La Blumhouse Production è una delle più interessanti
case di produzione horror low budget degli ultimi anni. Sono autentici
scopritori di talenti e i loro studi fucina di pellicole di grande successo. I
mostri e fantasmi creati dai loro registi mad-doctor allietano molti dei nostri
incubi di celluloide.
Paranormal Activity, Insidious, Oculus, The Bay, Dark
Skies, Le streghe di Salem di Rob Zombie, The Purge - La notte del
giudizio. E ce ne sono altri ancora. Se non siete stati negli ultimi tempi su
Marte e amate gli horror dovreste almeno aver visto uno di questi film. BH ha
prodotto di recente pure un film pazzesco, che per una volta non è horror ma
che vi straconsigliamo di vedere, Whiplash, con il grande J.K. Simmons. Ne
riparleremo presto.
Nel 2011, per sei mesi di riprese, BH produsse uno dei
suoi film più interessanti. Il regista era quello de "L'esorcismo di Emily
Rose", Scott Derrickson, anche co - sceneggiatore insieme a C. Robert
Cargill. Cargill portò uno stile di scrittura nuovo, diretto e in grado di
descrivere personaggi sfaccettati, credibili, anche quando al centro di un
turbine di orrori. Uno stile che ci porta, felici, dritti dalle parti
dell'Overlook Hotel, anche se la casetta della pellicola è più piccina e
confortevole. Forse. Derrickson prese spunto dall'estetica e ossessione degli
snuff movie, oggetto di studio e indagine come nello sfortunato 8mm di
Schumacher (per tacere di A Serbian Movie) per creare immagini spaventose e
disturbanti ed estremizzare il potere delle immagini come ai tempi
dell'antesignano dei J-Horror, The Ring.
Alle musiche si scelse Christopher Young, un gigante,
eclettico, solo per stare in area "horror" ha lavorato a Hellraiser,
Nightmare e di recente ci ha spaventati di brutto con la vertiginosa colonna
sonora di Drag me to hell di Sam Raimi. Ma questo mix esplosivo non sarebbe
stato tale senza attori di calibro come Ethan Hawke, che già aveva aiutato la
BH a suggellare un grande successo, il primo capitolo della saga di The Purge.
Come la dolce Juliet Rylance. I piccoli e credibili (e
nell'horror è cosa rarissima) Michael Hall D'Addario e Claire Foley. Come Fred
Dalton Thompson, un solidissimo caratterista. Ma soprattutto il film non
sarebbe stato quello che è stato senza l'oscura presenza che si annida in ogni
incubo. Il babau o boogieman che qui prende il nome di Bughuul, il divoratore
di bambini.
L'uomo nero. Quello che si nasconde nell'armadio di
tutte le camere da letto dei bambini. Quello che se non dormi esce a prenderti,
se non fai il bravo esce a prenderti. Da sempre mette una paura maledetta.
Anche se per sdrammatizzare abbiamo visto l'uomo nero nei cartoni animati...
Lo abbiamo visto pure combattere nel circo del wrestling...
Ma con l'uomo nero non si scherza mai. E' una questione
dannatamente seria con un aspetto forse ancora più spaventoso. I genitori sanno che l'uomo nero sta nell'armadio. È il loro personale guardiano. Fa in
modo che i bambini dormano mentre loro, mamma e papà, possono stare da soli o
occuparsi del loro lavoro. E i genitori lavorano sempre. Passano pochissimo
tempo con i loro bambini, sempre presi a lavorare e lavorare. Magari ti fanno
il filmino il giorno del tuo compleanno, conservano i ricordi poi in una
scatola, in soffitta, li dimenticano. Ma cosa succederebbe se l'uomo nero in
fondo non fosse così brutto? Se si vestisse bene, fosse ordinato, magari non
avesse la bocca? Non potrebbe parlare e dire come i papà e le mamme fanno di
continuo: "Fai i compiti!", "Lavati i denti!",
"Finisci di mangiare!", "Vai a letto che è tardi!".
E se l'uomo nero si fingesse Peter Pan e portasse via i
bambini da genitori troppo distratti dal lavoro per badare a loro?
Questa è l'idea geniale alla base di Sinister. Abbiamo
uno scrittore di storie del crimine (Ethan Hawke) che mette il suo lavoro
davanti a tutto e costringe la sua famiglia a continui traslochi sulle
"scene del crimine" che deve raccontare nei suoi libri. Un uomo
talmente ossessionato dalla verità che si nasconde dietro al male al punto da
perdersi i momenti migliori della propria vita. Un uomo che trova nella soffitta
della sua nuova "casa del crimine" una scatola che dovrebbe contenere
dei vecchi filmini familiari insieme al classico proiettore. Ma i filmini non
sono solo gite al mare, compleanni e feste della mamma, ci sono nascoste
immagini orribili, immagini di morte. Delitti efferati ripresi da mani
misteriose. E un mostro, che si nasconde tra i fotogrammi. Un figuro alto e
pallido, che sembra poterci fissare dalle immagini riprodotte sul muro dal
proiettore. Lo scrittore si getterà quindi in una pericolosa indagine che
metterà a rischio lui e la sua famiglia, nell'ossessione tanto di scoprire la
verità quanto di mettere a segno un best seller, che agogna da troppo tempo.
Come finirà lo scontro tra l'uomo e il mostro starà a
voi scoprirlo, grazie al dvd e blu ray disk distribuiti da Koch Media.
Ma qualcun altro presto dovrà affrontare di nuovo il
divoratore di bambini.
Nelle sale da settembre arriva il secondo capitolo
La sceneggiatura è sempre di Scott Derrickson e
C.Robert Cargill, che nel frattempo ha scritto anche un interessante libro,
edito anche da noi. Una raccolta di storie tra favola e incubo. Un urban fantasy che mi piacerebbe leggere.
Il regista è questa volta Ciaran Foy, che ha esordito
nel 2012, dopo una serie di fortunati corti, con Citadel, un film horror che giocava con la claustrofobia accolto
con grande entusiasmo al Torino Film Festival.
Questa volta la storia parla di una madre (Shannyn
Sossamon), che insieme ai suoi gemellini di nove anni va ad abitare in una nuova
casa. La locandina parla di un nuovo "gioco" e il babau è sempre al
centro della scena, disegnato sulla locandina su di un muro, con i lineamenti
tracciati con il sangue.
La casa ci sembra piuttosto familiare. Siamo già
elettrizzati.
Il 3 giugno tornerà nelle sale italiane il Bughuul. E ha una grande voglia di giocare. Noi non ce lo perderemo, ne siamo sicuri.
Non ce lo perdiamo perché il primo film
funzionava davvero. Riusciva a farsi apprezzare su più livelli. Funzionava come
film drammatico sulla incomunicabilità tra le pareti famigliari, aspetto che
ci ricorda anche l'ottimo The Strangers di Bryan Bertino. Funzionava come film
giallo, di indagine, influenzato probabilmente da The Ring. Funzionava come
Ghost Movie, portandoci nei territori di pellicole come La Madre. Sinister
pescava bene nelle suggestioni, facendosi amare tanto dai fan degli
spaventarelli che da quanti cercassero qualcosa di più profondo. Girava le
prospettive classiche senza però tradirle. Auguriamo anche alla seconda
pellicola di essere originale e interessante quanto il primo capitolo. Perché
nell'asfittico mondo dell'horror abbiamo proprio bisogno della BH e di opere di
questo tipo.
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