Siamo nella splendida e sconfinata villa
Kramer, sul lago di Como: la location perfetta per il matrimonio perfetto. Tre
giorni di festa al top per lusso, comfort, ospiti, intrattenimento e
ristorazione, perché si deve offrire solo il meglio del meglio, per il grande
giorno che sancirà l’unione tra Elio (Giovanni Anzaldo) e Caterina (Margherita Mannino). Elio e Caterina sono rispettivamente i figli del preciso e
pignolo Giacomo (Giacomo Poretti) e dell’istrionico e malinconico Giovanni (Giovanni Storti), da tempo immemore amici e soci in affari a capo della
prestigiosa “Segrate mobili”, azienda con nel palmares anche “il divano
dell’anno del 1988”, che per organizzare queste nozze non hanno davvero
badato a spese. Il maitre (Pietro Ragusa) scelto per guidare un piccolo
esercito di cuochi e camerieri è il Roberto Bolle dei maitre, con in curriculum
i più importanti e sfarzosi matrimoni da rotocalco. Per cantare durante la
celebrazione è stato ingaggiato nientemeno che Francesco Renga, la torta
nuziale arriverà in un camion frigorifero da Vienna, realizzata apposta in una
delle più prestigiose pasticcerie al mondo. Solo i vini più costosi, lo
spettacolo pirotecnico più spettacolare, buffet a bordo piscina e per celebrare
il rito con i migliori crismi nientemeno che un importante cardinale (Roberto
Citran), che per essere ingaggiato ha richiesto la costruzione di un campo di
calcio in Africa per la sua missione di bambini poveri. Tutto per l’amore dei
propri figli nel loro giorno più importante, ma anche un buon volano per il
mobilificio, con tutti i clienti invitati a partecipare alla festa e al
banchetto che potrebbero pure apprezzare l’ampio spazio tematico espositivo sui
“mobili del domani” a cui Giacomo tiene tantissimo. L’aria febbrile dei
preparativi assorbe anche la giovane compagna di Giovanni, Valentina (Elena
Lietti) e Lietta (Antonella Attili) moglie di Giacomo, intente a loro modo a
supportare o calmare i rispettivi mariti dallo stress emotivo ma anche
economico, tuttavia sull’evento grava un'incognita: l’arrivo di Margherita (Lucia Mascino), ex moglie di Giovanni e madre di Elio, che dal 2006 vive in
nord Europa, dopo una brutta rottura della relazione. Margherita dovrebbe
arrivare con un nuovo compagno e Giovanni è molto teso al riguardo, molto più
malinconico del solito. Al punto che fa fatica a inserire delle foto della sua
ex moglie nell’immancabile e già schedulato “filmino emozionale” che sarà
proiettato la sera del secondo giorno di festa. Poi il primo grande
giorno ha inizio e a fianco di Margherita presto compare uno strampalato,
un po’ burino, troppo affettuoso e rumorosissimo massaggiatore di nome Aldo (Aldo Baglio). Aldo goffamente e in totale buona fede da inizio a una serie di
sventure e imprevisti letali per la buona riuscita della festa, quando fin dai
primi minuti dal suo arrivo fa accidentalmente precipitare in fondo al lago una
partita di vini prestigiosissimi, che finiti in una fossa da 100 metri dovranno
essere recuperati con l’intervento dei sommozzatori professionisti. Subito dopo
il cardinale, accidentalmente coinvolto in un gioco di squadra organizzato
sempre da Aldo, avrà un grosso problema di salute che lo farà finire in
ospedale in elicottero e sarà necessaria quindi la sua sostituzione con un
curato locale, che però essendo il prete di un paesino di montagna è
specializzato solo in funerali (Francesco Brandi). A cascata succederà un po’
di tutto e il budget per rimediare ai danni sarà sempre più cospicuo,
aumentando le tensioni tra i due soci e Aldo e scombussolando la calma generale
di tutti i partecipanti. Ma è davvero Aldo che sta rovinando maldestramente la
festa o le sventure che pioveranno su Villa Kramer sono invece un segno del
Karma? I due sposini si amano davvero o sono stati messi/spinti lì anzitempo
per una specie di mega pubblicità aziendale, decidendo di sposarsi per non
scontentare i genitori? Aldo è “il guastatore” o l’unico nella festa a cui
importa ancora qualcosa delle relazioni umane tra le persone, in uno scenario
umano pieno di vecchietti inaciditi in cui pure la damigella d’onore per
rimorchiare qualcuno deve buttarsi sul prete? Questo matrimonio “s’ha da
fare?”. Sarà comunque un grande giorno?
Massimo Venier, collaboratore storico
dei “Mai dire” della Gialappa’s Band, torna a dirigere Aldo Giovanni e
Giacomo, che ha seguito direttamente nel loro sketch in tv e accompagnato poi
personalmente al cinema, fin dal loro esordio da protagonisti e per le loro
successive quattro pellicole: da Tre uomini e una gamba (1997) passando per
Così è la vita (1998), Chiedimi se sono felice (2000), La leggenda di Al, John
e Jack (2002) e Tu la conosci Claudia? (2004). Poi c’è stata una
pausa, è passata un po’ di acqua sotto i ponti, il trio è cambiato nella sua
anagrafica come nelle sue meccaniche interne, sono arrivati nuovi spettacoli
teatrali e nuove esperienze cinematografiche, con risultati anche
ondivaghi, fino al lunare Fuga da Reumapark. Ma nel 2020 Massimo Venier e Aldo
Giovanni e Giacomo si sono cinematograficamente rincontrati, si sono “ri-piaciuti”
e “reinventati”, portando in sala il divertente Odio l’estate. Un film che in
qualche modo allargava ed estendeva l’interessante situazione alla base
dell’episodio Milano Beach del film del 2008 Il cosmo sul comò, diretto per il
trio da Marcello Cesena, aggiungendo un punto di vista nuovo. Odio l’estate era
un film corale in cui il trio comico diventava solo una parte di un cast più
esteso, ricco di comprimari di lusso, cameo di cantanti famosi e molti giovani
attori, seguendo una formula narrativa vicina alla commedia francese sulla
“famiglia allargata”, ben raccontata dalle opere di registi come Guillaume
Canet nel suo Piccole bugie tra amici, Eric Toledano e Olivier Nakache in
C’est la vie, Philippe de Chauveron in Non spostate le mie figlie. Film generazionali
in cui il trio interpretava il ruolo di capofamiglia di tre distinti nuclei
familiari, alla ricerca di possibili o impossibili situazioni di convivenza
forzata, come la circostanza di dover dividere per le vacanze uno stesso
complesso residenziale a causa di un disguido burocratico.
Questa formula è riuscita bene a
integrarsi con la comicità del trio, trovando lo spazio di rievocare alcune
delle loro gag più famose ma anche allargando i rapporti interpersonali tra i
loro personaggi, proprio per il fatto di affiancargli una componente familiare
più articolata, variegata e “fracassona” che ogni tanto fungeva loro da coro
greco ma che spesso si muoveva in autonomia, giocava di contrappunto,
scompigliava le carte. Odio l’estate era gustoso e sulla scia di quel successo
Il grande giorno ne ripercorre una formula che non si discosta molto, dove alla
base non si parla più di vacanze “forzate” ma pur sempre di matrimoni
“forzati”. Oltre al trio ritornano nel cast in ruoli prettamente
“spirituali” Alessandro Citran e Francesco Brandi, quest’ultimo anche con il
ruolo di voce narrante ed è presente ancora un cameo “musicale”, che in
questo caso non riguarda Massimo Ranieri, ma Francesco Renga. La vicenda si
snoda “teatralmente” di nuovo in una unica grande location che presto diviene
un personaggio a se stante, persino con una sua “identità segreta”. Uno scenario “classico” da commedia francese in cui però deus ex machina
delle vicende è quasi il “fantasma” del celeberrimo personaggio gialappiano del
Vomitino di Giacomo Poretti, che si introduce “evocato” nella partitura
narrativa con una eleganza quasi mistica, da perfetto equilibrio cosmico, in un
film che parla di passato quanto di presente, di matrimoni quanto di funerali.
Nel 2022 Aldo Baglio riesce ancora a scatenarsi in esilaranti quanto atletiche
gag fisiche (reali quanto dalla trama “millantate”), mentre Giovanni e Giacomo
fanno tesoro della loro esperienza pluriennale nell’interpretare “i vecchietti”
(specialità da sempre di Giacomo), ora che i loro personaggi “si sentono
anagraficamente vecchietti per davvero”, anche se lo fanno ovviamente un
po’ esagerando, alimentando a dismisura una malinconia per la quale si vedono
ormai come i vecchietti dei Muppets. In quanto vecchietti vengono “celebrati” in
un modo piuttosto esilarante in una scena/clou che riguarda un particolare
regalo di nozze dei dipendenti, con richiami per me sinistri quanto
vicini a un celebre sarcofago etrusco del VII sec. a.C. Siamo passati
dall’arte moderna del “Garpez” di Tre uomini e una gamba del 1997 all'arte funeraria del 2022 e in genere la chiave del film risiede in questo: nel
dubbio dei personaggi tra il sentirsi “ancora abbastanza giovani o troppo
vecchi” per vivere a pieno la vita e le proprie passioni, spesso nascondendosi
a se stessi per paura di non farcela. Questo porta a gag molto divertenti
ma pure a riflessioni profonde che in genere coinvolgono le controparti
femminili del trio, facendone al contempo figure buffe quanto tragiche. La
brava Elena Lietti interpreta una compagna giovane ed energica per
Giovanni, a tutti gli effetti un capo, ma che vive emotivamente nella
impossibile competizione con la ex moglie, con il marito che non riesce in
alcun modo a confortarla per il suo rivivere in continuazione il momento dell’abbandono
e “i bei tempi andati”. Antonella Attili più che la moglie interpreta la
crocerossina personale di Giacomo, intenta h24 a calmarlo e curarlo. Lucia
Mascino è una Margherita che per tutta la vita è rifuggita da una relazione
adulta e ora non è troppo convinta di aver scelto di conseguenza come compagno
di vita un bambinone come Aldo, anche se la relazione la rende felice. Troppo
adulti o ancora troppo bambini sono anche i figli, come l’Elio di Giovanni
Anzaldo che è costretto ad accogliere i clienti e fornitori del mobilificio al
suo matrimonio per questioni di pubblicità e la Caterina di Margherita Mannino,
che da sempre prova nei confronti di Elio una forte amicizia dovuta al fatto di
avere sempre vissuto insieme, ma non è poi troppo sicura se quello si chiami
amore. Il Maitre di Pietro Ragusa e il resto della crew di camerieri e cuochi
cinicamente scommettono un po’ come gli avvoltoi sull’esito positivo o
fallimento del matrimonio. C’è chi dice che non arriveranno alla seconda
portata del banchetto insieme, ma il Maitre punta forte sulla celebrazione
“forzata”, in un ragionamento che evoca Nietzsche quanto Conrad, paragonando il
matrimonio al fascino oscuro quanto irresistibile che suscita l’abisso, nel suo
modo imporsi sulla vita e sulla morte. È in questo frangente che il nuovo film
di Venier intercetta tematiche vicine al Casomai di Alessandro d’Alatri e
fa riflettere, per mezzo del personaggio/narratore di Francesco Brandi, sul
bisogno e paura di costruire oggi una famiglia, portando alla commedia una nota
agrodolce ma che non stona e la rende anzi più interessante, in linea con quel
senso di malinconia che era già presente nei primi film di Venier con il
trio.
Il grande giorno dopo Odio l’Estate è una piacevolissima conferma del nuovo modo di fare film di Aldo Giovanni e Giacomo. Film sempre divertenti e carichi di gag esilaranti che parlano di amore e amicizia, ma dall’animo più corale, con una costruzione narrativa più vicina alle commedie francesi e con più voci generazionali al loro interno. Un film in cui si può nominare “Vomitino” un po’ con affetto e un po’ con timore, per ridere e anche un po’ per commuoversi.
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