sabato 27 febbraio 2021

Dragonero il ribelle n. 16: Il volo delle viverne - la nostra recensione!



(Sinossi fatta male) Ce lo chiede l’Erondar: il futuro deve essere più green. Allora mettiamo da parte quei palloni aerostatici tecnocrati spaziosi ma sicuramente inquinanti e diamo il ben tornato ai mezzi di trasporto aereo a trazione animale più amati: le viverne! Guadagniamo una vita più all’aria aperta, favoriamo l’allevamento sostenibile a chilometro zero e con tutta la cacca di viverna che pioverà dall’alto dei cieli su terreni coltivabili potremmo, perché no, dare una spinta pure a un'agricoltura che possa tornare fieramente alle sementi biologiche. Canticchiando “dalle pietre sonore non nasce niente, ma dalla pupù di viverna nascono i fior”, adattando liberamente “Via del campo” di De Andrè, il nostro Ian decide così il nuovo ambizioso obiettivo per dare slancio alla ribellione, la svolta ecologista. Si immagina già milioni di posti di lavoro nel florido ed esaltante campo dell’inseminazione assistita e addestramento delle viverne da battaglia. Perché chiunque nell’Erondar, di nascosto, ambisce a estrarre secondo tradizione, a mano, da “megapolli volanti“, maschi e in cattività, il seme che sarà, sempre a mano, fatto fecondare nei pertugi più inenarrabili di una viverna femmina. Che nella pratica è un'attività avventurosa simile a riempire il serbatoio di una Freccia Tricolore mentre si attorciglia in volo acrobatico. Uno sporco lavoro ma che permette poi di avere le viverne addestrate che tutti sognano, con cavalcature confortevoli di tappeto naturale fatto di calde e accoglienti piume che manco la lana Merinos. Mettere in soffitta le vecchie, dure e poco ergonomiche cavalcature di sauro per una viverna è un investimento che dà solide certezze. 



Certo, dopo che nel numero 51 del fumetto gli elfi oscuri hanno buttato giù il mega-allevamento imperiale di viverne di Roccabruna, quello gestito dal cugino di Krang delle Tartarughe Ninja, bisogna cercare altrove i polli volanti, andare sul territorio, cercare i nidi. Così Ian, sua sorella e Gmor prendono spavaldamente la versione tecnocrate di un traghetto turistico del lago di Como e partono per la classica gita per anziani del sabato mattina presto, a fare bird-watching. La travolgente missione fa sentire Ian così vecchio, che già nelle prime pagine si ritrova di colpo con un calo della vista, che gli impone l’uso di un paio di  occhiali di fortuna. Allo stesso modo Gmor si trova con evidenti problemi di memoria a breve termine a non ricordare eventi di neanche un pomeriggio prima, che gli vengono prontamente riproposti in un flashback il cui contenuto dimentica prima della fine della narrazione. Prima che Myrna incominci ad accusare i primi segni dell’artrite, l’arzilla comitiva giunge a destinazione: un eco-parco tutto per le viverne, gestito, guarda tu il caso, proprio dal cugino di Krang delle Tartarughe Ninja, quello che non vedevamo da tanto tempo. Ma il vecchio amico avrà ancora voglia di maneggiare il seme di viverna tra le parti anatomicamente più intime di questi megapolli, come un funambolo appeso ad un aeroplano?



(Chi ha detto “Chocobo”?) C’è tutta una letteratura fantasy in tema di “allevamento di qualcosa”,  che sfiora I racconti di Terramare, Harry Potter, Shannara ed Eragon, passa per i giochi di ruolo alla Final Fantasy, incrocia Avatar e naturalmente insegna “Come allevare e accudire un drago”. La storia proposta da Luca Enoch per questo numero ci porta giusto dalle parti dei romanzi di Cressida Cowell, trasposti in sala da Dreamworks nella saga Dragontrainer, anche se gli animali fantastici in questo caso sono coperti da piume. Anche qui ci sono creature più grandi che fungono da guida del branco, c’è un nido gigantesco e possiamo godere di raffinate scene di comunicazione inter-specie e combattimento aereo frutto della collaborazione tra la creatura e chi la cavalca. Ma il racconto sa offrire un piano in più, ossia la prospettiva di guardare tutto il mondo di Dragonero dall’alto. Come quando nel classico gioco di ruolo giapponese si “sblocca” la possibilità di spostarsi velocemente tra luoghi lontani della world-map, spesso a cavallo di un drago. 



(La notte vola) Torniamo a un certo punto della narrazione alla fine del numero 51 e scopriamo “cosa è successo dopo” alla imponente viverna conosciuta come la Grande Madre. La vediamo in viaggio verso una nuova casa, sorvolare luoghi che abbiamo imparato a riconoscere negli anni di pubblicazione del fumetto. È molto bello e ci fa tornare alla memoria quella world map che capeggiava nel primo periodo della testata su ogni numero e che oggi ci manca un po’ di più. Intanto la trama della ribellione avanza, le pedine dello scacchiere si spostano e iniziano ad affiorare le strategie più nascoste, spie e rivelazioni che rendono il quadro ancora più affascinante. È un bel racconto, che si divide paritariamente tra azione e sviluppo dei personaggi, dando il giusto spazio a una figura complessa e sfaccettata come l’allenatore di viverne. Un racconto carico di infinite e magnifiche viverne, disegnate con dovizia di dettagli da uno straordinario Salvatore Porcaro che riesce a infondere in loro la stessa potenza, fierezza plastica e aggressività delle creature fantasy disegnate dal recentemente scomparso, ma indimenticabile, Richard Corben. Sono creature vive, guizzanti nelle loro muscolature tese, al contempo leggere come gazzelle e feroci come tigri mentre si librano nell’aria e si gettano in picchiata su una preda. Per metterci idealmente nella prospettiva di questi nobili animali, Porcaro estremizza la “gabbia bonelliana”, lavora sulla verticalità e vertigine delle tavole, come sceglie di allargare all’infinito l’orizzonte visivo attraverso inquadrature allungatissime, oltre il formato “cinemascope”. Siamo in volo come Icaro verso il sole e il pericolo di cadere ci viene costantemente evocato dal “buio” di tavole fortemente inchiostrate, dense, poco luminose, cariche di ombre opprimenti che ci portano psicologicamente dritti a precipitare nel nero del suolo. L’oscurità è onnipresente, ma nelle tavole più liriche e “magiche” riesce a sfumarsi e scomporsi in nebbia, attraverso un complesso uso delle ombreggiature a mano. L’azione è costantemente racchiusa in questa tensione tra cielo e terra, luce e buio. Se una viverna sotto il sole appare come una sorta di angelo, quando rimane all’ombra di una caverna acquista i contorni inquietanti di un demone e così fanno anche i personaggi di questa storia, solari o cupi a seconda dei giochi di luce di Porcaro. 

(Coda) Facendo leva su un tema un po’ insolito e su tavole “vertiginose” quanto ricchissime di dettagli, il numero 16 di Dragonero - Il Ribelle ci ha appassionato e portato in luoghi nuovi quanto conosciuti. La macro-trama si sta muovendo a passi sempre più spediti e non vediamo davvero l’ora di affrontare la lettura dei prossimi numeri. 

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1 commento:

  1. Leggo Dragonero dal primo numero e in questo momento il livello delle storie non mi dispiace, ma continuo a non trovare reali differenze di trame e di atmosfera da quando era ranger ad adesso che è ribelle. Se volevano una scusa per ricominciare da zero la numerazione e sperare di attirare nuovi lettori avrebbero dovuto cambiare qualcosa anche nella formula che a me sembra sempre troppo cupa e troppo legata al passato.

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