Emidio Tagliavini (Gianfelice
Imparato) da piccolo era a Cuba, durante la rivoluzione, insieme a suo padre.
Poi è tornato a Napoli mentre il genitore ha continuato a combattere, fino a
morire sul campo. Fidel Castro, molto amico del padre, ha da quel momento
iniziato con Emidio una corrispondenza affettuosa e assidua. Sono gli anni ‘80
ed Emidio, ancora amico di penna di Castro, rimane fedele agli ideali del
socialismo reale e al sogno della rivoluzione cubana. Veste solo con
l’uniforme miliare color cachi, svolge una vita rigorosa senza lussi e sprechi,
salvo concedersi qualche volta un buon sigaro. Si preoccupa dell’equità dei
prezzi del mercato rionale, cosparge tutta Napoli di volantini sull’arrivo
imminente di Castro. Lo chiamano “il comandante” e come lavoro a tempo pieno fa
il militante, con il sostegno “clandestino” dell’amico Tommaso (Antonio
Bruschetta) responsabile della sede napoletana del PCI. Quando si toglie gli
anfibi e affonda i piedi nudi tra la sabbia bagnata dal mare di Napoli, Emidio
sogna e ritorna Cuba, felice e ancora bambino. Emidio è sposato da anni con
Elena (Alessandra Borgia), ha un figlio adulto di nome Ernesto (Marco Mario de
Notaris) ed è già nonno, per la piccola Celia (Sonia Scarfato). Come padre e
guida morale “un po’ intransigente” impone le sue idee e il suo stile di vita
alla sua famiglia, arrivando a gestire le derrate alimentari su una lavagna e
obbligando tutti a una vita parca e misurata, quasi militare. Sembra che nei
casi di “ammutinamento familiare” abbia qualche volta usato persino il gas
esilarante per redarguirli. Si scorna sempre più spesso con Ernesto, tacciato
di essere troppo filo-americano, mentre è riuscito a trasformare Celia in una
perfetta mini-rivoluzionaria. Il tempo passa e i compagni di Emidio arrivano a
scordarsi perfino del giorno di compleanno di Che Guevara, mentre
misteriosamente ricordano con precisione quello di Maradona. Arriva Gorbacev.
Arriva il governo Berlusconi. Il mondo è cambiato e la sede del PCI ha lasciato
i locali al Partito Democratico. Emidio è sempre lo stesso ma le sue azioni da
militante più “estreme” vengono in qualche modo sminuite da un documento
psichiatrico che lo definisce “pazzo”, voluto fortemente anche dalla moglie per
tutelarlo. La nipote che lo aiutava a preparare a mano i disegni dei volantini
è diventa grande (Marcella Spina), studia ed è combattiva, forse un giorno
farà grandi cose. Poi un giorno la corrispondenza con Fidel si interrompe, di
colpo. Ed è l’inizio di una nuova fase della vita del “piccolo” rivoluzionario
napoletano.
Viviana Calò scrive e dirige un film
premiato per al Bari International Film Festival come migliore regia e come
miglior attore protagonista. È un film sulla struggente e malinconica ricerca di
radici politiche “perdute”, dalle quali un tempo si pensava potesse rinascere
più forti, come una “quercia”. È un film in cui il turbo-liberismo moderno dei
negozi online trova un precedente storico sarcastico tra le pagine di
Postalmarket. È un film sulla pazzia come unico passaporto legale per sentirsi
liberi di pensare e sognare. È un film su un uomo così ancorato e
arroccato ai suoi sogni da non riuscire a vedere e godere della vita che
gli passa accanto, quasi in punta di piedi, cercando solo di amarlo. Querido
Fidel è infine e soprattutto una pellicola sulla “capacità di amare le
persone distratte”, leggera quanto malinconica. Ogni tanto riprende la
costruzione del teatro di De Filippo, che si ritrova nel personaggio della
vicina di casa Agnese, interpretata da Antonella Stefanicci. Ogni tanto punta a
divertire con l’ingenuità delle azioni “sovversive” di Celio e Tommaso. Ma il
cuore narrativo risiede nel personaggio di Elena e poi in Celia. Entrambe
in costante cerca di uno sguardo di approvazione da parte del buffo ma tragico
Emidio.
Querido Fidel diverte, qualche volta commuove e si dimostra un’opera molto ben recitata e realizzata sia sul piano narrativo che visivo.
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