Mirabel è una giovane ragazza
paffuta, occhialuta e con i ricci, dal carattere allegro ma con una forte
determinazione, che fa parte di una famiglia molto speciale: i “Madrigal”. I
Madrigal, guidati dalla saggia nonna, hanno tutti i superpoteri, da almeno 2
generazioni, da quando sono arrivati nel nuovo posto che hanno chiamato “casa”.
C’è chi come la mamma di Marabel riesce a curare attraverso il cibo, la zia
Pepa può influenzare il tempo secondo il suo umore, suo cugino Camilo può
assumere l’aspetto di chiunque voglia, sua sorella Luisa maggiore è fortissima,
sua sorella minore Isabela può far fiorire dal nulla ghirlande, c’è la
cugina Dolores che ha il superudito. Tutti hanno i superpoteri, pure “la
casa stessa”, chiamata amorevolmente “casita”, che sa spostare e
rimodellare ogni suo elemento come fosse fatta di lego. Tutti supereroi,
tranne Mirabel. Il “talento”, che si risveglia durante una particolare
celebrazione che segna il passaggio alla “età supereroistica”, in Mirabel non
si è palesato e lei con questo fatto deve conviverci, da tanto tempo. Poi un
giorno, durante il “passaggio a supereroe” del piccolo Antonio, Mirabel ha una
visione. Una visione terribile in cui la casa di famiglia va in pezzi fin
dalle fondamenta. La ragazza spaventata avverte tutti, ma la nonna vuole
lasciare la cosa sottotraccia: “i Madrigal e il loro potere non sono in
pericolo, l’encanto è forte!”. Qualcuno dei famigliari inizia a sospettare che
Mirabel abbia acquisto il sinistro potere divinatorio dello scomparso zio Bruno
e forse riuscire a trovare quest’ultimo sarà per la ragazza la chiave per
comprendere appieno il suo “talento”.
La nuova pellicola dei realizzatori di
Oceania è coloratissima, piena di personaggi buffi e interessanti e si sviluppa
tra mille canzoni quasi come un giallo familiare. C’è un mistero da scoprire, una persona da trovare, dei conti con il passato da regolare e una “attività
supereroistica familiare” da tirare avanti. C’è una protagonista che si sente un
brutto anatroccolo, ma ha già capito il senso della vita quando nella prima
scena dice: “La mia storia famigliare non è la mia autobiografia”. C’è la
sorella Isabela rinchiusa in un corpo da principessa Disney quando vorrebbe
essere la Poison Ivy di Batman. La zia Pepa meteoropatica che fa piovere per
davvero, la super forte Luisa trattata alla stregua di un’intera impresa edile
bergamasca nel corpo di una sola persona. C’è Camilo che si trasforma nella
madre di un bimbo a cui deve fare da babysitter, c’è lo zio Bruno, scomparso ma
sinistramente presente, ma “non si parla di Bruno!”, perché porta male. C’è una
nonna silenziosa ma fin troppo autoritaria, c’è una “casita” che ti fa le feste
spostando le piastrelle quando torni a casa.
Sono moltissimi i momenti divertenti,
pieni di battute e gag fisiche. Ci sono tante canzoni sullo stile dei classici
animati della Disney, realizzate da un molto ispirato e divertito Lin-Manuel
Miranda. C’è la dimensione fiabesca di questo "Encanto" che si trova isolato tra
montagne invalicabili, ma pieno di una natura lussureggiante. Lo schermo è
costantemente pieno di effetti speciali da film supereroistico, con gente che
solleva e lancia cose, si trasforma, crea arbusti dal nulla, parla con gli
animali e tutto questo viene amplificato nei numeri musicali, dove Luisa cita Hercules
e Isa entra in “zona Frozen”. Tutto passa in un attimo, non ci sono tempi
morti e il ritmo è sempre elevato, c’è sempre qualcosa che succede sulla scena.
Lo spettacolo visivo è garantito da una magnifica animazione in computer
grafica, la versione italiana ha un buon cast, quasi a livello della versione
originale, che annovera le voci di Alvaro Soler, Nanni Baldini, Diana Del
Bufalo, Luca Zingaretti, Angie Cepeda. La regia è di Byron Howard (Rapunzel) e
Jared Bush (Oceania), già co-registi di Zootropolis, insieme a Charise Castro
Smith (The haunting of Hill House).
La sceneggiatura è curata da Jared
Bush, Charise Castro Smith e Lin-Manuel Miranda e per me è qualcosa per cui
vale spendere un paio di parole in più. C’è stato un “tempo cinematografico
recente” in cui un supereroe era avvertito come qualcuno di speciale,
unico, qualcuno che può far fronte ai problemi più “disparati e disperati” in
ragione di capacità che le persone comuni non possiedono. Ma cosa succede
quando nella narrazione “tutti sono supereroi”? Forse si può arrivare a
pretendere da loro qualcosa “di più ancora”, perché si è arrivati a una nuova
normalizzazione. Ma a forza di spostare l’asticella anche chi sposta le
montagne si può sentire per una volta, di colpo, davvero debole. È
interessante che Encanto parli di “talenti” prima ancora che di
superpoteri, portando in scene, per parafrasare la più celebre frase di Stan
Lee, "persone talentuose con con problemi legati alla gestione del loro
talento”. Sono problemi che impattano sul piano interiore, sugli affetti, sull'aspettativa sociale, sulla scelta del “proprio ruolo nel mondo”.
Problemi particolarmente strazianti quando il mondo non definisce o definisce
troppo ciò che vorrebbe da ognuno. Problemi che possiamo capire anche noi che
non abbiamo superpoteri ma che magari viviamo in un ambiente di lavoro che ci
sfinisce, magari nel dubbio atroce che non stiamo comprendendo il nostro “vero
talento” e magari stiamo vivendo una vita che ci hanno cucito addosso altri. È
una scelta narrativa originale ulteriore il fatto che i superpoteri dei
Madrigal non siano impiegati per battaglie cosmiche contro degli alieni, quanto vengano usati nella vita di tutti i giorni, per i problemi legati alla
gestione della piccola comunità che ha “accolto” la famiglia dopo un recente
passato fatto di discriminazioni. Encanto diventa così anche un film su chi
“deve” essere super per potersi sentire accettato e non visto come uno
“straniero”. Sono argomenti stimolanti che il film Disney riesce a trattare in
modo non banale, senza mai dimenticarsi di essere un caleidoscopio colorato
pieno di canzoni adatto a tutte le età. Arriva anche la lacrimuccia alla fine (vi sfido a resistere quando parte il brano e le immagini di “oruguitas
innamorate”) ma non sarebbe un film Disney se non ci fosse.
Encanto è una pellicola molto ben
realizzata sul piano tecnico, divertente per i più piccoli e con molti spunti
di trama interessanti anche per i più grandicelli. L’ennesima dimostrazione,
dopo Frozen, che i “superpoteri” possono essere un buon carburante per le
favole moderne. Talk0
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