(Sinossi fatta male) Ce lo chiede
l’Erondar: il futuro deve essere più green. Allora mettiamo da parte quei
palloni aerostatici tecnocrati spaziosi ma sicuramente inquinanti e diamo il
ben tornato ai mezzi di trasporto aereo a trazione animale più amati: le
viverne! Guadagniamo una vita più all’aria aperta, favoriamo l’allevamento
sostenibile a chilometro zero e con tutta la cacca di viverna che pioverà
dall’alto dei cieli su terreni coltivabili potremmo, perché no, dare una spinta
pure a un'agricoltura che possa tornare fieramente alle sementi biologiche.
Canticchiando “dalle pietre sonore non nasce niente, ma dalla pupù di viverna
nascono i fior”, adattando liberamente “Via del campo” di De Andrè, il nostro
Ian decide così il nuovo ambizioso obiettivo per dare slancio alla
ribellione, la svolta ecologista. Si immagina già milioni di posti di lavoro
nel florido ed esaltante campo dell’inseminazione assistita e addestramento
delle viverne da battaglia. Perché chiunque nell’Erondar, di nascosto, ambisce
a estrarre secondo tradizione, a mano, da “megapolli volanti“,
maschi e in cattività, il seme che sarà, sempre a mano, fatto fecondare nei
pertugi più inenarrabili di una viverna femmina. Che nella pratica è un'attività avventurosa simile a riempire il serbatoio di una Freccia Tricolore
mentre si attorciglia in volo acrobatico. Uno sporco lavoro ma che permette poi
di avere le viverne addestrate che tutti sognano, con cavalcature confortevoli
di tappeto naturale fatto di calde e accoglienti piume che manco la lana
Merinos. Mettere in soffitta le vecchie, dure e poco ergonomiche cavalcature di
sauro per una viverna è un investimento che dà solide certezze.
Certo, dopo che nel numero 51 del
fumetto gli elfi oscuri hanno buttato giù il mega-allevamento imperiale di
viverne di Roccabruna, quello gestito dal cugino di Krang delle Tartarughe
Ninja, bisogna cercare altrove i polli volanti, andare sul territorio, cercare
i nidi. Così Ian, sua sorella e Gmor prendono spavaldamente la versione
tecnocrate di un traghetto turistico del lago di Como e partono per la classica
gita per anziani del sabato mattina presto, a fare bird-watching. La
travolgente missione fa sentire Ian così vecchio, che già nelle prime pagine si
ritrova di colpo con un calo della vista, che gli impone l’uso di un paio
di occhiali di fortuna. Allo stesso modo Gmor si trova con evidenti
problemi di memoria a breve termine a non ricordare eventi di neanche un
pomeriggio prima, che gli vengono prontamente riproposti in un flashback il cui
contenuto dimentica prima della fine della narrazione. Prima che Myrna
incominci ad accusare i primi segni dell’artrite, l’arzilla comitiva giunge a
destinazione: un eco-parco tutto per le viverne, gestito, guarda tu il caso,
proprio dal cugino di Krang delle Tartarughe Ninja, quello che non vedevamo da
tanto tempo. Ma il vecchio amico avrà ancora voglia di maneggiare il seme di
viverna tra le parti anatomicamente più intime di questi megapolli, come
un funambolo appeso ad un aeroplano?
(Chi ha detto “Chocobo”?) C’è tutta
una letteratura fantasy in tema di “allevamento di qualcosa”, che sfiora
I racconti di Terramare, Harry Potter, Shannara ed Eragon, passa per i giochi
di ruolo alla Final Fantasy, incrocia Avatar e naturalmente insegna “Come
allevare e accudire un drago”. La storia proposta da Luca Enoch per questo
numero ci porta giusto dalle parti dei romanzi di Cressida Cowell, trasposti in
sala da Dreamworks nella saga Dragontrainer, anche se gli animali fantastici in
questo caso sono coperti da piume. Anche qui ci sono creature più grandi che
fungono da guida del branco, c’è un nido gigantesco e possiamo godere di
raffinate scene di comunicazione inter-specie e combattimento aereo frutto
della collaborazione tra la creatura e chi la cavalca. Ma il racconto sa
offrire un piano in più, ossia la prospettiva di guardare tutto il mondo
di Dragonero dall’alto. Come quando nel classico gioco di ruolo giapponese si
“sblocca” la possibilità di spostarsi velocemente tra luoghi lontani della
world-map, spesso a cavallo di un drago.
(La notte vola) Torniamo a un certo
punto della narrazione alla fine del numero 51 e scopriamo “cosa è successo
dopo” alla imponente viverna conosciuta come la Grande Madre. La vediamo in
viaggio verso una nuova casa, sorvolare luoghi che abbiamo imparato a
riconoscere negli anni di pubblicazione del fumetto. È molto bello e ci fa
tornare alla memoria quella world map che capeggiava nel primo periodo della
testata su ogni numero e che oggi ci manca un po’ di più. Intanto la trama
della ribellione avanza, le pedine dello scacchiere si spostano e iniziano ad
affiorare le strategie più nascoste, spie e rivelazioni che rendono il quadro
ancora più affascinante. È un bel racconto, che si divide paritariamente tra
azione e sviluppo dei personaggi, dando il giusto spazio a una figura
complessa e sfaccettata come l’allenatore di viverne. Un racconto carico di
infinite e magnifiche viverne, disegnate con dovizia di dettagli da uno
straordinario Salvatore Porcaro che riesce a infondere in loro la stessa
potenza, fierezza plastica e aggressività delle creature fantasy
disegnate dal recentemente scomparso, ma indimenticabile, Richard Corben. Sono
creature vive, guizzanti nelle loro muscolature tese, al contempo leggere come
gazzelle e feroci come tigri mentre si librano nell’aria e si gettano in
picchiata su una preda. Per metterci idealmente nella prospettiva di questi
nobili animali, Porcaro estremizza la “gabbia bonelliana”, lavora sulla
verticalità e vertigine delle tavole, come sceglie di allargare all’infinito
l’orizzonte visivo attraverso inquadrature allungatissime, oltre il
formato “cinemascope”. Siamo in volo come Icaro verso il sole e il pericolo di
cadere ci viene costantemente evocato dal “buio” di tavole fortemente
inchiostrate, dense, poco luminose, cariche di ombre opprimenti che ci
portano psicologicamente dritti a precipitare nel nero del suolo.
L’oscurità è onnipresente, ma nelle tavole più liriche e “magiche” riesce a
sfumarsi e scomporsi in nebbia, attraverso un complesso uso delle ombreggiature a
mano. L’azione è costantemente racchiusa in questa tensione tra cielo e terra,
luce e buio. Se una viverna sotto il sole appare come una sorta di angelo,
quando rimane all’ombra di una caverna acquista i contorni inquietanti di un
demone e così fanno anche i personaggi di questa storia, solari o cupi a
seconda dei giochi di luce di Porcaro.
(Coda) Facendo leva su un tema un po’ insolito e su tavole “vertiginose” quanto ricchissime di dettagli, il numero 16 di Dragonero - Il Ribelle ci ha appassionato e portato in luoghi nuovi quanto conosciuti. La macro-trama si sta muovendo a passi sempre più spediti e non vediamo davvero l’ora di affrontare la lettura dei prossimi numeri.
Talk0
Leggo Dragonero dal primo numero e in questo momento il livello delle storie non mi dispiace, ma continuo a non trovare reali differenze di trame e di atmosfera da quando era ranger ad adesso che è ribelle. Se volevano una scusa per ricominciare da zero la numerazione e sperare di attirare nuovi lettori avrebbero dovuto cambiare qualcosa anche nella formula che a me sembra sempre troppo cupa e troppo legata al passato.
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