domenica 3 dicembre 2023

La guerra dei nonni: la nostra recensione della commedia scritta e diretta da Gianluca Ansanelli con protagonisti Max Tortora e Vincenzo Salemme

Italia dei giorni nostri.

Mentre i genitori devono partire all’improvviso per una meta esotica, per un viaggio imperdibile a metà strada tra la vacanza premio e la promozione, i loro tre bimbi hanno bisogno di qualcuno che si occupi di loro per una settimana. 

Marco è un ragazzino timido e a modo, ma che ultimamente per qualche strano motivo non vuole più andare a scuola; anche il suo carattere è diventato di colpo irriconoscibile e irriverente.

Giulia è un’adolescente e in quanto tale sta sperimentando le sue prime contestazioni verso gli adulti e al contempo vive il primo grande amore per un bellissimo “cattivo ragazzo”, trapper in erba dal nome d’arte eloquente: “Axl the father killer”.

La più piccola di casa non dà preoccupazioni, ma vive in simbiosi con le disavventure della sua amica immaginaria “Lizzy”, che spesso denuncia di non avere abbastanza tempo la mattina per usare il bagno e a volte cade improvvisamente dalla bici, senza che nessuno la possa aiutare: forse proprio perché per tutti è davvero “invisibile”. 

Chi può occuparsi al meglio di questi bambini? 

I genitori potrebbero puntare su Nonno Gerri (Vincenzo Salemme), il papà di mamma, la figura in famiglia più “istituzionale”: esperto restauratore, esperto di letteratura, esperto di alimentazione corretta, abile nel risolvere ogni problema dei nipoti in quanto esperto in diplomazia, sempre presente e reperibile, devoto, severo ma giusto, generoso. A volte a dirla tutta nonno Gerri non è troppo divertente e in caso qualche caso pure bacchettone, ma non si può avere tutto. Solo che Gerri quella settimana deve andare a Milano al salone del mobile, tutto è già stato prenotato da tempo. 

Ma all’improvviso compare all’orizzonte anche il papà di papà, nonno Tom (Max Tortora). Non lo si sente da 10 anni, per il figlio è un tipo “inaffidabile”, ma Tom è stato ovunque e ha fatto ogni tipo di lavoro, dallo stunt man a Hollywood all’infermiere in Cambogia, dal pranoterapeuta in Congo al suonatore di armonica francese. Ha ideato pure un'app a riconoscimento facciale che in base alla forma del viso indovina pure il “nome ideale” di una persona. Ha mille storie da raccontare e sarebbe il perfetto ”nonno moderno”: travolgente e spettacolare, empatico, pieno di regali per tutti e senza voglia di sgridare nessuno. E forse dopo dieci anni è anche cambiato e potrebbe non essere più così inaffidabile: il figlio dovrebbe dargli un'occasione e sia la moglie che nonno Gerri sono pronti a supportare questa scelta.

Tutto sembra volgere per il meglio, ma poi accade che i due nonni si incontrano sul serio e l’antipatia in un istante esplode. Succede già all’aeroporto, quando Gerri va a prendere Tom con la sua auto. Per un problema alla sbarra Gerri si assenta un istante e Tom scompare, lasciandolo senza chiavi, per ore e con la fila infuriata, per inseguire due hostess sexy che aveva conosciuto durante il volo. Quando Gerri riesce ad arrivare a casa cerca di non arrabbiarsi, ma quando per un giorno i due nonni si alternano all’accudimento dei bambini le cose peggiorano ulteriormente. Nonno Gerri si dimostra così bacchettone e intransigente che pure la app di Tom a riconosciuto facciale lo rinomina “Adolf”. Nonno Tom è decisamente un nonno “diverso”: non chiede il coprifuoco e lascia Giulia in balia dei trapper, inventa una scusa per permettere a Marco di non andare a scuola. Fa amicizia in un attimo con l’amica immaginaria della più piccola della casa e riesce pure a sedurre la vicina di casa, giovane e maestra di pilates (Bianca Guaccero) a cui Gerri da sempre fa il filo senza mai dichiararsi.


Mentre Gerri va all’aeroporto verso il salone del mobile grazie a un passaggio offerto dall’addetto locale alle consegne dei pacchi (Herbert Ballerina), il suo stato d’animo è inquieto. L’addetto pacchi poi è un ragazzo che sembra capirlo meglio di uno psicologo: ascolta Gerri con attenzione mentre gli racconta dei suoi problemi con i figli e con i nipoti, lo ragguaglia sulle migliori strategie per l’insegnate di pilates e soprattutto lo sprona a reagire all’altro nonno e “a non farsi mangiare le polpette da sotto il naso” a casa sua. L’ex restauratore capisce e agisce: decide che non può affidare la sua famiglia per una settimana intera a nonno Tom. È necessario tornare indietro e mettere da parte il salone del mobile. È lui il “nonno titolare”. 

Sarà una settimana molto lunga, complicata ma anche istruttiva. I due nonni continueranno a litigare per ogni cosa, dalle merendine troppo zuccherose per i bambini al tempo da dedicare ai compiti. Poi arriveranno a contendersi i nipoti con regali e visite al luna park. Giocheranno qualche vicendevole colpo basso, non mancheranno piccole tragedie, tuttavia piano piano, incredibilmente, i due inizieranno a vedersi non come avverarsi, ma come una squadra. Complementari, quasi. Perché dove un nonno troppo concentrato sull’insegnamento e la protezione non riesce ad arrivare, magari un nonno che pensa più alla gioia dei bambini può farlo. E viceversa. 

Riusciranno Tom e Gerri a giungere almeno a una tregua nella loro guerra tra nonni?


Nelle interviste a fine riprese la coppia Tortora/Salemme ha detto di essersi ispirata alle dinamiche di Totò e Fabrizi, con Salemme che è stato felicissimo nell’interpretare la parte della coppia che “patisce e incassa”, particolarmente divertito dal confronto con un “Tortora/aguzzino” con il quale sul set c’è stata una forte intesa e complicità da subito. Tortora dice altrettanto di Salemme e in effetti questo divertimento reciproco traspare bene dalla pellicola, che segna effettivamente l’inizio di una coppia comica inedita quando interessante. 

Merito anche della regia di Gianluca Ansanelli, che ha saputo impiegare i due attori in una pellicola molto classica e vicina all’estro comico del duo, quanto in alcuni aspetti “pedagogici” non cosi banale come ce la aspetteremmo. 

Ansanelli ha esordito come attore in una piccola parte nel film Il ritorno del Monnezza di Carlo Vanzina. È stato sceneggiatore di serie tv molto amate come Distretto di Polizia e di pellicole interessanti come Sono solo fantasmi, con Christian De Sica. È stare anche regista teatrale del musical Troppo Napoletano e come  regista cinematografico con La guerra dei nonni è alla sua quarta prova.

C’è ovviamente, alla base del film, la garbata commedia popolare  e “degli equivoci” di Salemme, che porta in campo meccanismi narrativi ben rodati, ben riconoscibili nei personaggi dei bravi comprimari Ballerina e Guaccero, ma Tortora e Salemme cercano per la loro coppia di creare qualcosa di più articolato. Tom è un istrione, ma al contempo, a differenza dei tanti  “bambinoni cattivi” dei cinepanettoni di De Sica, è un uomo complesso, che anche in ragione dell’età e degli errori commessi è cambiato. Tom ha sviluppato molta empatia proprio perché non è dimostrata molta negli anni ed per questo in grado di guardare alle persone in modo non superficiale, ascoltando i loro problemi senza a giudicare. Gerri è un “precisino”, una persona per bene anche se un po’ pesante e pedante, ma al contempo nel corso del film riesce a guardare anche ai danni che derivano dalla sua continua necessità di controllo e diligenza, riuscendo a comprenderli e cambiando prospettiva. Sono due nonni non banali, in alcuni frangenti quasi “tragici”, che non vogliono essere macchiette e che sembrano seguire alla lettera una frase che più volte ricompare nella  pellicola di Ansanelli: i nonni sono le persone che più vogliono farsi voler bene dai nipoti, anche perché saranno forse i primi che dovranno lasciarli. È una frase malinconica ma anche “programmatica”, che stimola all’azione. 


Tom e Gerri si attivano entrambi per fare del loro meglio, nonostante i loro mille difetti e paure di sbagliare, imparando a supportassi a vicenda nelle rispettive “competenze” e riuscendo così a far fronte comunque su temi spesso poco trattati al cinema come la dislessia, le cui ricadute qui vengono descritte con particolare accortezza sia sul piano formativo che relazionale, invitando a mettersi effettivamente nei panni di chi ne soffre. 

Anche i ragazzini che interpretano i nipoti sono molto bravi e spontanei, credibili nelle loro interazioni quanto nel “classico” rapporto conflittuale tra generazioni diverse. 

Non mancano il divertimento sottile e le battute di spirito tipiche del cinema di Salemme, ma La guerra dei nonni per la sua particolare costruzione funziona decisamente molto meglio come film pedagogico, magari da proporre a un pubblico di genitori e nonni che devono confrontarsi tutti i giorni su temi come “le regole”, “l’ascolto”, “le libertà da concedere ai giovani”. È una pellicola che può offrire loro degli spunti di riflessione, ma anche dei “trucchetti” utili per cogliere i particolari segnali che spesso i ragazzini inviano. 

La guerra dei nonni è un film per molti versi atipico, più che una commedia quasi un manuale di istruzioni a uso di genitori e nonni “alle prime armi”. Adeguati gli interpreti, con un plauso particolare alla recitazione spontanea dei più piccoli. Molto  colorate la fotografia e le location, lento e un po’ meditabondo il ritmo generale, garbata come sempre nei film che coinvolgono Salemme la messa in scena, anche grazie alle situazioni generate dai personaggi di supporto, qui  interpretati dagli ottimi Herbert Ballerina e Bianca Guaccero. La coppia Salemme/Tortora è curiosa, piena di sfaccettature e trova un'intesa e una chimica più malinconica che semplicemente comica, che la porta a percorrere territori piuttosto originali. 

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