(sinossi fatta male) Esiste in natura un impulso psico-biologico alla difesa dei bambini. Il Doctor Oz (lui in persona nella pellicola!!) ci parla però di come, sempre in natura, alcuni animali, come i maiali, possano nutrire un inspiegabile desiderio di uccidere la propria prole non ancora svezzata. E se quell’impulso dovesse per qualche ragione, come un attacco biologico, non funzionare più per gli esseri umani? Se i genitori iniziassero a nutrire di colpo il desiderio di uccidere i propri figli?
Avviene così nella classica provincia
americana, con le case tutte ordinate e immerse nel verde come in Edward Mani
di Forbice, che di colpo, verso l’ora di pranzo, un nutrito gruppo di genitori
si trovi alle porte di una scuola, in impaziente attesa apparentemente di
portare a casa i propri ragazzi adolescenti. Le porte cedono e inizia la
mattanza, lì come ovunque nel paese, con i telegiornali che riportano la
bizzarra notizia e le forze dell’ordine che cercano di imbastire un quanto più
veloce coprifuoco. Torniamo un attimo indietro. In una casetta nel verde abita
una famiglia come tante. Un papà (Nicholas Cage), una mamma (Selma Blair),
una figlia adolescente ribelle (Anne Winters) e un bambino più piccolo (Zackary Arthur) con la passione degli elicotteri e i dinosauri. Papà va in
ufficio ricordando quando da giovane faceva gli ovali con la sua muscle-car,
che ora dorme in garage, con le tette di una ragazza che gli sballonzolavano in
faccia mentre era al volante felice. Mamma va a fare aerobica in palestra con
una amica con cui si sente troppo vecchia per essere ancora giovane,
discorrendo di figlie che usano, o potrebbero usare, i loro portafogli come dei
bancomat. Vite tranquille quanto poco esaltanti che di colpo trovano un
colpevole: i figli. Ora, con il mondo impazzito, i loro figli sono in fuga,
insieme al fidanzatino di lei (Damon Hall). Con la certezza che tutti i
genitori impazziti attaccano solo i propri figli, ma è meglio non avvicinare in
questo momento un adulto per nessuna ragione, inizia la fuga per la
sopravvivenza. Non prima di essere passati da casa.
(La genitorialità declinata agli
“zombie movie”): Un’idea semplice quanto gustosa, un home-invasion in salsa “familiare“, in grado di stimolare un dibattito oltre che offrire una novantina
di minuti pieni di azione, black humor e qualche incursione nel gore. Il punto
interessante sono gli elementi che ci pone il film per comprendere il momento
che i genitori impazziscono, sbottano e diventano dei pazzi invasati “classici”
dello zombie-movie (zombie e invasati rientrano per comodità nello stesso
genere ai giorni nostri con pellicole come 28 giorni dopo o il fumetto Crossed
di Ennis, anche se i puristi invocheranno per gli invasati il capostipite La città verrà distrutta all’alba di Romero, sempre papà degli zombie).
Entrano in gioco meccanismi psicologici noti del rapporto genitori-figli, da
sempre oggetto di studio e supporto specialistico, come fattori socio-culturali
legati qui in specie alla società americana (come un gustoso momento di critica
sull’uso e custodia domestica delle armi da fuoco per difesa personale e la
sublimazione di strumenti domestici pericolosi e lì diffusissimi come i
coltelli elettrici, che avrete visto in più di un film sul giorno del
Ringraziamento). Quindi come è iniziato tutto? Terroristi? La televisione con
un segnale strano? Una fase lunare in trigono con Urano? Una specie di
effetto primordiale sopito da secoli nel dna e ora attivo di colpo come bomba
interna? Dove sta la scintilla?
In un caso la rabbia nasce dalla
necessità di confini tra vita privata e vita familiare (che spesso non si
riescono a tracciare), espressa da una frase: “(nella mia casa) una cazzo di
zona adulti e una cazzo di zona bambini”. Questo è il
sogno/preghiera/disperazione del papà interpretato da Cage, tre settimane
prima del contagio, scoperto dalla moglie in cantina ad assemblare per la sua
“tana da maschi” un tavolo da biliardo che non vuole stare “in bolla” con il
pavimento, con le palline che cadono male per la forza di gravità. Un tavolo da
gioco che lo avrebbe portato lontano per un po’ dal soggiorno invaso dai
giocattoli del figlio, che lui abbatte a martellate in onore del tempo che non
torna più, scandendo con voce rotta, urlando: “Tic tac, tic tac. Non era il
mondo che volevo avere da ragazzo. Volevo prendere il mondo e spremergli le
palle, forte! Come sono diventato questo uomo vecchio, pelato, flaccido e
fallito?!”.
In un altro caso la rabbia colpisce
anche prima di “un nido già costruito“ e in attesa di una zona franca, come un
riflesso condizionato dovuto alla consapevolezza della perdita della libertà e
della giovinezza (il “dover diventare adulti e genitori”) impersonata da una
bambina che viene al mondo. Questo nel film spinge una madre partoriente,
in pieno raptus, a cercare di uccidere la nascitura, strangolandola, non appena
la vede in ospedale, mentre la donna ha ancora il cordone ombelicale che
fuoriesce come una spina staccata dal suo corpo, con gli infermieri che cercano
di placarla.
In un terzo caso la rabbia è una “follia
a due”, la trasfigurazione di un conflitto tra aspirazioni e realtà della vita
di coppia, laddove i nostri protagonisti dicono che un tempo erano “Brent e
Kendall. Oggi solo mamma e papà”. Una frase che nel mondo reale al di fuori di
questo piccolo horror spaventa di più delle molte e ben riuscite scene splatter
di cui è composto questo film, tra passeggini buttati in mezzo alla strada
sotto alle macchine e scope coperte di sangue.
(Nick Cage, il nostro eroe): Chi ci
segue sul blog conosce la nostra venerazione incondizionata per Nicholas Cage,
il più grande attore al mondo. Fa così tanti film, spesso orribili, e proprio
per un principio statistico matematico ogni tanto butta dentro qualche bella
interpretazione. Qui è un grande in quella che è la sua specialità: i monologhi
molto teatrali. Ce n'è uno magnifico che vale da solo il film, in quella scena
del biliardo citata sopra. C’è tutta la frustrazione e pazzia di un ragazzone
diventato adulto di colpo senza aver assaporato in pieno quel mondo sterminato
e carico di possibilità che appare solo negli occhi degli adolescenti.
C’è la consapevolezza del “dovere genitoriale” che strangola ogni spazio
domestico piegandolo all’accudimento dei bambini e da cui non si può fuggire
anche se si scava sotto casa una tana per maschi dove rifugiarsi. Anche Selma
Blair, che non sembra invecchiata di un giorno dagli Hellboy di Del Toro, offre
una prova molto buona, disegna un personaggio umano e credibile. Mamma e Papà
non sono così cattivi quando non sono ancora dei pazzi scatenati, gli possiamo
volere bene. I bambini di contro sono abbastanza soporiferi, ma fanno il loro e
la pellicola, che è e rimane un b-Movie divertente e veloce, si dimostra ben
confezionata oltre che ben curata sul piano visivo e sonoro.
(Titoli di coda): “ti ho fatto e ora ti smonto”. La più classica delle minacce dei genitori ai figli un po’ discoli prende forma in questo piccoli horror carico di Black humor. La premessa è “matta” ma funziona, ci sono molte idee visive interessanti, la durata è perfetta, gli attori sono in palla. Ideale per una serata disimpegnata, pur essendoci scene forti e un po’ disturbanti che potrebbero urtare qualcuno, la chiave di fondo rimane satirica e il tutto non ambisce ad essere preso sul serio. Le suggestioni su ruolo e paure dell’essere genitori risultano comunque molto interessanti e adatte ad una riflessione, magari in una serata tra amici (quando sarà possibile farle di nuovo).
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