lunedì 4 dicembre 2023

I limoni d’inverno: la nostra recensione del film romantico e drammatico diretto da Caterina Carone, con protagonisti Christian De Sica, Tessa Saponangelo e le musiche di Nicola Piovani

 

Siamo nella Roma dei giorni nostri, in un mondo che si trova al di sopra delle ville e dei palazzi, sulle terrazze piene “di verde e passioni” cantate spesso da Ferzan Ozpetek. 

Nell’attico che sfocia su un terrazzo pieno di piante rigogliose e ben curate vive Pietro (Christian De Sica), un anziano insegnante e scrittore che sta assaporando con malinconia gli ultimi momenti di gioia e lucidità prima che l’altzeimer, lui teme, arrivi a cancellare ogni traccia della sua vita passata. Con un matrimonio fallito alle spalle e nessun figlio che venga a trovarlo, Pietro passa il suo tempo a scrivere un libro sulle più importanti donne della Storia e qualche volta aiuta il cameriere del bar di sotto con delle lezioni di grammatica. 

Sul terrazzo che dall’altro lato della struttura condominiale si affaccia sulla casa di Pietro, una spianata ancora in parte spoglia che poco copre una casa senza tende, si è trasferita da poco una coppia di quarantenni. Eleonora (Tessa Saponangelo) lavora da tempo come manager del marito fotografo, ma sempre più spesso sogna per lei una vita diversa. Forse tornare a dipingere come quando era giovane. Con il marito sempre più lontano da casa per lavoro il fatto di “creare qualcosa” o “prendersi cura di qualcosa”, specialmente dopo la prematura scomparsa di sua figlia, è diventata per Eleonora una prerogativa irrinunciabile. Ed è con questo umore che la donna si affaccia alla terrazza, con le prime piccole piantine da accudire, innaffiare e spostare al sole, sollevando l’attenzione di Pietro. 

Un giorno, in un caldo pomeriggio d’estate, una pianta sulla terrazza di Eleonora soffre particolarmente e Pietro per la prima volta, avvicinandosi dal suo balcone, inizia a parlarle. Il professore le offre prima dei consigli di botanica, poi i due iniziano a parlare delle proprie passioni, della loro vita. Nasce con il tempo tra i due un’amicizia tenera e garbata, fino a che lei, mentre il marito si trova per l’ennesima volta in viaggio, decide di pranzare con Pietro sulla terrazza. A debita distanza, ognuno sulla sua terrazza, come a voler coltivare un amore “solo da lontano”, platonico e  leggero. 

Alla fine della cena Eleonora decide che però almeno un brindisi insieme lo devono fare. Devono almeno scendere dalle torri in cui vivono e trovarsi all’ingresso centrale dell’edificio per un cin cin. 

Pietro accetta di buon grado. I due scendono e si scatena il temporale. Neanche il tempo di dirsi due parole ed entrambi corrono cercando di tornare all’uscio per un riparo, ma la chiave di Eleonora non gira, non si apre, non funziona. La donna è completamente zuppa e Pietro decide di ospitarla a casa sua almeno fino al giorno dopo, quando sarà aperta la portineria. È allora che Eleonora riesce a esplorare per la prima volta la fortezza della solitudine del professore, le sue librerie, i suoi tavoli e pavimenti ricolmi di testi antichi e appunti. La donna scopre sulla scrivania anche il libro a cui Pietro sta lavorando e subito si incuriosisce, rimanendo colpita da tutta la passione che l’uomo riversa su quell’opera. Di lì a poco Pietro regala dei vecchi colori a olio a Eleonora per assecondare la sua passione e la donna torna a dipingere, su una parete del soggiorno. Dipinge piante e fiori rigogliosi e infine aggiunge all’immagine lo sguardo di una bambina, che da dietro il verde fa capolino. 

L’amicizia forse si sta trasformando in qualcosa di più grande. Gli incontri si intensificano insieme alla visite al parco botanico o al porto, dove vive il fratello di Pietro. Tuttavia la memoria del professore inizia a peggiorare e l’uomo per non far soffrire la sua nuova amica decide di allontanarsi da lei.


Caterina Carone dirige una pellicola leggera e malinconica sull’amore che può sbocciare anche in età avanzata. È un amore fragile, reso ancora più difficile dalla malattia dell’Alzheimer di cui soffre il personaggio interpretato da Pietro, che vive la sua vita in un perenne stato sospeso come L’uomo dal fiore in bocca di Pirandello. È invece un amore che deve “rinascere” quello di Eleonora, una donna che dopo un grave lutto e lo stato quasi di indifferenza che vive nei confronti del marito non è quasi più in grado di provare emozioni.

Christian De Sica e Tessa Saponangelo danno vita a personaggi “in transito”, alla ricerca timorosa quanto indispensabile l’uno dell’altro, che si muovono in una Roma romantica quando spesso nascosta, tra orti botanici e ristoranti nel verde, accompagnati dal tocco leggero delle musiche di Nicola Piovani. 

Un piccolo mondo che riscalda un po’ il cuore per l’estrema leggerezza e dolcezza  con cui ci viene raccontato da una regista molto attenta a colorare le emozioni senza troppi dialoghi, giocando di sintesi con tutti gli strumenti visivi e sonori della settima arte, alla ricerca di una “essenzialità” di messaggio vicina al Film Rosso di Kieslowski. 

Molto bravi entrambi gli interpreti. 

Per chi va al cinema in cerca di storie d’amore si consiglia di preparare i fazzoletti.

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