giovedì 31 marzo 2022

Red (Turning Red): la nostra recensione del nuovo film Disney Pixar

 


La piccola “Mei mei” vive nel 2002 in una Toronto ipercolorata alla Scott Pilgrim ed è l’orgoglio e la gioia di mamma Ming. È bravissima nello studio, suona uno strumento a fiato come Lisa Simpson, è giudiziosa e appena finisce la scuola corre a casa, impugna uno scopettone e insieme alla madre tira a lucido il tempio degli antenati che gestisce la sua famiglia, in attesa che vengano i visitatori. Poi Mei Mei si mette addosso un costume che rappresenta uno degli spiriti protettivi del tempio, il “panda rosso”, aiuta nella vendita dei gadget, fa i compiti, a letto presto e poi si ricomincia, giorno dopo giorno. È tutto bellissimo fino a che il colore “rosso” non irrompe di prepotenza nella sua vita, una mattina, sotto la doccia (più o meno come accadeva a Sissy Spacek in un celebre film di Brian De Palma). Per Jim, il suo papà, il rosso è il colore della fortuna, ma per Mei Mei le cose sono molto più complicate, anche perché “ormai ha 13 anni” e il rosso sembra quasi travolgerla. Mei Mei arrossisce per le sue prime cotte adolescenziali direzionate al ragazzo che sta in cassa al minimarket. Diventa rossa di imbarazzo quando una madre troppo assillante e preoccupata la insegue per la scuola con un pacchetto di assorbenti, preoccupata che la figlia se li sia dimenticati a casa. È rossa di rabbia, come “il rabbia” di Inside Out, quando il bulletto della scuola la deride perché femmina. Come se tutto questo non bastasse, quando Mei Mei diventa rossa ora, da quella mattina, si attiva pure una specie di maledizione familiare, che la trasforma in un enorme e peluchoso panda rosso. Se questa circostanza scatena il panico in famiglia, con la mamma, la nonna e tutte le zie che si prodigano per imbastire una sorta di rito purificatore, Mei Mei, da prima preoccupatissima di fare danni, si sente sempre più a suo agio nei panni del panda rosso, che anche grazie alle sue amiche riesce sempre più a contenere e controllare. Una capacità di controllo che nonostante tutto non viene accettata dalla madre. Il giorno del rito si avvicina, ma Mei Mei pensa di rimandare l’evento perché da adolescente libera e capace di sé ha tutto il diritto di andare con le sue amiche all’evento che lei giudica come “il più importante della sua adolescenza e della sua vita”: il concerto della boyband 4Town.

Dove forse potrà baciare il cantante che sa parlare in francese. 

 


La regista e sceneggiatrice Domee Shi esordiva in Pixar nel 2018 con Bao, un corto animato che dopo una presentazione al Tribeca Film Festival veniva allegato all’uscita cinematografica de Gli Incredibili 2. Era la storia di un “baozi”, un panino al vapore che dopo essere “nato” da un impasto di farina e dalle amorevoli mani di una signora sul tavolo da cucina, cresceva come un bambino vero e poi un adulto. Diventando a tutti gli effetti per la donna “un figlio”. Un figlio che però dolorosamente, con l’approssimarsi dell’età adulta, bisognava “lasciare andare, a cercare di costruire una sua famiglia. Una metafora “culinaria” del bellissimo e difficile legame tra genitori e figli che in pochi minuti toccava il cuore e ci parlava anche di tradizioni, con uno stile visivo che per la caratterizzazione dei personaggi strizzava quasi l’occhio alle opere di Naoki Urasawa. Bao era davvero molto carino e come il cortometraggio La Luna, del 2011, era stato il biglietto di presentazione per il “nostro” Enrico Casarona per realizzare il film Luca, Bao, con affinità di tematiche e stile “ci porta a Red”, arrivando in sala come primo lungometraggio per Domee Shi, per la supervisione del guru Pete Docter. Red è  il primo film Pixar diretto da una donna e il primo film Pixar con una “voce narrante”, che ci racconta la storia dal punto di vista di una ragazzina tredicenne del 2002. Domee Shi, secondo quanto raccontato nelle interviste, non deve essere stata troppo diversa da Mei Mei, anche se da ragazza non aveva magari il pallino delle Boyband. Piccola parentesi sonora: i 4Town, il gruppo di cui è fan Mei Mei, mi dicono (voce della nostra esperta BGis) avere sonorità alla One Direction più che alla Backstreet Boys (errore classico fatto da chi come me dopo due note trova tutti i pezzi uguali a “Backstreet Back all right”…). Come Mei Mei, anche Domee Shi da piccola amava disegnare, amava i manga (la regista è una mega fan di Rumiko Takahashi e Red ricorda un po’ le “trasformazioni” di  Ranma 1/2), viveva un rapporto un po’ “rigido” con la figura materna e la tradizione. 



Red, che in originale ha per titolo Turning Red, ossia l’espressione “diventare rosso”, si presenta di conseguenza come un film molto intimo, sostanzialmente un articolato coming age sul rapporto tra madre e figlia, ma felicemente alternato a momenti più “action” e stralunati, vicini al mondo degli anime e qualche volta pure dalle parti dei Kaiju Movie e dei telefilm alla Power Rangers. Come Coco e come Luca, anche Red porta la Pixar in territori nuovi, ampliando orizzonti geografici e tematiche. In un modo anche coraggioso, ma che non abbandona mai l’altissimo valore produttivo di queste opere. L’aspetto visivo di Red è stupefacente e porta a nuovo standard l’animazione al computer. Il Panda Rosso è un pelouche gigantesco e così soffice da alzare, dopo Sully di Monster’s & Co, l'asticella per quanto riguarda la generazione digitale del pelo. La “succulenza” dei piatti da cucina, tra vapori e trasparenza di “cottura”, porterà gli amanti dei tradizionali piatti orientali ad avere l’acquolina in bocca. Sullo stile grafico dei personaggio, mi sento di parlare di una felice contaminazione tra tratto occidentale e orientale. Se molti anni fa Osamu Tezuka guardando il Bambi di Disney riscriveva le regole dei fumetti giapponesi, creando anche Kimba il leone bianco, oggi Disney - Pixar si fonde per grafica e contenuto con uno stile da fumetto giapponese, in modo armonioso e spontaneo. La coloratissima città di Toronto può quindi a tutti gli effetti avere titolo per ospitare hamburger quanto mostri giganti, quando può essere usata per parlarci (con molta delicatezza e garbo) di tematiche relative all’integrazione culturale, raccontandoci del modo differente con cui l’arrivo all’età adulta viene ancora vissuto da un punto di vista occidentale o orientale (con un occhio alle cosiddette “seconde generazioni”). Tradizione e modernità, occidente ed Oriente, (pur accennati) problemi di ieri e oggi, questo aspetto della narrativa di Red risulta molto affascinante quanto sfaccettato, quanto oggi sempre più attuale, in un periodo in cui si sta creando un sempre più stimolante clima di scambi multi-culturali. Red è un film colorato, gioioso, giocoso, qualche volta “Kawaii”’, adatto a chi sta per compiere 13 anni o si sente un eterno tredicenne. Un film che “da 13enne“ ci parla del suo amore per la musica, per i fumetti, per le giornate con gli amici e per i “battibecchi formativi” che si finiscono per fare con i genitori. Capendo in fondo che una volta anche i genitori sono stati pure loro 13enni. Chi non si sente tredicenne o non si è mai sentito tredicenne potrebbe apprezzarlo meno, ma qui sul blog siamo tutti tredicenni e magari sogniamo pure di trasformarci in un enorme panda se ci scaldiamo troppo. Don’t worry be Panda.  Non vediamo l’ora di vedere i nuovi lavori della regista. 

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