Premessa doverosa dedicata al pubblico
più adulto: negli anni ‘80 oltre alla scuola esistevano per “parlare ai
ragazzi” le trasmissioni del pomeriggio dedicate ai più piccoli che ogni
giorno, dalle 16 alle 18 circa (ma non solo), trasmettevano cartoni animati
e offrivano un intrattenimento leggero, a volte didattico. Erano i tempi in
cui, nel picco massimo di questa cultura televisiva, la trasmissione di Rai 1
Solletico, condotta da Fabrizio Frizzi, coproduceva insieme alla associazione
in difesa degli animali WWF, la versione in italiano di Nausicaa della
Valle del Vento di Hayao Miyazaki, un film sulla società e sull’ecologia
particolarmente vicino alla sensibilità di un pubblico di giovani spettatori,
cui seguiva in studio un dibattito di approfondimento che coinvolgeva tanto
giovanissimi che esperti. Sul lato “Fininvest”, Alessandra Valeri Manera era la
mente dietro a quel Bim Bum Bam che aveva tra i vari cartoni animati un angolo
della posta importante, in cui i ragazzini scrivevano a dei giovani conduttori,
educati a comportarsi con loro come fratelli maggiori, di piccoli e grandi
problemi. Era un momento prezioso di supporto e confronto, gestito con
leggerezza e simpatia e che metteva i ragazzini al centro dell'attenzione, per
una volta prima dei messaggi promozionali. La tv parlava ai ragazzi, almeno
nella fascia dalle 16 alle 18, facendogli compagnia mentre facevano i compiti
di scuola. Poi fu il diluvio, poi il nulla. La tv per ragazzi di Mediaset
divenne sempre più interessata alla pubblicità, Alessandra Valeri Manera
abdicò e il suo lavoro a favore dei più giovani spettatori scomparve in breve.
Solletico scomparì di conseguenza, avendo “perso di senso” la battaglia
con il Biscione. Si diede più spazio (pur lodevolmente) a una televisione per
un pubblico di bambini molto più piccoli, con prodotti come la Melevisione e
per tutelare maggiormente questo “pubblico più piccolo” arrivò una massiccia
censura su tutti i cartoni animati non dedicati a un pubblico strettamente di
cinque anni (specie la terza stagione di Lupin III che fu resa del tutto
incomprensibile dai tagli): sostanzialmente dei ragazzi in età adolescenziale
non si curò più nessuno. Si parlò del fatto che erano cambiati i tempi, che
alle 16 del pomeriggio ora i bambini erano al doposcuola o a judo, che le madri
ora lavoravano e non facevano più le casalinghe e alle 16 o il bambino era al
doposcuola o si doveva pagare una tata o (al peggio) doveva esserci una tv
“omogeneizzata per l’infanzia”. Nessuno si curò nel mondo dell’intrattenimento
dei ragazzini, almeno fino a che arrivò nel 2000 qualcosina agli albori di
internet e in tv si cercò la via controversa del “telegiornale per
ragazzi/adulti” Lucignolo. Intorno al 2010 YouTube iniziò a sfornare un nuovo
tipo di intrattenitori per bambini/ragazzi: gli influencer. Influencer che
nella maggior parte dei casi erano ragazzini che si rivolgevano come pubblico
ad altri ragazzini coetanei spesso improvvisando, parlando con loro un medesimo
“linguaggio” che con il tempo sarebbe stato per gli adulti sempre più criptico,
autoreferenziale e incomprensibile. Perché fuor di metafora, non me ne
voglia il metodo Montessori, pure i genitori più volenterosi non riescono oggi
a guardare certi youtuber per ore pur di comprendere cosa piace al proprio bambino:
manca il tempo e la forza. Ed ecco quindi che il cinema nel 2022 ci viene
incontro in modo insperato e prodigioso, con una “riduzione a 80 minuti” del
succo di migliaia di ore di uno “spettacolo unico” che passa dal tutorial per il
trucco e ai giochi proibiti con la tavola OuiJa, dalle feste di
compleanno con sfide a suon di palloncini da scoppiare a improbabilissimi
momenti da pseudo fotoromanzi moderni con al centro bambini e bambine ben
pettinati che cantano in autotune per poi scambiarsi momenti di tenerezza. In
un solo film tutto l’influencer-pensiero di una numero uno come Charlotte M che
da anni intrattiene con successo, nei vari modi sopra descritti, distinti in
separate tipologie di video, un vasto pubblico di minori. Questo film
rappresenta un distillato purissimo dell’esperienza che i ragazzini fanno ogni
giorno su YouTube, viene “recitato” in prima persona dalla stessa influencer e
da alcuni giovani attori e offre la sintesi/manifesto esistenziale il succo del
pluriennale impegno della “Charlotte youtuber”: avendo per base un libro da lei
stessa scritto, che in genere viene autografato al fan durante gli
imprescindibili incontri che lei tiene con il pubblico. Eccoci quindi a questo
Flamingo Party, che dobbiamo imparare a guardare con gli occhi giusti e nel
contesto giusto, comprendendo e non giudicando, consapevoli che, se le nuove
generazioni passano ore e ore a intrattenersi in questo modo e in questo
“mondo” davanti a un pc, potrebbero magari oggi volerlo fare in una sala
cinematografica, di fatto adibendola a uno spettacolo “diverso dal solito”. Uno
spettacolo frutto della indubbia capacità dell’influencer come
intrattenitrice, quanto della colpa di noi adulti nel non riuscire a
condividere con i giovani le loro passioni o ispirarli a passioni diverse.
Quindi viva Charlotte M e viva questo Flamingo Party, che per componenti
narrative e recitative appare invero più simile a un video di YouTube che a un
film vero e proprio, e che pertanto considereremo alla stregua di un
“docu-film”, come quelli su Totti. Un “docu-film” dall’animo leggero che
descrive la quotidianità dei giovani secondo il linguaggio dei social, che è comunque un indispensabile strumento didattico per comprendere i
più giovani e per “migliorarci come adulti”: per farci magari sopportare
maggiormente da loro e forse farci ragionare sulla eventualità, non troppo
impossibile, di passare più tempo insieme a loro, magari con l’aiuto di qualche
Gormita.
Andiamo al succo.
In questo film Charlotte affronta il primo anno del liceo, sviluppa una particolare coscienza sulla necessità della preservazione della fauna, organizza un grande evento di beneficenza, scopre le difficoltà e gioie di una relazione con l’altro sesso e come questa può complicarsi in ragione di relazioni pre-esistenti e impegni lavorativi che giocoforza ne possono ridurre il tempo condiviso. Tutto questo accade in un mondo in cui i social sono pesantemente presenti. Prendete appunti sul modo in cui la nostra eroina vive queste situazioni, per sviluppare le strategie genitoriali più adeguate e aperte all’ascolto .
Sinossi: Carlotta per il suo compleanno
invita la sua amica del cuore Sofy nella casa dei nonni dove al centro del
giardino c’è un Noce maledetto… no scusate, ho confuso influencer (ma temo
che pure questo prima o poi me lo troverò in sala…). Nei pressi della casa dei
nonni di Carlotta c’è un laghetto con i fenicotteri, che lei ama alla follia ma
che non potranno più stare a lungo in quel posto a meno che non si trovino dei
soldi per supportare un'associazione ambientalista. Carlotta subito dopo
questa gita viene casualmente insignita dalla mitica Giulia, la studentessa
dell’ultimo anno più in vista, come suo successore al ruolo di social media
manager del prestigioso liceo Volta. È la prima volta che una “primina” come
Carlotta ricopre questo incarico e lei lo ha ottenuto proprio per via di una
foto che Carlotta ha postato che la ritrae insieme a Sofy e ai fenicotteri. Da
qui l’idea del secolo per cogliere questo segno del destino: realizzare una
festa per raccogliere i soldi per salvare i fenicotteri facendo buon uso del
suo nuovo “super potere” di media manager, coinvolgendo tutto l’istituto
Volta. Occorrerà trovare un dj, un luogo dove fare la festa, un luogo per
organizzare scenografie e gadget, comprare spuntini e bibite e dei vestiti
bellissimi per lei e Sofy da mettere in quella circostanza. Un piano ambizioso
ma che sembra subito ingranare, con il dj più amato della scuola che si
dimostra disponibile dopo le prime titubanze grazie a una estemporanea “sfida
auto-tune” e la preside che subito supporta l’evento. Tuttavia sul “flamingo
party” incombe l’antipatia per Carlotta di Sabrina, la arcigna star di atletica
dell’istituto che avrebbe voluto essere lei la nuova media manager e farà di
tutto per contrastare l’evento dei fenicotteri, dalla creazione di un canale
social “hater” alla progettazione di una festa alternativa che dovrà tenersi lo
stesso giorno del Flamingo Party. Presa da tante preoccupazioni e da un amore
appena sbocciato, Carlotta inizia a diventare troppo rigida e scostante con chi
la circonda. Riusciranno i fenicotteri a restare nel laghetto?
Punti di interesse per uno spettatore
adulto/genitore: in Flamingo Party va in scena tutta la gioiosa confusione del
passaggio dall’infanzia all’adolescenza di Carlotta (o se preferite
Charlotte), in una specie di Mean Girl/Mondo di Patty 2.0 aggiornato molto
pesantemente all’era social. Ogni azione e sentimento per “esistere” in questo
“mondo estremizzato” devono essere documentati su Instagram/Facebook/altro e le
qualità di una persona vengono brutalmente misurate dal numero di followers al
suo seguito e mooolto più raramente (ma nel film capita) dalla originalità dei
contenuti che propone. La condivisione mediatica spinta annienta ogni confine
tra pubblico e privato, dando vita a due tipologie di persone ben distinte. I
“content creators/influencer/youtubers”, che diventano protagonisti assoluti
sul palcoscenico della scuola e della vita, quelli che “fanno cose” in
contrapposizione ai “followers”, che vivono di luce riflessa dei primi, lasciano
come traccia di sé qualche buffo commento nei social e al più costituiscono un
pubblico quasi muto e privo di autonoma volontà (però sorridente). L’amica di
Charlotte, “super follower” di Sofy, ci tiene moltissimo al fatto che sui
social l’amica pubblichi delle foto che la ritraggono insieme a lei e ai
fenicotteri. Anche se questo apparentemente nel mondo reale non ha alcun
senso nei termini della loro amicizia personale, che è molto profonda e
cementata da anni di frequentazione, la pubblicazione nel film diventa qualcosa
di molto “importante”, il motore stesso della trama. Allo stesso modo, l’amico
follower del Dj vuole specularmente garantire a quest’ultimo che la sua fama
venga ben capitalizzata, ragione per la quale decide, senza che gli sia
richiesto, di comportarsi per lui come una specie di manager, permettendogli
solo di “frequentare gli eventi giusti” e impedendogli di fatto di esprimersi
creativamente e socialmente come meglio crede e dove si sente più ispirato per
non perdere followers. Questi comportamenti di Sofy e dell’amico del dj
sono un po’ estremi pur se magari vissuti da questi personaggi in assoluta
buona fede, in quanto danno vita a delle meccaniche relazionali decisamente non
troppo funzionali per una amicizia come la intenderemmo noi adulti “in modo
vintage”. Meccaniche che saranno “premiate o stigmatizzate” dalla trama, ma che
nel succo non appaiono troppo divergenti dalla relazione tossica “tradizionale”
che riguarda il personaggio/follower di Zerbi che si mette a totale
servizio della influencer Sabrina, compiendo di fatto atti di sabotaggio alla
“fama altrui”, per garantirle un successo dal quale lui non trarrà alcun
vantaggio nemmeno sul piano della sola riconoscenza. A Zerbi basta adorare
Sabrina. Se tutto questo di base appare parecchio sconfortante, nella
pellicola i follower “di rango ancora più basso” degli “amici
elettivi/scudieri” sono creature non dissimili a zombie che non fanno che
spostarsi in branco da una situazione all’altra, sotto le spinte spesso
puramente emotive e umorali degli influencer. Ma torniamo proprio ai content
creators, perché è qui che questa febbre da social “fa il giro”. I
sentimenti/aspirazioni/passioni dei followers semplicemente non esistono e non
fregano ai creators, se non come puro riflesso di una loro immagine di
grandezza. Pertanto la comunicazione con loro può essere solo di facciata. Non
c’è un singolo momento in cui nella pellicola si parli dell’importanza di
salvare i fenicotteri spiegando perché sono a rischio, come possono essere
salvati e quale sia la funzione della associazione che si cura di loro o come
potrebbe la scuola attivamente fare parte del progetto. Charlotte vuole salvare
i fenicotteri dietro la casa dei nonni e questo basta per muovere una
rivoluzione. L’importante ai fini della trama rimane ingenuamente
realizzare una campagna pubblicitaria con immagini di fenicotteri con foto in
alta e non in bassa definizione e poi si finisce per porre al centro della
festa “a favore dei fenicotteri” i problemi personali tra Sofy e Charlotte,
Sabrina e il dj, imponendoli a tutti gli zombie-partecipanti senza alcuna
priorità di scopo (senza cioè distinguere tra quella che “dovrebbe essere” una
circostanza pubblica e quella che “dovrebbe essere” una circostanza privata),
che tanto i followers seguiranno sempre e comunque qualsiasi cosa gli
influencer facciano. Questa grandiosità di seguito fa credere ai creators
che tutto ciò che fanno o pensano sia “vitale, alla loro portata, sincero
e importante”, facendo sviluppare in loro di riflesso un malcelato fastidio nei
confronti di chi “oltre a sapersi vendere” qualcosa la sa fare (o almeno ci
prova) come eccellere nello studio/lavoro o nello sport. Un esempio pratico di
ciò avviene quando Charlotte prova per un istante a impegnarsi nella
realizzazione della festa, decidendo a fine giornata di dedicare del tempo
extra alla costruzione di una scenografia, dichiarando al resto del gruppo “io
rimango qui ancora un po’ a lavorare”. Subito dopo interviene il dj, quel
personaggio che crede a 14 che “non ci vuole nulla a studiare ingegneria
aerospaziale” e si dichiara secchione anche se lo vediamo per lo più in moto, a
cantare con l’autotune e mai con in mano un libro. Il dj dice: “Per oggi
basta così, abbiamo lavorato abbastanza, ci vediamo dopo”. Tempo un’ora scarsa
e dopo più messaggi del tenore “Ma dove sei finita? Non dobbiamo uscire insieme
dopo i lavori per la festa?”, la relazione tra il dj e Carlotta è già al
capolinea, con Sofy “voce della coscienza/coro greco interiore/scudiero” che le
dice: “Sei troppo cambiata Carlotta! Dedichi tutto il tuo tempo solo al lavoro
e non agli altri! Cosa ti è successo??”. Allo stesso modo la rivalità tra
Carlotta e Sabrina si palesa perché quest’ultima eccelle nello sport e decide
di organizzare una festa per celebrare una possibile medaglia per una gara che
si tiene nello stesso giorno della festa per i fenicotteri di Carlotta. La cosa
che rimane sottotraccia “con fastidio” è che non ci sarebbe alcuna festa per la
medaglia senza una medaglia, con Sabrina che di fatto si impegna nella corsa
dei cento metri di atletica per vincerla. La circostanza che Sabrina vinca e ci
sarà una festa è liquidata con un: “Ma tanto quella vince sempre, che volete
che sia per lei vincere sempre??! Quella è perfetta, meglio le persone
originali che quelle perfette! Ma quanto se la tira quella a vincere sempre??!”.
Certo la trama ci tiene più volte a sottolineare come Sabrina sia una ragazza
che vive di rancore e manipolazioni (volte anche a chiedere
legittimamente sui social il motivo di una festa sui fenicotteri, ma
tant’è…), ma qui il risultato sportivo per il liceo, che può dare un senso alla
celebrazione di una festa, ha un senso logico, un senso che non è stato
altrettanto chiaramente esposto da Carlotta nel proporre la sua festa sui
fenicotteri all’istituto. Dietro a questa “paura della perfezione” si nascondono
timori e insicurezze (oltre al “fantasma” della cugina di successo Matilde che perseguita dal primo all’ultimo minuto Carlotta) che
potrebbero avvicinare emotivamente Carlotta a Sabrina, ma la pellicola non
vuole o non può vedere ancora quel “passo”, perché possono essere ragionamenti
che realisticamente un'adolescente magari non ha ancora maturato fino in
fondo. Pertanto si procede a passetti, errori e timori, alimentanti dall’età ma
anche da questa invasiva visione social del mondo che “tutto travolge”.
Può essere che avremo sviluppi su questi
temi in una pellicola successiva, con Carlotta che raggiungerà un'età più
matura che la porterà a una consapevolezza diversa, ma per ora questo mondo
degli adolescenti ci appare un perfetto scenario da film horror. Un horror dove
l’ossessione per i social fa davvero tanto male alle relazioni umane.
Ricapitolando: il film va guardato come
un docu-film, meglio se insieme a un'adolescente fan di Carlotta,
cercando di accedere senza pregiudizi a un mondo che si camuffa un po’ tra
“guerre tra feste”, dichiarazioni di amicizia eterna scritte a mano e sfide
sonore nel segno dell’autotune, ma che rivela anche molti aspetti di vita
reali, qualcuno anche sinistro. Aspetti sui quali da adulti poi parlare
insieme con i ragazzi, per trovare insieme un senso a questi argomenti con
animo aperto, ascoltando e comprendendo, magari “tranquillizzando” ma non
giudicando. I ragazzini più piccoli oggi potrebbero avere un rapporto con i
social che li pone davvero davanti a situazione scolastiche e di vita simili,
magari non così estreme ma comunque vicine a quelle trattate da questa
pellicola. Circostanze che li possono porre in zone confuse o scomode come
quelle che vive Carlotta, che comunque riesce alla fine a barcamenarsi cercando
un suo equilibrio, magari iniziando a vivere il suo rapporto con i social in
modo più “diluito”, realizzando contenuti multimediali più corti” e scegliendo
al contempo di dedicare maggiore attenzione a chi ha intorno e alla propria
famiglia . Almeno fino al nuovo film, in cui magari la nostra protagonista
potrà riuscire a comprendere anche il mondo di Sabrina o prenderà una strada
del tutto diversa, diventando come Paola Marella.
Flamingo party è un docu-film sull’adolescenza, con al centro influencer adolescenti che provano teneramente a recitare, ma alla fine finiscono per replicare quanto fanno su YouTube. Può essere per un adulto un docu-film un po’ spiazzante, costruito come è su dei registri narrativi tanto più vicini ai gruppi social che alle regole comuni del cinema. Per il pubblico di riferimento, ossia i fan di Carlotta, recitazione e qualità della storia in questo specifico caso sono aspetti del tutto soggettivi, in quanto il film è legato a tripla mandata agli show social della influencer che qui vengono ripercorsi in ogni loro aspetto estetico e comunicativo da una trama e personaggi che non fanno nulla per stravolgerne la formula. Risulta quindi propedeutico per i non addetti ai lavori almeno vedere qualche video social di Carlotta, giusto per avere una idea preliminare di quanto si affronterà in sala, con la consapevolezza che il film è rivolto ad un target molto specifico che è già affezionato e apprezza lo stile della influencer. Flamingo Party punta a trasformare lo show di Carlotta in uno spettacolo non dissimile da una puntata di Il mondo di Patty, ma alla fine risulta una visione più vicina a una puntata del Ferragnez, non che la cosa per forza rappresenti un bene o un male. È che la recitazione e la drammaturgia sono davvero in un campionato diverso rispetto a un film tradizionale, laddove il modo di questi influencer di rivolgersi al pubblico ricorda proprio quello stile da tv per i ragazzi anni ‘80 di Bim Bum Bam, Kiss me Licia e in parte della Melevisione che, ingiustamente espulso dalla tv generalista, quasi qui ritorna, rigurgita e reclama un suo posto e podio nel mondo della comunicazione di massa, sebbene mancante di guide spirituali come Alessandra Valeri Manera. Diciamo che se un film tradizionale è simile a un ascensore, questo è più simile a un frigorifero: sono prodotti decisamente “diversi”. Può essere che nel futuro le sale saranno piene di film realizzati da influencer, con centinaia di critici cinematografici “classici” che decideranno per protesta di darsi fuoco davanti a Cinecittà, ma restiamo sul prodotto e i suoi meriti. Il prodotto è esteticamente ben confezionato, con una fotografia colorata, scenografie calde, musiche simpatiche e un comparto tecnico di buon livello, un ritmo narrativo non sconvolgente ma accettabile e rimane per peculiarità intrinseche un prodotto destinato ai soli fan. Tuttavia per chi non è fan Flamingo Party apparirà per più aspetti magari straniante, ma può rappresentare una esperienza che ben metabolizzata insieme a dei giovanissimi può portare anche ad alcune riflessioni interessanti. Gli influencer stanno per conquistare il cinema e come direbbe la la magnanima mente-alveare di un cubo Borg di Star Trek: “la resistenza è inutile”.
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