«Il corpo nella radura era il più
fresco. Le mosche impiegarono più tempo per scoprire i due cadaveri in casa,
anche se la porta mossa dal vento sembrava un invito. Quelle che si
avventuravano oltre l'offerta iniziale erano premiate con un altro cadavere in
camera da letto. Più piccolo, ma anche meno assediato dalla concorrenza».
È con queste parole che la
scrittrice Jane Harper descrive il momento-chiave del libro “Chi è
senza peccato” (secondo la traduzione italiana di Lorenzo Matteoli, della bella
edizione italiana a cura di Bompiani). Con poche pennellate si pongono le basi
del “mistery” che guida la trama, attraverso la strana disposizione di quei
corpi tanto lontani quanto vicini”. Si avverte la desolazione dell’outback
australiano, un luogo arido e silenzioso percorso solo dalla “puzza” che svela il
delitto, guida gli insetti e solo dopo, molto dopo, porta verso il luogo del
delitto gli isolati cittadini di una cittadina persa nella sabbia e nel nulla
come Kiewarra. Uomini aridi in quanto figli di una terra arida (il titolo
originale “The dry”, richiama proprio alla secchezza), non bagnata e benedetta
dalla pioggia da troppo tempo.
L’acqua c’è stata un tempo, in passato,
prima che la cittadina fosse colpita da una specie di maledizione che prese
corpo nella morte di una giovane ragazza, Ellie Decon (BeBe Bettencourt nel
film). Forse vittima di omicidio, forse suicida, forse incorsa in un incidente
mortale, fu ritrovata sul letto di un fiume che ormai, da allora, si è
rinsecchito insieme a tutti i campi un tempo coltivati della zona. Da allora il
fiume si è prosciugato e con lui si sono prosciugati anche i rapporti tra
uomini diventati sempre più guardinghi, sospettosi, sfuggenti, “sommersi dai
debiti” a causa di una natura matrigna. Il nuovo delitto che colpisce quelle
terre sfortunate può essere davvero “l’atto di chiunque”, perché l’odio
si è radicato in modo profondo in Kiewarra. Ma la cittadina preferisce non
riflettere su se stessa e sulle sue “colpe” e parte per la classica “caccia
alle streghe”. Quando da Melbourne il detective Aaron Falk (Eric Bana) torna a
casa, nella provincia in cui è nato, la città ha già deciso che il colpevole del
nuovo fatto di sangue è un suo amico di infanzia, Luke, che in un attimo di
follia avrebbe ucciso sua moglie e i suoi stessi figli, prima di suicidarsi, lontano
dal casa, sul letto secco del fiume. Lo stesso punto in in cui era stata
trovata Ellie, del cui delitto in passato era stato incolpato, senza trovare
però prove concrete, proprio un giovane Luke (Sam Corlett). La “malerba” ha
colpito ancora.
Jane Harper cavalca il folk-horror e
descrive le terre desolate dell’Australia in un modo non dissimile dei paesaggi
brulli e sterrati scelti da Nic Pizzolatto come scenario per la prima serie di
True Detective. Il regista Robert Connolly traduce al meglio il lavoro della Harper in un film diretto, spietato quanto concitato, dal ritmo
travolgente.
Il paesaggio “parla”, con la sua
polvere, il caldo soffocante, l’acqua che non esce dalle docce, la calura delle
verande e il sudore che avvolge ogni personaggio. I volti dei personaggi sono
scolpiti nelle rughe come nel legno, rendendo ancora più spigolosi i personaggi
interpretati da Matt Nable, William Zappa, Eddie Baroo. Autentici volti
da “western” tra cui il personaggio di Eric Bana si muove come un pesce
fuor d’acqua, insicuro su ogni suo passo nell’indagine, sballottato tra passato
e presente. Dire troppo fa male a un thriller, anche per non dare troppe
suggestioni al piccolo investigatore che vive dentro a ogni spettatore, ma la
trama riesce a giocare bene con un alto numero di “piste” e trovare la soluzione
della matassa sarà qualcosa di sfidante quanto appagante. Molto divertente il
personaggio di Raco, il poliziotto locale interpretato da Kier O’Donnell.
Sfaccettato e malinconico il personaggio di Gretchen, interpretato con grazia
da Genevieve O’Reilly.
Chi è senza peccato è un thriller solido che sa tenere gli appassionati con il fiato sospeso dal primo minuto, giocando su diversi piani narrativi e su di un articolato ventaglio di personaggi, spesso molto ben caratterizzati. La “provincia” australiana diventa sullo schermo un luogo spoglio e sinistro, quasi un paesaggio da western crepuscolare moderno come lo fu a suo modo, sempre in Australia, il Mad Max di George Miller. Una buona occasione per gli amanti nel giallo per una serata al cinema e magari per recuperare in libreria il libro omonimo.
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