
cerca di omini verdi. Trent'anni dopo, con l'incontenibile voglia di esplorare
lo spazio del tutto scemata, gli spazianoidi terrestri si sono ridotti alle
solite cacatine come aggiustare continuamente la Stazione Spaziale
Internazionale, sistemare quel satellite del cellulare di Rovazzi e roba così.
Con Tommy Lee Jones che si fa sentire sì e no per l'October Fest o forse è
morto, con suo figlio interpretato da Brad Pitt, cresciuto anche lui
cosmonauta, che magari vorrebbe chiedere alla NASA di andare a trovarlo per
portargli le lasagna di nonna ma niente, la benza spaziale costa e soprattutto
l'emotività di un figlio che vuole vedere un padre è oltre il rischio previsto
dal piano assicurativo aziendale. In pratica mente Tommy Lee Jones potrebbe
fare i suoi incontri ravvicinati e vivere come in Star Trek, Brad Pitt è
sottoposto dalla stupidissima filiera burocratica terreste ad una serie
infinita di "certificazioni di qualità dell'astro-ganzo", che implicando
controlli su battiti al minuto, test psicologici, momenti registrati di
auto-analisi del dramma interiore di una vita senza aver conosciuto il padre,
videomessaggi archiviati per mantenere la relazioni con la ex moglie. Non
passi i test e niente benza spaziale, torna a riparare il pannello solare
inter-atmosferico di Rovazzi (che alla fine è la versione hi-tech di quelli
che lavano dall'esterno i palazzi di New York). Poi succede qualcosa, da
Nettuno arrivano fino alla terra delle scariche energetiche misteriose che
mandano in tilt tutte le astro-fesserie nostrane. Le sparerà un Tommy Lee Jones
ammattito? Saranno gli omini verdi? Nel dubbio la Nasa manda il figlio su
Marte, il pianeta più vicino dal quale si può inoltrare un messaggio per
Nettuno, per comunicare al padre "ti voglio bene, non fare il pazzo".
Se le cose andranno male è già pronta una bomba in direzione Tommy Lee Jones.
Come andrà la Réunion padre-figlio e possibili alieni?
-Ridatemi
il mio lavoro nello spazio!!!: c'è molta negatività sul futuro in questo Ad
Astra scritto e diretto da James Grey, talento che Brad Pitt come produttore
aveva già scovato e impiegato per l'interessante, e ugualmente deprimete, Lost
city of Zeta, da noi arrivato con il vaghissimo e anonimo titolo Civiltà
perduta. Del resto non ti aspetti una gara di barzellette quando adatti
per l'ennesima e sempre "diversa" volta il celeberrimo Cuore di
tenebra di Conrad, già "scheletro narrativo" del leggendario Apocalypse Now di Coppola. Grey dà corpo a un'ambientazione affascinante, una
specie di fantascienza di frontiera alla Captain Harlock con i piedi ancora
saldamente piantati nella fantascienza reale. Ci sono i Rover visti anche nelle
missioni Apollo, ma si possono utilizzare per inseguimenti sulla crosta lunare
dal sapore di assalti alla diligenza, ad opera di fantomatici pirati spaziali.
Gli spazioporti sono luoghi angusti pieni di corridoi, ma hanno un'anima pop
come le architetture marziane, i cartelli colorati e la varia umanità presente
di Total Recall - Atto di Forza. Si possono trovare in giro per il cosmo
astronavi con a bordo scimmie spaziali per la sperimentazione scientifica, ma
chi può dire se sono tranquille o hanno subito una evoluzione/mutazione come
gli spazianoidi in Gundam o come i primati sottoposti alla cura per l'alzheimer
in Il pianeta delle scimmie? Grey gioca con questi elementi, che devo dire
colpiscono molto la mia immaginazione di ragazzino nato nei '70, straconvinto da
piccolo che nel 1998, massimo nel 2000 sarei andato a lavorare nello spazio. Dico
di più, Ad Astra è tutto il "minimo" che mi aspettavo dal futuro, in
un 2019 distopico alternativo al nostro, quando guardavo in TV Spazio 1999,
Star Trek, 2001 - Odissea nello spazio. Poi il futuro è andato da un'altra parte, sulla
super-iper-comunicazione, la condivisione dei dati, una versione incredibilmente
accettata dell'Orwelliano grande fratello, ritenuto "socialmente"
impossibile solo pochi mesi nel dibattito scaturito dal Truman Show di Andrew
Niccol. Niccol che già riempiva la fantascienza moderna delle ossessioni
eugenetiche, in parte riprese anche in questo Ad Astra (con le manie dei
controlli diagnostici sulla affidabilità di Brad Pitt), bene illustrate dal suo
Gattaca. Abbiamo quindi un futuro ideale, "positivo e immenso",
quello che ci vede esploratori spaziali, curiosi e positivi ultra "esterofili
diremmo", che si sconta con un futuro concreto, "piccolo e
angusto" con l'uomo ultra-piegato su se stesso, senza fuga dal controllo
sulla sua vita, dall'inquinamento, dalla sovrappopolazione
"percepita" a monte di risorse sempre più esigue. Gray affronta questo
scontro di modi di pensare in modo intelligente quanto cinico, raccontando
quella che agli occhi di alcuni di noi appare come l'"occasione persa
dello spazio". Voglio consigliarvi un piccolo libro a fumetti satirico,
edito in Italia da Mondadori Ink, Moon Cop, scritto e disegnato dal simpatico
Tom Gauld. Si racconta di come stiamo rinunciando al sogno spaziale, ponendo un
enorme interrogativo sul fatto che qualcun altro in futuro possa
intraprenderlo, per il fatto che "non conviene perché nello spazio non
c'è ancora nulla di utile", "è troppo costoso", "ci siamo
già stati sulla Luna nei '60, è pericoloso andarci e lì non c'è più nulla da
fare", anche se abbiamo per andare sulla Luna ora tecnologie 50 anni più
evolute.
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Conclusione: Ad Astra ha molte scene davvero spettacolari, un impianto
narrativo solido e a tratti di stampo quasi psicoanalitico, una colonna sonora
bella pomposa, ottimi interpreti e un paio di trovate narrative interessanti.
Qualche volta appare un po' lungo, anche se la lentezza è una delle precise
chiavi espressive che sceglie. Dopo un lungo viaggio un questo cuore di tenebra
spaziale ci si aspetta Marlon Brando e Tommy Lee Jones non è Marlon Brando,
perché "Marlon Brando è sempre lui, solo lui", come canta Luciano
Ligabue. Lungi dall'essere un disastro, l'ultima parte della pellicola per
questo è al contempo la meno riuscita quanto il manifesto morale della
fantascienza di Gray. Può non piacere ma non lascia indifferenti. A fine
visione consiglio di vedere qualcosa di particolarmente leggero e positivo
prima di chiudere la serata senza volersi suicidare. Ecco, magari non il film
del Joker.
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Ma la vera domanda è: che cacchio vai a cercare omini verdi su Nettuno che lo sa anche mia nonna che non c'è uno straccio di vita nel Sistema solare?
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