Cantavano nel 1966 “Hold on (I’m
coming)”, ossia “Stai calmo/a, sto arrivando”, i mitici Sam & Dave (al
secolo Samuel David Moore e David Prater), il duo a cui dobbiamo anche la
celebre canzone-gemella “Soul Man”. Erano uno dei più acclamati gruppi vocali
della musica soul, nella stessa gloriosa era di Aretha Franklin.
“Hold on” è diventata in breve la
colonna sonora ricorrente della programmazione notturna di molte radio, quella
tipica canzone grintosa che ti tiene sveglio mentre sei in macchina sotto la
luce di qualche lampione, magari su una strada deserta. Uno “Stai calmo, sto
arrivando” che può tradursi altrettanto correttamente, per la magia della
lingua inglese, anche con il più prosaico e formale “stia calmo, stiamo arrivando”,
ossia la classica risposta che riceve al telefono chi aspetta un intervento di
urgenza dalle forze dell’ordine o da un medico, frase che emotivamente
per chi la riceve suona un po’ come un “arrivano i nostri”. Ma può anche valere
di recente per la conferma “aspetta, la tua consegna è pronta”,
che precede la consegna di un pasto da asporto, oggi portato da un rider. Una notte da Dottore, adattamento italiano di un bel film francese ad opera di
Guido Chiesa, parla in egual misura della “notte” e del concetto di “arrivano i
nostri”. E naturalmente, come era giusto che fosse, in colonna sonora (una
colonna sonora molto ricca peraltro, in cui figura anche Bowie) compare Hold on
di Sam & Dave, a irradiare di energia positiva i due “dottori/riders” che percorrono
le strade illuminate dal neon di una grande città mentre coprono il loro turno
di notte “dal tramonto all’alba”, un po’ come i paramedici dell’ambulanza di Al di là della vita di Martin Scorsese.
È una città notturna fredda, autunnale, dove i medici mangiano solitari fuori orario in qualche trattoria deserta e i rider (come il personaggio di Frank Matano) si riscaldano battendo i denti davanti alle stufette di un ristorante cinese che sta chiudendo, in attesa di ripartire con la bici e magari finire da un cliente che li tratta in modo orribile. È una città infinita e che chiede costantemente “aiuto”, permettendo a un medico con troppa paura di tornare a casa per dover affrontare un lutto (Diego Abatantuono) di perdersi tra le sue mille vie e i suoi mille grandi e piccoli problemi. Poi il medico per un gioco del destino si blocca e si scontra con il rider e i due destini si fondono in un patto quasi scellerato. Il medico ha la schiena bloccata e non può rispondere alle chiamate personalmente recandosi in loco, per cui chiede al rider di “fingersi lui” e andare dai pazienti al suo posto. In sostanza guidandolo a distanza, dall’auto, tramite un microfono auricolare, come Boncompagni con Ambra Angiolini. Un po’ per i soldi, un po’ per follia, un po’ perché indossare il camice di un medico dà ancora a qualcuno lo stesso effetto di vestire il mantello di un supereroe, il rider accetta. Così parte un Road movie surreale quanto divertente. Sintonizzato prima sull’assurdo, poi sul sociale, poi sul malinconico. Tra un paziente e l’altro di questa notte infinita il rider e il medico si conoscono, imparano a comprendersi, a perdonarsi per i loro percorsi di vita scostanti, a riscoprire la bellezza del “mestiere di aiutare” nell’incontro con le vite degli altri. Inaspettato e intelligente, Una notte da Dottore colpisce più al cuore che alla (risata di) pancia, svelando la felicissima e riuscita coppia comica formata da un Abatantuono e un Matano che insieme davvero brillano per la spontaneità con cui riescono a interagire. La città di notte è affascinante, almeno quanto l’appiccicaticcia notte milanese di Kamikazen di Salvatores. Gli interventi sui vari pazienti che si susseguono hanno ogni tanto la forma di piccoli “corti cinematografici”, ma spesso riescono bene a legarsi alla trama principale (soprattutto quello del ragazzino con il “padre medico” è davvero illuminante e diventa il cuore narrativo di tutta la pellicola). E poi c’è il black humor, che in una storia notturna non può mai mancare.
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