giovedì 9 luglio 2020

Iron Kobra: l'anti-supereroe psichedelico di Officina Infernale e Akab per Progetto Stigma e Eris Edizioni



C'è un bondiano agente del "sistema" in missione, all'interno di un misterioso presidio sorvegliato da inquietarmi occhi dotati di gambette meccaniche che li rende simili a ragni. L'uomo misterioso entra in una sala decriptando un codice e si trova davanti a una serie pressoché infinita di fantascientifiche super-tute, la serie Iron Kobra. Ne sceglie una, la tocca e la struttura ad energia esagonale si impossessa di lui, ne modifica la percezione del mondo, lo rende un creatura perennemente in fuga. In fuga dai (dis)valori moderni del gioco d'azzardo e dell'american dream. In fuga dalla paranoia di mostri lovercraftiani, dalla stupidità supereroistica, dalla competività spinta. Alla ricerca di un senso profondo di "verità", dell'amore fusionale e di uno scopo finale forse irraggiungibili, ma verso cui non si può che procedere spediti, in linea retta, combattendo con la forza della "parola", infrangendo e superando i dogmi e le paure che schiavizzano l'umano. Iron Kobra fugge da un futuro predestinato come il THX di Lucas e si perde psichedelicamente tra i colori e passioni, superando uno dopo l'altro i "livelli" di una autocoscienza liberatoria, ma che può essere forse effimeramente solo autoindotta dai poteri della super-tuta e da un enorme ingranaggio di uomini in bianco e nero che sovrintendono quella che chiamano "simulazione". È vera fuga quella che sta vivendo l'uomo che si è fuso con la Iron Kobra o solo la disperata corsa di un criceto all'interno di un labirinto senza uscita. 
Iron Kobra è un'opera graficamente concepita da Officina Infernale "tra le 4 e le 9 di mattina", che cerca costantemente una propria forma in modo schizofrenico, "pulsando" in una serie di tavole realizzate fondendo il collage fotografico con gli stilemi della pop art, del comics supereroistico vintage, della psichedelica ed elaborazione digitale. Questo mondo affascinante e straniante, sintetico quanto astratto, trova voce nei testi di Akab, che spesso ne rincorrono la lettura grafica e mettono in sequenza ballons dal contenuto spezzato quanto concatenato, muovendosi di suggestione in suggestione, tra il soliloquio del flusso di coscienza alle "voci nella testa" più complottistiche. 

Quello che ne esce è un sogno dentro un incubo e viceversa. Un'esperienza visiva e auditiva che avvolge e respinge continuamente il lettore, tempestandolo e senza lasciargli tregua, mai rendendolo indifferente, tenendolo sempre carico, fino all'ultima pagina. In Iron Kobra si rinnova l'esperimento del romanzo grafico "La Soffitta" (Mondadori Ink), dove Akab aveva legato in un racconto delle illustrazioni di Squaz fino a creare insieme a lui un'opera unica, con le tavole progressivamente realizzate insieme in un unico """esplicitamento"" narrativo. Anche qui la fusione tra testo e disegno è solo intuita, il target è rendere lucenti i frammenti più che la somma degli stessi, l'esito è per il lettore un perdersi felice in un mondo ampiamente da interpretare e ri-etichettare. Viene messa in scena la decostruzione del supereroe più "golden age", con lo sfondo dei paesaggi e stilemi visivi degli anni '60-'70 americani, arricchendo con soliloqui da Silver Surfer e servendosi delle tecniche di "smascheramento ideologico" proprie del capolavoro di Carpenter Essi vivono. Se fosse un videogioco, Iron Kobra sarebbe un parto di Suda 51. Se fosse un film sarebbe un esperimento di Andy Warhol. Se gli dovessi cercare un "fratello" contemporaneo guarderei a Pax Romana di Hickman, se guardo al passato la mente va a Jim Steranko e al suo Nick Fury. Se mi soffermo sulla figura, plastica e imponente, dell'Iron Kobra provo suggestioni che mi portano al Crying Freeman di Ikegami. C'è tutto e forse infinite altre suggestioni in questo geniale parto del Progetto Stigma, perfino degli easer egg che richiamano ad altre opere di questo collettivo di autori. Pertanto più che cercare invano di classificarlo (rimando agli esperti che ne sanno più di me questa nobile arte) vi inviterei a vivere quest'opera, subire sulla retina e nella testa le parole e i colori che dalle tavole vengono sparate come proiettili perforanti. L'arte è prima di tutto libertà e opere come Iron Kobra sono la massima espressione di questo impulso. Fatevi avvolgere nella sua psichedelica e magari versate una lacrimuccia o due pensando che autori come Akab, di cui abbiamo oggi un bisogno sempre più inestinguibile per sentirci davvero "liberi di pensare", oggi non sono più tra noi. 
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