martedì 3 aprile 2018

Ready Player One: la nostra recensione



 - Sinossi fatta male e che un po' se la mena: Alla fine degli anni '60, con Star Trek e il programma spaziale, il futuro dell'umanità era nello spazio, l'ultima frontiera da colonizzare, in armonia tra i popoli. Alla fine dei '70, con un certo film di Lucas e con il programma spaziale che andava molto più a rilento, il futuro era sempre raggiungere una galassia, ma che risultava ancora lontana lontana e piena di brutti spettri derivati dalla seconda guerra mondiale. All'inizio degli '80, con Blade Runner, la certezza che nello spazio non ci si andava più (se mai ci sono arrivati sulla Luna, diranno i complottisti) è l'affermazione dei robot da cucina come "pastamatic", il futuro era restare tutti stretti sulla Terra, in una immensa e sovrappopolata città piovosa dove i replicanti, i parenti tragici di pastamatic e di R2D2, erano diventati più umani degli umani. Alla fine dei '90, quando arrivava nel cinema Matrix e la bolletta del telefono per il collegamento a internet iniziava a costare più del riscaldamento centralizzato, nel futuro i robot avevano schiavizzato gli umani ormai rincretiniti tecno-dipendenti collegati ai porno e alla PlayStation, facendoli vivere perennemente legati come batterie a un megavideogioco. Nel 2000 ha iniziato a configurarsi il futuro peggiore: non c'era più futuro. Niente spazio, niente robot e mai più pastamatic. Aspettative finite e la quasi certezza che non sarebbe mai bastata la benzina neppure per immaginarsi un futuro alla Mad Max. Come dato allarmante, il cinema ha iniziato a produrre sempre più delle fantasie escapistiche fantasy e supereroistiche, mentre la fantascienza è diventata per il 90% "sociale", ossia volta a esplorare i grossi problemi non del "domani in quanto futuro", ma del domani inteso come "oggi è giovedì e domani è venerdì (e grazie a Dio la settimana lavorativa sta finendo)". Ready Player One si incunea in questo solco realistico - pessimista, descrivendo un futuro molto prossimo e dominato dai problemi  di sovrappopolazione, povertà, disoccupazione, inquinamento. Un futuro in cui il mondo ha perso la partita con il futuro e i giovani (e non giovani) per sopravvivere almeno "psicologicamente" possono solo sperare di avere una connessione veloce con cui collegarsi a un mondo virtuale. Un po' l'effetto che fa la cioccolata per combattere la depressione. Un mondo colorato e fittizio costellato da nostalgici e consolanti totem del passato, dotato al più a livello tecnologico di intelligenze artificiali "standard da videogame attuale" (niente Matrix nel futuro). Il videogioco più famoso e consolante è OASIS, un mondo virtuale multi giocatore sterminato alla cui realizzazione ha lavorato un uomo geniale e sognatore quanto Willy Wonka, James Halliday (Mark Rylance). Tutto e tutti girano su OASIS, su cui la permanenza dell'umanità media investe più ore che nel mondo reale. Riuscire a controllare il gioco potrebbe fare la fortuna di una vita anche solo per gli introiti degli sponsor. Un giorno il grande programmatore muore, ma esattamente come Willy Wonka lancia una sfida planetaria per trovare un biglietto dorato che designerà la persona che dopo di lui guiderà OASIS. Oltre che a coprirlo con la montagna di soldi che costituisce la sua eredità. Nel gioco ha nascosto un "easter egg", un tesoro accessibile solo completando tre sfide. I giocatori di OASIS che hanno dedicato la loro vita a scoprire questo segreto si fanno chiamare Gunter (contrazione di  Egg hunter), amano "moddare" OASIS con skin e tecnologia proveniente da tutta la cultura nerd degli ultimi anni, vivono virtualmente il rischio di perdere in gare mortali tutti i crediti accumulati in anni, sognano di padroneggiare il gioco e le sue regole. Ma il premio fa gola anche alla ricca e laida IOI (Innovative Online Industries), multinazionale dei mutui di Nolan Sorrento (Ben Mandelshon), i cui prestiti da strozzino hanno reso se possibile ancora più povera una popolazione già alla canna del gas. Sorrento  gioca a OASIS  con i suoi "Sixsers", dei salary/man adulti e "stipendiati", tra cui sono presenti pure dei "Nerd corrotti" dal vil denaro, che "giocano per lavorare" indossando avatar da quasi-trooper imperiali, tutti uguali se non per il numero di matricola, preceduto dal numero 6 (come "denominazione aziendale") per tutti (da cui, appunto, i "sixers" o "i sei"). Se muore l'avatar di un Sixers, questo viene subito sostituito dalla potente multinazionale da un nuovo sixers nella stessa postazione. OASIS più che un mondo virtuale è un autentico sistema interplanetario virtuale, con aree preposte alle competizioni multiplayer di ogni tipo, dallo sport agli sparatutto passando per tutti i generi. Ci sono dei negozi virtuali che possono convertire i premi in coins in prodotti reali che vengono consegnati nel mondo reale attraverso dei fattorini - droni. Il gioco segreto di Hallyday è ben nascosto, ma i primi indizi trapelati sembrano riguardare una corsa stile Mario Kart ultra / pompata, vicina concettualmente ai tracciati di Speed Racers delle Wachowski ma se possibile ancora più pompata. Una sfida così difficile che nessuno è mai riuscito a finire. Tra i più forti Gunter del gioco c'è Wade (Tye Sheridan), che affronta OASIS con un avatar da eroe di Final Fantasy (assomiglia un po' a Vaan di Final Fantasy XII) dal nome PerZival e ama andare in giro con la DeLorean di Ritorno al Futuro (anche se in passato ha avuto il Millennium Falcon). Wade vive a Columbus, una delle zone più sovrappopolate e patria dello stesso Halliday. È poverissimo, sullo stile degli orfani dei romanzi di Dickens. Non si capisce se studi o abbia un lavoro e abita insieme a una zia disastrata che convive con loschi figuri squattrinati, in una zona in cui i palazzi sono ricavati da roulotte, impilate e assemblate male, chiamata "le cataste". Lui sta nella roulotte più sfigata anche solo da raggiungere. La sua postazione di gioco è ricavata dentro il rottame di un'auto abbandonata e alcune apparecchiature sono rubacchiate dalla zia, per "camminare" nell'ambiente di gioco ha una specie di tapis roulant di fortuna. Ma OASIS è il suo mondo e stima Halliday, di cui conosce tutta la vita a memoria (consultabile "minuito per minuto" in un museo virtuale permanente ad hoc), al punto che sente un legame quasi trascendente con  lui, un rapporto ideale costruito sulle fondamenta di OASIS stesso. PerZival cercherà il Santo Graal del gioco per onorare il suo "re" defunto e preservare negli anni la sua opera. Sorrento vuole invece prendere quel mondo virtuale e farne un contenitore di pubblicità e servizi a pagamento in grado di occupare con le offerte promozionali la retina del giocatore dell'80% (poiché recenti studi dimostrano che il cervello umano sottoposto a tale stress visivo in fondo può ancora sopravvivere. È interessante che tramite Sorrento si muovano di fatto molte critiche ai recenti sistemini di profittazone del mercato videoludico, fateci caso). A sfidarsi e contendere con  PerZival per il premio c'è Art3mis (Olivia Cooke), una gamer molto famosa in rete, che gareggia virtualmente con la moto rossa di Kaneda (tratta dall'anime Akira) e il nostro eroe piano piano inizierà a provare qualcosa di molto forte per lei. La voglia di incontrarla anche nel brutto ma in fondo "reale" mondo reale.


- Tornare bambini: Ready Player One trasuda amore e stupore come le migliori opere di Spielberg. Ci fa tornare tutti bambini e con la voglia di emozionarci e sorprenderci a ogni scena. Crea un futuro orribile e senza speranza (non privo di molta satira comunque, vedasi "chi comanda" e "chi si lascia comandare", soprattutto perché gli ultimi sembrano avere più qualità dei primi), ma una scena dopo ci fa sognare con le più intense e acrobatiche evoluzioni pindariche. Questo è l'effetto che ha fatto a me, tagliando corto su tutti i possibili spoiler e chicche di cui il film è inzuppato fino all'osso ma che (pur favolosi e che lascio a voi scoprire) non sono il "top del film". Credo che in una proiezione con una sala piena (quella che io ho schivato) ogni tre minuti qualcuno urlerà: "Ho visto coso di Star Wars uno!!", "Guarda, c'è la tizia di quel gioco Blizzard!!", "Ma quella è la formula magica di Willow?" Però sarebbe bello sperimentare anche il trasporto che nasce in sala dal riconoscere questi mille dettagli, è un po' il gioco nel gioco della pellicola e il valore che viene dato a certi personaggi iconici nei momenti / chiave potenzia a mille l'entusiasmo (e mannaggia ai trailer che hanno svelato / rovinato alcune delle cose più clamorose). Ready Player One piacerà ai ragazzi come ai "ragazzi di una volta" perché è un classico film per ragazzi degli anni '80 con qualche aggiornamento. Come E.T. (che ora voglio rivedermi con il doppiaggio "classico", quello farcito di parolacce vintage), come Explorers, come The Last Starfighter (che, da solo, ai tempi d'oro faceva la programmazione di Odeon TV). Un film dalla trama semplice da seguire (un pregio e non un limite in questo periodo), lineare quanto ricca di sfumature, attenta nel descrivere al meglio, con le pennellate giuste, tutti i personaggi e il loro mondo. E per una volta un film che non vuole capitalizzare su dei sequel. Vengono messe in scena almeno quattro macro-sequenze clamorose che finiscono dirette nell'antologia del cinema e fungeranno da faro per le produzioni future e da test video in tutti i centri commerciali che vendono TV da qui al 2022. In Ready Player One viene valorizzata tutta la "roba pop anni '80", dai film ai videogiochi, dai cartoni animati ai giochi di ruolo,  dai fumetti alle serie TV, elevando e accreditando questo magma colorato a forma di arte e cultura percorrendo una via interpretativa interessante, che spesso scava dalla mera estetica rappresentativa riuscendo a raggiungere i bagagli affettivi che i veri fan riversano su quelle opere fatte ormai "della stessa materia dei sogni". Dietro la scorza del giocattolone visivo definitivo per ogni nerd feticista c'è quindi molto di più, anche se le coordinate portano al meglio del cinema per ragazzi degli anni ottanta, senza l'ambizione di portare a casa qualcosa di diverso o più pretenzioso. 


Molto bravi gli attori, con Mendelshon che si conferma villain di lusso dopo Rogue One. Sheridan, il nuovo Ciclope della saga X-men, assomiglia molto a un giovane Spielberg, ha una fisicità ingenua ed è molto espressivo. Olivia Cooke, che abbiamo già visto in Ouija di Blum House, interpreta un personaggio complesso, ferito ma fiero. Mark Rylance, che per Spielberg ha recitato nel Ponte delle Spie e ha dato corpo e voce al Grande Gigante Gentile si conferma un attore gigantesco, impersonando un Halliday sognatore e timido al di là del tempo e dello spazio, un genio gentile e dimesso che rimane impresso nella memoria. Bravo Simon Pegg in un ruolo piccolo ma importante, bravi tutti i ragazzini del gruppo degli "altissimi cinque", stupenda la fotografia e folgorante la colonna sonora, che pesca dalle colonne sonore dei film più iconici quanto riproduce pezzi d'annata esplosivi, quanto sperimenta cose nuove ma azzeccate. E poi c'è lo Spielberg Touch, il marchio di fabbrica irrinunciabile di uno dei più grandi registi viventi. Quando Spielberg "gira male", arrivano comunque i premi di critica e i riconoscimenti del pubblico. Quando "è in giornata" riesce come pochi a dominare la settima arte. Io pur apprezzando tecnica e stile mi ero un po' rotto di una fase registica fatta di cavalli da guerra, recite scolastiche su Lincoln, attempati ponti spioni, gentili ma noiosetti giganti gentili e film sui giornalisti - supereroi. Ready Player One, anche grazie a un libro di partenza che pare abbia ispirato molto (e che mi sono pure comprato da leggere) riporta per me Spielberg ai tempi di Minority Report. 


- La domanda dal pubblico: "Ok fanboy, luccica tutto tutto su OASIS?" Grazie della domanda, posta sempre in modo garbato e non tendenzioso. Qualcuno si lamenterà per la troppa (e per me bellissima e magistralmente integrata) componente visiva digitale, esprimendosi con il pleonastico: "Ma che ci vuole a farlo nel 2018??!! Tocchi due tasti con pc, ci pucci dentro le skill fatte da un mio amico ispirate ai cartoni animati per farle girare su Gran Ladro d'Auto, fai ping ping e in mezza giornata ti realizzo io, bendato, qualcosa di fatto meglio, con più X-Wings e il Trider G7". Posto che con "ping ping " a parole sono buoni tutti, per me il livello artistico di quest'opera è enorme. Si nota, qui e là, la presenza di certi "brand" più di altri, che giocoforza influenzano visivamente il prodotto, ma la cosa non stona per nulla. Qualcun altro dopo la visione riuscirà a scovare le piccole incongruenze di un mondo che appare gigantesco solo di facciata, ma in fondo è ben delimitato come nei classici film di fantascienza "a metafora", abitati alla fine da quattro personaggi che vivono sullo stesso pianerottolo come in Star Trek (pur con dietro camionate di comparse mute). Ma spesso cose come queste, che per qualcuno sono ingenuità (come se fosse utile alla trama avere sessanta personaggi e 499 location diverse), sono funzionalmente volute, in fondo per motivi di trama, così come l'ampio uso della animazione digitale è voluto e riesce bene a creare un interessante (e ugualmente funzionale in alcune scene / chiave) diversità tra mondo reale e virtuale. 
Non abbiate paura infine di approcciare il film senza essere prima "pucciati dalla testa ai piedi" nella cultura nerd. Vi divertirete comunque senza sapere che i tizi con l'armatura spaziale verde con casco con visiera giallo si chiamano Spartan. 


-Videogiochi per trovare se stessi e affrontare il mondo: Ready Player One è una lettera d'amore alle nuove generazioni in cui cinema e videogiochi diventano un medium unico e si ridefiniscono arti ancillari, e non occasioni escapistiche, per leggere e godere al meglio la vita di tutti i giorni. OASIS è un mondo virtuale bellissimo, ma il film ci dice anche che "la realtà è fuori" e "la realtà è anche l'unico posto dove poter mangiare un hamburger decente". Anche la realtà sovrappopolata, ultra/tassata e più sfigata merita di essere vissuta. Si dice che Bruce Lee con L'ultimo combattimento di Chen abbia gettato le basi dei picchiaduro a scorrimento a livelli. Non ho mai capito quanto questa affermazione sia una supercazzola, ma fosse vera il cinema a tutti gli effetti è una delle fonti di ispirazione dei videogame. Spesso i videogame riproducono oggi dei viaggi iniziatici all'età adulta e sarebbe bello che questo potenziale narrativo non si perdesse in sterile intrattenimento, ma fosse un banco di prova per affrontare la vita che sta fuori. Dietro ai giovani eroi della pellicola, si vedono muovere come antagonisti poco convinti, dei "nerd attempati". Sono carichi e hanno le conoscenza per ricevere anche loro il dono del gioco, il "comando del domani", ma scelgono di piegare la testa davanti a un grigio e arrogante burocrate. La loro battaglia, la battaglia della loro generazione, sembra ormai persa e in questo aspetto credo che il film voglia fungere un po' da "sveglia". Il film dice tra le righe che il  futuro è dei giovani e dobbiamo avere fiducia in loro perché sono fantastici (anche se si vestono malissimo pure noi da giovani, sempre seguendo le mode, ci vestivamo malissimo), ma tutti possono partecipare a costruirlo, se riescono a valorizzare il proprio potenziale. È un aspetto che, da persona un po' attempata, ho gradito. 
- Finale: andate al cinema e godetevelo, di corsa! Ne ho già parlato per non so quante battute. Andateci per contare le citazioni, andateci se amate i videogiochi, andateci per trovare in sala un film per ragazzi come si facevano una volta e che per me hanno sempre il gusto del Tegolino del Mulino Bianco. Ma andateci pure se non sapete le citazioni, se non amate particolarmente i videogiochi, se il Tegolino non vi piace poi tanto. C'è da divertirsi e magari portare in sala i figli. Poi fatemi sapere se anche a voi, dopo la visione, è venuta voglia di farvi una mini maratona di Spielberg. Io voglio partire da Duel e non fermarmi più. 
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1 commento:

  1. Sono andato a vederlo perché spinto da amici e tentato dall'imax, da bravo nerd 27 enne che oramai si è abituato a piegare la testa e lavorare per compiacere il padrone, e ho rivisto molto quei paradigmi da film anni 80, su cui sono cresciuto, che condivano questo terribile mondo distopico che con terrore vedo sempre più prossimo. All'inizio, da bravo milanese imbruttito, ero molto scettico, ma a furia di schiaffeggiarmi di citazioni anni 80 (una certa band in particolare) ha vinto il mio amore, specie per tutta la parte ispirata a un certo film per cui io stavo letteralmente saltando sulla poltrona urlando. Ho apprezzato anche il messaggio. Si poteva fare di meglio, ma già così va abbastanza bene, se non si è letto il libro. -Francesco

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