Quando
muore una persona buona, il film ci dice, non bisogna essere tristi, perché si
accende una stella nel cielo. Le stella sarebbero le luci che illuminano la
notte, stanno al di sopra di noi piccoli e problematici uomini, sono
bellissime, ma proprio per la loro riconoscibilità sono state usate per
tutt'altro. Usate come bersagli nella prima metà del '900, per marchiare le
persone, come si faceva a fuoco nel medioevo, in ragione della loro
appartenenza a una stirpe considerata per alcuni inferiore, nemica, sporca. Ma
c'è qualcuno che nonostante questo truce e problematico risvolto ama comunque
le stelle. Un bambino qualunque francese che è disposto a offrire
un intero sacchetto di biglie, il tesoro dei tesori di ogni bambino, pur di
avere in cambio proprio quella stella di stoffa a sei punte che il suo compagno
di classe Jojo (il più piccolo e bravo Dorian De Clech) è costretto a
portare in quanto "ebreo". A scuola essere ebreo era considerata una
cosa brutta, qualcosa che ti faceva attirare i pugni. Una cosa anche strana,
perché in fondo Jojo è sicuro che era "ebreo pure ieri!!" e per
questo non lo avevano mai menato! Ma quelle biglie regalate sono davvero il
massimo, gli svoltano la vita!! Jojo potrà farci cose incredibili tra le strade
di Parigi. Sono così tante e così performanti che magari potrà anche avere la
meglio nelle sfide sempre più impegnative che gli propone suo fratello Maurice
(l'altrettanto bravo Batyste Fleurial). C'è un altro oggetto, dopo la stella
di stoffa e il sacchetto di biglie, che nel film di Christian Duguay a un certo
punto fa capolino e viene descritto nel particolare. È la fibbia argentata della
cintura di un soldato tedesco, che riluce dell'inclusione "Gott mit
uns", cioè "Dio è con noi". Un biglietto da visita a corredo
degli ampi sorrisi dei nazisti che stanno per farsi tagliare
"incautamente" i capelli, presso un negozio del barbiere giudaico.
Non sarebbero certo entrati se Jojo e il fratello non gli avessero nascosto,
per scherzo, mettendosi davanti, il cartello sulla nazionalità degli esercenti.
Ma in fondo i tedeschi in quel momento erano solo di passaggio in Francia, che
mai poteva accadere per uno scherzo innocente? Ogni oggetto, che sia una
stella di stoffa, delle biglie o una fibbia, può avere significati diversi e
strani a seconda dell'osservatore. Un sacco di biglie è un film zeppo di
oggetti, ce li fa ispezionare, ce li fa ponderare circa il modo giusto di
leggerli, quello che in cuor nostro auspichiamo più "umano". Speriamo
sempre poi che i "detective crucchi" non imbrocchino la soluzione ai
mille enigmi che la loro "pulizia etnica" impone da quel momento in
cui cessano di essere in Francia "solo dei turisti eccentrici". E
sono molti gli oggetti su cui i nazisti con tutta la loro pignoleria tedesca si
interrogano, per scovare la presenza di ebrei. C'è un violino, che ad
orecchio per un militare suonerebbe "le musiche dei giudei",
indicandone la presenza nelle case in ispezione, nascosti dietro le pareti. Ma
il tedesco che ha questa intuizione in fondo non è sicuro se vengano con quel
violino suonate musiche giudaiche o russe. C'è o ci dovrebbe essere, per sapere
se un bambino è ebreo o meno, un certificato di nascita cattolica, che sembra
finto ma forse non lo è. Forse per essere più sicuri si potrebbe lasciare
aperta una via di fuga a quel bambino, facendo uso di un oggetto-trappola. Una
porta aperta verso la libertà che se "colpevole di essere ebreo" quel
bambino imboccherà, si troverà dietro una guardia armata. C'è un esame medico
che in base alla circoncisione svelerebbe la presenza di ebrei, ma che va in
palla se si pensa che anche gli algerini, molto presenti in Francia, praticano
anch'essi la circoncisione per motivi igienici. Cosa fare se poi il bambino a
cui fai l'esame ti dice proprio: "Sono algerino, anche noi abbiamo il
deserto e ci tagliano la mazza a tutti! Cristiani, musulmani... e io a dire
il vero non l'ho mai visto un ebreo! Come è fatto un ebreo??". Proprio con
questa sottile ironia Un sacchetto di biglie non è solo un film di oggetti, è
anche un film che racconta il viaggio vitale ed entusiasta di due bambini, Jojo
e Maurice.
Da
Parigi a Nizza, per andare a stare dagli zii in un posto più sicuro, dove ci
sono i più umani e paciosi soldati italiani. Un tragitto on the road, a piedi,
da soli, in cui incontreranno tanta gente normale trasfigurata dal fanatismo,
dalla fame e dalla paura. Molti davanti a dei bambini torneranno per poco
umani, ma i fratelli dovranno saper contare su loro stessi prima di
tutto, però con la certezza che se uno non riuscirà più a camminare ci sarà
comunque il fratello a sostenerlo. Un fratello che lo seguirebbe in capo al
mondo, anche se quando tira le palle di neve è sempre sleale.
Sembra
una favola horror questo viaggio verso la costa ma non mancano quindi buon umore e satira. C'è il personaggio assurdo di Bernard Campan, libraio simpatizzante
dei tedeschi che continua a ripetere che i francesi hanno come nemico naturale gli inglesi e quindi "che c'entrano
questi tedeschi!! Non sono nostri nemici" e cita al contempo Robespierre, Napoleone e il maresciallo Philippe Petain. Piccolo
spoiler, i tedeschi perderanno nonostante il suo sostegno. C'è poi il Dottor
Rosen (Christian Clavier) un ufficiale medico che rivestirà nella storia un
ruolo determinante e difficile per non perdere gli ultimi scampoli della
propria umanità.
C'è
tutto un flusso di emozioni che mi cade addosso quando ripenso a questa
pellicola così fresca e spontanea ma anche lucidamente critica e che non fa
sconti a nessuno, tedeschi e francesi, nazisti e partigiani. Un punto di vista
originale sul fenomeno dell'olocausto, facilmente per intensità accostabile a
La vita è bella. C'è alla base di tutto un libro autobiografico, bellissimo,
scritto proprio dal bambino protagonista di quegli eventi. Un bambino diventato
uomo e barbiere, come lo erano i suoi genitori e fratelli, che ha sempre
sostenuto, per sopravvivere nel momento più buio della sua infanzia, come
tenere stretta in pugno la biglia più preziosa, tesoro di tutti i tesori, fosse come avere in mano la propria vita. Un bambino che ha imparato dal padre
(lo straordinario Patrick Bruel), in una scena davvero struggente, come sia
alle volte utile uno schiaffo dato a fin di bene, se questo può insegnare a
sopravvivere.
Il romanzo
è del '73, l'autore è Joseph Joffo. Ha già avuto una versione per lo schermo
nel '75. Il film mi ha commosso molto, scegliendo come ha fatto, con tanto
coraggio, di descrivere senza alcun patetismo l'infanzia di un bambino allegro
vissuto in uno dei peggiori momenti storici di sempre. Talk0
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