Nuda e
sudaticcia, scivolosa e volenterosa, con il fiatone e le gambe che fanno
male. Isabelle (Juliette Binoche) resiste titanica, scalando sulla massa
adiposa come una focaccia di Recco di un brutto amante ciccione. E mentre lei
prova, con tutta l'anima, a scopare con l'entusiasmo della ventenne che non è
più da troppo tempo lui, ingrato, la tratta come una amante incapace,
riempiendola di scherno. Isabelle cerca di godere comunque, tra il sudore che
inizia a confondersi con le lacrime. Cerca con la testa di accettare che
"va bene così", che questo brutto e deprimente sforzo ginnico "è
comunque amore" e in fondo niente non è. Ma la testa non ce la fa più e
parte la domanda seria, lapidaria: "Come ci è finita a cercare di far godere
un ciccione ingrato?". Sarà vintage o, come diceva Corinne Clery in
Yuppies del 1986, si sente ormai "targata Cartagine", ma in
fondo è ancora nel fisico una ragazzina nella testa di una donna matura e
accondiscendente sui problemi della vita, partner sfigati compresi. Isabelle
alla fine da sempre trovate dentro di sé "un bel sole interiore" (come era il titolo originale del film) che aggiusta un po' le cose. Il
problema vero è che è rimasta a 50 e più anni, una ragazzina romanticona,
pronta a saltare di fiore in fiore alla ricerca di un uomo perfetto che non
arriva mai. Un uomo che sappia comprenderla per il suo essere artista (pittrice "corporale" come la Julianne Moore de Il grande Lebowski),
il suo essere madre (magari un po' distratta), il suo essere indipendente (perché
in fondo vive del suo lavoro) e un po' bambina (perché no?). Solo che questo
uomo non lo trova mai, perché forse non esiste, ed eccola che finisce a
cavalcioni di una ingrata e poco performante focaccia di Recco. Vincent
il banchiere (Xavier Beauvois) è oltre che una focaccia di Recco vivente un
vero porco, che la palpeggia in pubblico trattandola alla stregua di una
zoccola, ma forse potrebbe infine lasciare la moglie e sposarla e sembra
l'ultima spiaggia per un futuro tranquillo, dopo aver detronizzato anzitempo il
marito Francois (Laurent Grevill), mollandogli pure tutta a carico suo la
figlia. Non è meglio come alternativa sentimentale l'attore pazzo (Nicholas Duvauchelle), così pieno di ego e complessi (soprattutto risentimento
per il tradimento della propria moglie) che lei non riesce che chiamare
"l'attore", folle anche negli atti più comuni come il
"parlare", dissennato costruttore di paletti e limiti infiniti a una
qualsivoglia empatia. Non parliamo proprio manco dell'artista (Paul Blain),
che potrebbe essere forse un serial killer. Magari tra tanti uomini
convenzionali da scartare, Isabelle potrebbe trovare il vero amore
nell'anticonvenzionale e a lei diversissimo per età, cultura, razza ed
estrazione Marc (Alex Descas).
La regista
Claire Denis e la sempre brava e affascinante Binoche ci portano per un'ora e
mezza nello strano mondo di una donna esasperatamente bisognosa di affetto, ma
che in amore è una perdente seriale. Isabelle è profondamente tragica ma buffa,
non lesina a fare le pulci ai fenomeni da baraccone che sceglie come papabili
love-interest ma alla fine è lei che rimane al palo, sola, con il rimpianto che
"se ci avesse provato per davvero" magari l'amore sarebbe sbocciato.
Di fatto è una donna troppo intelligente e troppo complessa per concedere
davvero a qualche pirla di avvicinarla, e così il film se da un lato mette
Isabelle su un piedistallo altissimo, riduce a macchietta gli ominidi che si
susseguono alla consista del suo cuore. Spassosi ma forse troppo vuoti
omuncoli archetipici ridotti anzitempo a "spalla comica" o tetri
monoliti anaffettivi o imperscrutabili che siano, le figure maschili del film
sono tutte da buttare nel cestino dell'umido e questo è un po' uno dei limiti della pellicola, che diventa presto un pur esilarante e godibilissimo film a
episodi slegati. Una impalcatura che risulta carente di un finale che davvero
raccordi e ordini tutto magari per scelta cosciente, magari per dare al tutto
un'aria da sit-com rinnovabile per una nuova stagione. Del resto se Isabelle
non riesce in tutta una vita a trovare l'uomo giusto, chi siamo noi a
pretendere a tutti i costi un lieto fine? La Binoche è mattatrice assoluta e
fustigatrice indipendente e ultra-tabagista di un po' tutti gli standard di
uomo francese (fantastico lo sbotto contro i noiosi e tronfi omini che
elogiano continuamente il verde e la calma della provincia francese). Per
verve mi sono tornate alla mente le commedie con Meg Ryan e Billy Crystal,
romantiche ma (anche più amabilmente) acide. Devo dire che il minutaggio è
volato via, caricandomi di una gran voglia di saperne di più, di vedere nuovi incontri con nuovi sfigati. Peccato che finisca presto perché alla fine a
quella pazza, un po' spocchiosa e un po' autodistruttiva di Isabelle mi sono davvero
affezionato.
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