È ancora la notte di Halloween del 2018,
siamo ancora nella cittadina di Haddonfield, New Jersey, contea di Camden. Sono
passati letteralmente solo due minuti dall’epilogo del precedente capitolo
della saga, saga “resuscitata” dal regista David Gordon Green e dai ragazzacci
della cerchia di Seth Rogen e James Franco. Vendetta è fatta! Dopo i
fatti di sangue indicibili di quell’Halloween del 1978 e dopo anni e anni di
preparazione “militare”, il piano definitivo per eliminare “l’ombra della
strega” si è compiuto. La casa brucia e le tre agguerritissime “final
girls” della famiglia Strode hanno vinto contro il terribile Michael Mayers
(James Jude Courtney), lasciandolo intrappolato nella gabbia metallica
allestita nel seminterrato in cui alla fine è caduto, dove il mostro è
destinato a finire in cenere. Laurie (Jamie Lee Curtis) è ferita
gravemente, ma insieme alla figlia Karen (Judy Greer) e alla nipote Allyson (Andi Matichak) si trova già su un’ambulanza, diretta verso l’ospedale
locale, mentre da lontano si sente l’inconfondibile suono di una sirena. È la
sirena dei vigili del fuoco ed è diretta verso la casa-trappola. Laurie urla
disperata, perché qualcuno potrebbe “inavvertitamente” salvare Michael e far
ripartire l’incubo. Ma la nostra eroina non può fare niente e sviene, perde i
sensi e presto si trova nella sala operatoria con le budella di fuori, mentre
Michael riemerge dalle fiamme e inizia a fare a pezzi prima i vigili del fuoco
e poi, con metodico incedere, quasi tutta la popolazione locale. Michael è
“ovunque”, le notizie sui suoi avvistamenti rimbalzano e tutta la
cittadinanza, specie chi già nel 1978 era stato “vittima collaterale” (i pochi
sopravvissuti) della sua violenza, lo cerca per fargliela pagare. È il caos più
assoluto. C’è chi prova ad affrontarlo impreparato e rimane goffamente ucciso.
C’è chi prova a combatterlo seriamente, crivellandolo di colpi e bastonate, ma
ugualmente senza esito, vedendoselo sempre rialzare. Michael sembra immortale,
uccide e scompare, fino a che a certo punto è tutta Haddonfield a dargli la
caccia, furiosa, per le strade principali, tra gente che viene schiacciata
dalla folla, forze dell’ordine ridotte all’impotenza e una lista di vittime e
danni alla città in costante incremento. Quando finirà la mattanza?
Siamo al secondo film del rilancio
targato Blumhouse della seria carpenteriana Halloween, ad opera di David
Gordon Green, con già in produzione e previsto per la notte di Halloween
del 2022 il capitolo finale, per ora con il titolo provvisorio di Halloween
ends. Nonostante i molti seguiti, soft reboot (Halloween 20 e seguito) e
reboot (Halloween di Rob Zombie e seguito) a cui è andata incontro negli anni
la saga creata da John Carpenter, i film di David Gordon Green, considerano
come unico predecessore narrativo solo il primo film, quello del
1978 (secondo la nuova moda/prospettiva dei “re-quel” esposta anche
nell’ultimo Scream). Il passaggio-chiave del secondo capitolo della “saga
classica”, la rivelazione che il mostro Michael è il fratello della final girl
Laurie, non c’è più, ma in Halloween Kills il capostipite viene più volte
non solo citato, ma anche “integrato” nella trama attraverso dei flashback
realizzati ex novo. Come conseguenza di questa soluzione narrativa è
un’emozione rivedere in nuove scene il dottor Loomis, interpretato dallo
scomparso e mai dimenticato Donald Pleasence. Il nemico mortale di Michael,
seppur in digitale, “riprendere vita” e con lui tutti i vecchi interpreti, in
uno straordinario lavoro di cesello e ampliamento narrativo dei fatti di quella
“notte del 1978”, con in più alcuni degli attori coinvolti nella pellicola
originale che tornano, seppur invecchiati, protagonisti degli eventi di questa
“notte del 2018”. Halloween si fa quindi ancora più saga corale, quasi dalle
parti di alcuni romanzi gotico-rurali di Stephen King. Il regista David
Gordon Green aveva già dimostrato con il bellissimo Joe la sua capacità di
gestire “piccoli mondi kinghiani di provincia” e qui è ancora più bravo, dando
voce a un gran numero di personaggi, ognuno con il suo giusto spazio e
il giusto arco narrativo. Il trio delle protagoniste della precedente pellicola
“sta un po’ in panchina”, in attesa di scatenarsi immaginiamo nel prossimo
film. Se questo aspetto magari farà storcere il naso ai milioni di fan di Jamie
Lee, questi si potranno consolare con lo spettacolo dell’intera cittadina
di Haddonfield che imbraccia forconi, fucili e motoseghe e muove guerra
unita contro il mostro. Un mostro che più il tempo e la mattanza proseguono più diventa però sempre più grosso, implacabile, inarrestabile. Ognuno vuole “la
sua vendetta”, ma nessuno ha davvero la preparazione mentale e militare delle
tre eroine del film precedente. Così c’è chi appena vede il sinistro Michael
inciampa e si spara da solo. C’è chi prova a usare i “mezzi giusti” ma finisce
ugualmente male nello scontro diretto. C’è chi si immobilizza dalla paura. C’è
chi inizia a inseguire per strada uno che “sembra Michael” e la cosa divertente
(ma resa intelligentemente tragica da Gordon Green) è che molti non sanno
nemmeno “come sia fatto Michael “e iniziano a cacciare col forcone il primo
tizio dall’aria losca che incrociano a caso. Poi, in un delirio sempre
più vertiginoso, si arriva all’epica. Con tutto il paesino di Haddonfied,
dai giovani ai vecchietti, che come un blob kamikaze incede in massa contro il
mostro a testa bassa, incurante delle vittime collaterali, accerchiandolo senza
dargli una via d’uscita e vomitandogli addosso tutto il piombo e furore del New
Jersey. Ma Michael sta fermo, cade e si rialza, va al contrattacco e inizia a
falciare chiunque, uno contro mille, spazzandoli per aria a mucchi di cinque
persone, come Sauron nel prologo del Signore degli Anelli.
Il “bodycount”, ossia la “serie di uccisioni”, che diviene quasi “componente narrativa” in uno slasher-movie (nella classica “ritualità nella morte delle vittime” tanto studiata in meta-film come Scream e Cabin in The Wood), è in Halloween Kills completamente “rotto”. Per chi ama questo aspetto “sanguigno” degli horrror (ma anche dei film di Rambo) la pellicola di David Gordon Green si dimostra davvero generosa, creativa, variamente grandguignolesca, imperdibile. Ma “c’è di più” oltre ai mari di emoglobina che intasano i tombini delle strade di Haddonfield di Halloween Kills, qualcosa di più “profondo e potente”. Negli slasher in genere è il mostro “a cacciare” le sue vittime, fino a che la “più pura”, la “final girl”, riesce a sconfiggerlo. Qui nel film di Green manca la “purezza della final girl”, con la conseguenza che le ex- vittime “che cercano di farsi carnefici” provano a rilanciare violenza con violenza, senza poter avere la stessa “testa” di un killer, soprattutto nella gestione di quella terribile rabbia (che è del killer, non loro) che le ha invase. È umano che agiscano di impulso, è umano che piangano mentre brandiscono un bastone, è umano che scivolino, si ostacolino a vicenda, si calpestino e si blocchino inorridite o facciano qualcosa di molto stupido, per poi tornare a piangersi addosso. Secondo quello che ci suggerisce uno snodo narrativo specifico, non si può vincere il male con la rabbia, se non riuscendo a contenere questa frenesia autodistruttiva. Il mostro si nutre di rabbia e non si può così distruggere, ma forse si può “sgonfiare”, scorgendo “l’uomo dietro la maschera del mostro”, delegittimandolo come catalizzatore di rabbia. Avendo pietà di lui. È una suggestione interessante, che ci rimanda al tema della necessità di una “società più empatica” e gioca un po’ sullo stesso “campo da gioco” dello Stephen King di It quanto di Cose Preziose. È qualcosa che potrebbe avere senso anche nel modo di affrontare questi terribili giorni dove la guerra è alle nostre porte. David Gordon Green ci invita a guardare (come “gruppo” e non come “singoli”, perché è in questo che trova senso il passo in avanti corale della pellicola) oltre l’immagine che abbiamo del mostro, per sconfiggerlo con l’unica arma di cui lui non potrà mai disporre: la pietà. Una pietà che deriva dal vedere il mostro come parte lui stesso della società, da portare davanti alla legge per i suoi crimini e non da ammazzare in strada come un cane. In alternativa (e nella pellicola sembra abbastanza chiaro), il mostro diventa quasi un dio alimentato dalla paura che scaturisce anche solo dal nominarlo. Ma ci vuole tanta fatica a scorgere il volto umano dietro al mostro e la scena più emblematica (e bella) arriva quando Michael si trova senza maschera e la folla si ferma e aspetta che la reindossi di nuovo, prima di continuare a colpirlo e sparargli. È una scena molto strana, c’è quasi una pietosa ipocrisia nel concedere al mostro di rimpossessarsi del suo “feticcio”, quando invece risulta più comodo e pratico “colpire la maschera”, per non preoccuparsi dell’uomo che ci sta sotto.
Halloween Kills mi è piaciuto, l’ho
trovato un film divertente, movimentato e stra-pieno di azione e sangue finto.
Le intuizioni narrative lo trasformano quasi in un originale disaster-movie ed
è una via decisamente nuova, inconsueta per uno slasher. Il cast è molto vario
e molto stimolanti e differenti le “situazioni horror” che vengono a crearsi,
spesso scaturite da un modo intelligente di rileggere il materiale già
presente in tutta la saga filmica di Halloween (dai registri narrativi più
seriosi a quelli più ironici, quasi in modo antologico). Il fatto di non avere
un personaggio “principale” nella vicenda l’ho trovato un approccio
interessante, funzionale al capitolo intermedio di questa saga, ma il mio è in
questo un giudizio personale.
Qualcuno non ha gradito i
ri-maneggiamenti e integrazioni con il film di Carpenter del '78 e la lesa
maestà per i fan duri e puri ci può stare. Anche perché Gordon Green va più
dalle parti di King che di Carpenter e questo può piacere come non
piacere.
Chi non ha gradito il film precedente,
in genere non ha apprezzato neanche questo e già immagino non gli piacerà il
prossimo.
Io mi sento con la carica giusta per attendere l’epilogo della vicenda nel 2022. Allora credo che avrò una visione più completa della vicenda e potrò apprezzare maggiormente la bontà l’insieme. Per ora la giostra mi ha abbastanza soddisfatto e soprattutto mi ha divertito un casino.
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