“Ci sono gli alieni in casa nostra, ma
possiamo combatterli, travestendoci da fantasmi!
La mamma è nello spazio in missione per
conto del governo mondiale proprio per contrastarli ed è per questo che gli
alieni, che esteticamente sono uguali a noi come gli “ultracorpi”, adesso
stanno cercando di occupare la nostra abitazione. Ma secondo i nostri
scienziati gli alieni non hanno fatto i conti con il “paranormale”. Non lo
capiscono e li può spaventare. Può mandarli ai matti e mandarli in fuga. Così
noi ci nascondiamo in soffitta per tutto il giorno, li lasciamo entrare in casa
e poi, con il calare delle tenebre, ci trucchiamo da fantasmi e li spaventiamo
a morte. Loro scappano e il governo mondiale ci dà dei “punti resistenza” per
ogni alieno scacciato. Saremo pieni di medaglie e riconoscimenti, in attesa che
la mamma torni dallo spazio.”
È con questa pazzesca “supercazzola a
fin di bene”, dal sapore vagamente “benignano”, che un padre di famiglia,
vedovo e squattrinato (interpretato da Michele Riondino), convince il figlio (Orlando Forte) a “combattere per il territorio”. La realtà è un’altra è
decisamente più terra terra: i soldi per pagare l’affitto sono finiti, il
lavoro non si trova e per rimanere con un tetto sopra la testa l’unica
pittoresca via è far passare l’appartamento per infestato dai fantasmi e quindi
“invendibile”. Poi c’è la bugia più difficile: continuare a far credere al
figlio che la mamma è nello spazio e un giorno ritornerà. Ma il sodalizio per
ora funziona e Padre e figlio, “truccati e lenzuolati”, fanno rumore, aprono
armadi, accendono e spengono le luci, appaiono all’improvviso e fanno in
pratica tutto il campionario “allontana-intrusi” da guida ai film horror sulle
case infestate (tipo la guida alla Beatlejuice). L’impegno, le strumentazioni
elettriche e i trucchi per dare vita a dei fantasmi ci sono. C’è poi tra i nuovi
inquilini chi si spaventa, ossia quasi tutti, ma qualche volta si incontra chi
a queste cose non dà peso e non vuole sloggiare. Magari qualcuno che se la
passa così male nella vita reale da non impressionarsi certo per un paio di
fantasmi che vivono sotto lo stesso tetto. È il caso di una giovane madre con
la sua bimba che ancora non parla (interpretata dall’attrice israeliana Hades
Yaron), che sta fuggendo da un “vero mostro” come un marito violento. Riusciranno
i fantasmi a mandare via da casa loro una donna che in un casa infestata si
sente per una volta in vita sua “tranquilla e al sicuro”?
Quanto potenziale pazzesco può evocare
un incipit di questo tipo? Quanti registi con in mano un soggetto simile
avrebbero fatto le capriole e magari il film della vita?
Se fosse stato un film di Shinichiro
Ueda si sarebbe chiamato “Fantasmi contro Alieni” e poteva diventare il nuovo
High Spirits in salsa escapista. Se fosse stato un film di Bong Joon Ho,
magari un “Alien Parasite”, ci potevamo trovare davanti ad una nuova
riflessione sociale sulla coabitazione degli spazi. Se ci fosse stato
dietro Daniel Lowery si poteva chiamare “Storia di un fantasma-alieno” e
sarebbe stato un film malinconico-esistenzialista muto, a telecamera immobile,
pieno di colorati poster di film di fantascienza e con al centro due fantasmini
con il lenzuolone lungo e i buchi per gli occhi. Cosa ne avrebbero fatto di
questa idea Ti West, Kevin Smith, Michel Gondry, Edgar Wright, Guillermo del
Toro? Blumhouse ne avrebbe tirato fuori un franchise, Netflix magari un paio di
serie tv e quanto poteva avere effetto questa idea sul web?
Invece Capitani non rischia.
Non arrivano i venti minuti e subito si
sgonfia un’idea enorme come questa, che Tarantino approverebbe come
celebrazione del “cinema di genere (horror e sci-fi) che sovverte le
regole della vita per migliorarla”. Il giochino dei fantasmi si spegne subito,
arrivano le riflessioni sull’accoglienza, sulla famiglia, sulla difficoltà di
trovare una casa popolare (unico momento davvero “horror” in cui il film si
riprende, questo), i servizi sociali, la nuova occasione di vita, il vicino di
casa burbero ma che alla fine è bonaccione (un Alessandro Haber comunque molto
in forma, una delle note migliori della pellicola). Insomma, ci presentano subito
il pacchetto ideale da essere trasmesso su Rai 1 in una serata in cui non va in
onda Don Matteo, che è peraltro una serie che ha già diretto Alessandro
Capitani. I nostri fantasmi arriva coerentemente nelle sale pensando a quel
tipo di pubblico televisivo di riferimento. Un pubblico che ha a cuore le
tematiche sociali, ha in mente il dramma delle case popolari e delle nuove
forme di povertà, ha vissuto “l’isolamento in casa” dell’era Covid (e
l’emergenza affitti correlata alla mancanza di lavoro), ma magari non si
ritiene che vorrebbe conoscere la sotto-cultura dei film di genere. È un
pubblico attento, che sa commuoversi, che forse aspetta un lieto fine e che non si ritiene voglia in prima serata spaventarsi a morte con un horror
nichilista o sopra le righe. Perché gli horror non vanno in prima serata in
generale. Così il “fantasma” Michele Riondino, truccato e vestito di bianco,
ricorda magari di più Pulcinella o una figura del teatro di Eduardo de Filippo
o i fantasmi di Magnifica presenza di Ferzan Ozpetec. Accanto ai fantasmi
“buoni e bonari” si fa spazio una visione favolistica del mondo infantile, che
tra balocchi polverosi come un telescopio dorato e un microfono vintage
vorrebbe avere sfumature di rimando ad Antoine de Saint-Exupery. Si preferisce
poi il tono espositivo dei fatti a posteriori di un “Chi l’ha visto” piuttosto
che realizzare una possibile (e bella) scena d’azione che magari potrebbe
essere “troppo emozionante”. Come se i veri “nostri fantasmi”, da tenere a noi
buoni e cari, fosse proprio quel pubblico televisivo a cui la pellicola è
indirizzata. Un pubblico che si ritiene voglia ricordare Totò e Sordi, non
Fulci, Argento e Bava. È una scelta legittima, da prodotto per famiglie, e I nostri fantasmi potrebbe andare benissimo come film che i nipotini
potrebbero vedere insieme ai nonni. Preso in questa “dimensione”, il film
riesce a mettere in scena una spettacolo appropriato. Molto brava e bellissima,
materna, l’attrice Hades Yaron. Un po’ compassato Riondino ma con un paio di
guizzi niente male, specie nella bellissima scena da “vero orrore” nelle case
popolari di notte. Paolo Pierobon, che interpreta il terribile e manesco
marito della Yaron, il “vero mostro” del film, ha lo sguardo vitreo e la
fisicità enorme del classico cattivo da film horror/slasher e questo poteva
essere un magnifico spunto di trama che però non è stato colto. Una nota su
Orlando Forte, che interpreta il piccolo Carlo. È davvero bravo, espressivo,
molto affiatato con Riondino ma poco aiutato dalla sceneggiatura che forse non
mette a fuoco la sua età anagrafica.
I nostri fantasmi è un film ricchissimo
di spunti non adeguatamente assecondati ma che spero possano venire in seguito
ampliati ed esplorati, magari come un secondo capitolo o una serie televisiva.
La messa in scena è adeguata per chi si aspetta un film per la famiglia
sui buoni sentimenti, ma pellicola si segnala anche per la voglia di
affrontare tematiche sociali attuali. Talk0
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