venerdì 14 febbraio 2020

#Uomoincamicia - La nostra recensione del divertente fumetto edito da Noise Press



Porta una camicia sgargiante e da pugno nell'occhio come quelle Hawaiane. Le sue principali occupazioni sono bere cocktail e fumare. È troppo Figo e vanitoso per condividere con altri personaggi le vignette, tanto che compare sempre e solo lui al centro di tutto, con lievi baloons da chiacchiericcio indistinto sullo sfondo, dei quali comunque sta sempre attento, con l'orecchio teso. È superiore a tutto e tutti, incarnando un po' il "pistola", come si dice nel Nord Italia e come celebrano il Dogui, il Marco Ranzani ed epigoni. Odia tutti e odia tutto, da buon infelice autodistruttivo, sperando che la fatica dell'esistenza mediocre a cui è stato condannato finisca presto, a modo suo, in una nube infinita di sigarette e un mare di alcol, e in questo c'è molto del Ferreri della "Grande abbuffata".  
C'è un pezzo divertente nella versione online di Donna Moderna, firmato dalla bravissima e simpatica Sara Peggion, del 21.11.2014, intitolato Attente all'uomo in camicia, lo potete trovare facilmente in rete. 
C'è un passaggio che più o meno recita: [...] "da che mondo è mondo gli uomini scelgono abbigliamenti feticcio sui quali sarebbe meglio soprassedere. Anni fa un ragazzo mi si presentò con una camicia hawaiana che faceva urlare di dolore, ma che ben si accordava con la sua allegria: la prima cosa che ho fatto quando siamo andati a convivere è stato fargli sparire quello stock di orribili camicie da tropical pizza. Ora, svoltati i 40, sono dolcemente nelle mani di un ex ragazzo che gira con una felpa da dodicenne con la scritta The Best. È ridicola, non ho idea da che parte arrivi, ma gli sta così bene e gli piace così tanto da azzerare a sorpresa i miei istinti censori più sadici. E da farmi pensare che forse sono troppo invecchiata. O, credo, troppo innamorata". 


Forse è quindi solo una fase, un mood, "l'aria dei 30 anni". Il carattere può essere forse come una camicia, un abito mentale che fa pendant con un abito fisico, una sorta di moda che ci si autoimpone, magari non afferrando il modo in cui viene percepito il nostro look dagli altri. Mi ricordo ancora il mood da playboy del mio amico M. quando a venticinque anni e 18 ore di palestra a settimana sfoggiava per andare in discoteca una sorta di canottiera a reti larghe nude look. Era quella "cosa" a muoverne la psicologia, forse anche le camicie colorate hanno questo potere. Forse al nostro uomo in camicia manca di evolversi prima o poi, alla maniera dei pokemon, in uomo in felpa, probabilmente pagando i diritti d'autore a Sara Peggion. Forse deve trovare la donna giusta. Lo dico con una piccola speranza personale, perché ho avuto anch'io una camicia come la sua, ai miei tempi giovani ed ""alcolici"", quando inseguivo a pinacolada (io non ho mai retto più di una pinacolada, l'equivalente di un succo di frutta con l'alcol di mezzo babà piccolo) il discorso brillante che mi avrebbe fatto conquistare le donne e il mondo, in questo ordine. Non ci sono riuscito, ma il mood dell'uomo in camicia è anche il mio, il fatto di sentirsi "on fire" senza senso è anche il mio, il fatto di vivere in vignette che hanno posto me al centro senza che poi abbia elaborato battute sempre "così divertenti" è anche il mio. Allora l'uomo in camicia creato da Simone d'Angelo è vero, è universale, ci batte dentro al petto un po' a tutti. Ci rende invincibili quando ci immedesimiamo in lui per forza di carattere e cinismo, ci fa fare una risata quando lo guardiamo da lontano un po' più maturi, ridendo di lui e in fondo di noi stessi, magari ricordando: "Ammazza quanto eravamo cinici e fighi". Ovviamente può valere per noi come per "i nostri amici". Per questo il lavoro di Simone d'Angelo funziona in vari modi, pure in certe aree più criptiche che "solo i giovani" possono magari capire. L'uomo in camicia è quindi un tragico ma divertente omino un po' narciso, ma forse è più una questione di camicia, un mood dal quale forse può uscire. Gli si può voler bene all'uomo in camicia, tifare per lui, ridere con lui e di lui, ma come per tutte le opere umoristiche se il gioco può funzionare dipende dal lettore e dalla sua capacità di trovare simpatico il protagonista. Cercatelo in fumetteria, sfogliate qualche pagina e prendetevi magari un the prima di decidere, "conoscerlo un po'" questo uomo in camicia prima di portarvelo a casa (soprattutto se siete signorine). Se entrerete nel mood gusto sarà una lettura gustosa. 
Il volumetto si compone di piccole scenette in genere della durata di una facciata, con un filo conduttore "esistenzialista" di fondo, legato al fatto che il nostro a causa degli stravizi si sta autodistruggendo il fisico e "va bene così, anzi meglio!!" (che è comunque un sottotesto interessante da interpretare). Le tavole sono impreziosite da colori accesi e caldi, lo sguardo del nostro eroe, unico mattatore in scena (in una sorta di Camera café), è spesso sarcastico, il contenuto dei baloons è acidello, sulfureo. Ci si diverte o non ci si diverte affatto a seconda di come "si prende" il personaggio. Di sicuro incuriosisce, io ne vorrei sapere di più sull'uomo in camicia. Ci sono ancora infiniti uomini e camicie diverse da raccontare. 
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