martedì 18 giugno 2024

Dall’alto di una fredda torre: la nostra recensione del film drammatico di Francesco Frangipane con Vanessa Scalera ed Edoardo Pesce

L’insegnante di nuoto Elena (Vanessa Scalera) e l’allenatore di cavalli Antonio (Edoardo Pesce) sono due gemelli di cinquant’anni, non sposati e senza figli, che spesso si ritrovano domenica a Gubbio a pranzo con i loro genitori (Anna Bonaiuto e Colangeli) nella casa della loro infanzia.

Una domenica Elena incalza la mamma su uno dei più classici problemi morali senza soluzione:  “Entra un terrorista armato di pistola e ti intima di scegliere tra me e Antonio o ci ammazza entrambi. Tu chi scegli di salvare mamma?”.

L’argomento non piace e fa anzi un po’ incazzare. Sembrano solo sciocchezze, un po’ sulla linea ruffiana di “a chi vuoi più bene”, un po’ dalle parti del classico giochino del “chi butti giù della torre” con cui si chiede se piaccia un cantante invece che un altro. Non c’è una risposta possibile. Ma un interrogativo molto simile a questo, nonché drammaticamente reale, presto saranno chiamati a porselo proprio Elena e Antonio.

La dottoressa Lamberti (Elena Rodanicich) insieme a un collega (Massimiliano Benvenuto)  hanno da poco fatto delle analisi sui  genitori dei due fratelli.

Risulta che sono entrambi malati di una patologia rara, mortale e dal decorso veloce. Ma che è curabile grazie a un trapianto di midollo. 

Accedere alla banca dei donatori è un’impresa quasi impossibile ma Elena e Antonio sono gemelli, sono compatibili e ognuno di loro potrebbe salvare un genitore. Sembra che in mezza giornata si possa prelevare il midollo a entrambi, con un successo dell’intervento seguente dato al 98%. Poi arriva la doccia fredda: Antonio per via di una malformazione generica non può donare e Elena può cedere il midollo solo a uno dei genitori, di fatto condannando a morte l’altro.

E ora chi buttano giù dalla torre, i due figli?

Mentre i genitori sono all’oscuro di tutto, tranquillizzati dal fatto che gli esami sono andati bene se non per una leggera questione reumatica, Elena e Antonio si tormentano in attesa di prendere una decisione, che dovrà arrivare in poche ore pena l’impossibilità di intervenire. 

I due passano del tempo insieme, nella baita dove Antonio alleva i cavalli. I due stanno vicini, ma per lo più in silenzio. Quando Elena va in piscina, lo fa negli orari in cui non c’è nessuno, per potersi immergere in acqua e straniarsi da tutto il mondo. 

Antonio è per tutto il giorno distratto e assente, motivo per cui il suo cavallo bianco Dario fugge dal recinto e inizia a vagare per i monti, correndo a perdifiato e perdendo la strada di casa. Le ricerche dei giorni successivi sono lunghe e inutili. 

Chi scegliere?

Antonio un giorno compila una lista sui pregi e difetti dei due genitori: una lista sulle “tare caratteriali”, sulla “capacità di sopravvivere” di uno in assenza dell’altro, sullo stato di salute più sano, sulle statistiche di chi muore prima tra uomini e donne, su qualcosa di brutto che uno di loro gli ha fatto quando era bambino. 

La notte precedente, forse in ragione della voglia di compilazione di questa lista, Antonio si è immaginato in sogno di picchiare in volto sua madre, mentre lei lo guarda attonita. Si è svegliato nel sudore, gli sembrato di aver toccato per mano un piccolo inferno. Ma quella lista forse può essere la guida giusta.

La mamma ha un carattere forte, spigoloso e polemico, ma è anche molto legata ai valori ed è affettuosa. Spesso però rimprovera i due gemelli di non aver costruito una famiglia, li incalza nel trovare a questo una soluzione immediata quanto impossibile. 

Il padre è dolce, silenzioso e remissivo, ma ha spesso l’aria triste, forse nasconde molte più paure di quante ne mostri. Forse non sopravvivrebbe a lungo senza la mamma. 

In media gli uomini vivono meno delle donne. 

La mamma ha però una soglia del dolore più bassa, se dovessero servire altre cure.

Chi dei due andrebbe maggiormente accudito in seguito? 

Per salvare la vita a uno dei due genitori, Antonio ed Elena devono “diventare spietati”. 

Elena piuttosto che scegliere decide di non donare il suo midollo a nessuno dei due. Lo decide dopo aver provato ad odiare con tutte le forze sua madre, attaccandola di continuo durante una cena domenicale. Non ci riesce. 

La algida e distaccata dottoressa Lamberti, che vive sola con la madre malata, sprona invece i fratelli a prendere una decisione veloce. A Elena mente, dicendo di avere ancora in vita entrambi i genitori, confidandole che lei però non esiterebbe un attimo a uccidere la madre per il bene di suo padre. 

Poi la dottoressa prova a manipolare Antonio, chiamandolo espressamente a far cambiare idea alla sorella in quanto salvare la vita a qualcuno, “di qualunque persona”, è un dovere non solo personale come figli, ma anche sociale, in quanto sono tutti parte di una comunità con delle regole. 

Al telefono con il suo collega, dopo tanto accaloramento, la Lamberti appare laconica sulla scelta dei fratelli, esprimendo un serafico “cazzi loro”. Forse provando una sorta di piacere nel vederli all’angolo, nel piccolo girone dantesco in cui sono precipitati. Qualsiasi sarà la scelta, fosse anche un tiro di dadi o una specie di roulette russa, il peso cadrà sempre e solo su Elena e Antonio.


È intelligente, malinconico, gelido e cattivo, il nuovo film di Francesco Frangipane.

È una storia drammatica con al centro una scelta morale impossibile come ne Il sacrificio del cervo sacro di Lanthimos, ma qui l’aria che si respira è ancora più arida: non ci sono concessioni al “fantasy” che per lo meno “abbelliscano di mistero” le brutture umane. 

È un film che parla di “dinastie di sangue interrotte”, in una società dove i giovani si allontanano sempre più tardi dalla casa materna. Figli che per questioni economiche o pratiche e vivono con genitori anziani senza speranza o possibilità di costruire una loro famiglia, con i genitori che invano li richiamano più volte a sposarsi risultando a loro il più delle volte fastidiosi, quasi ipocriti. 

È un film di persone senza futuro è che per questo arriva anche a parlarci di malattia e morte, come unica conseguenza, sgradita quanto spesso ingiusta nei tempi. 

La scienza c’è e può fare la sua parte, ma in fondo la scienza, come la austera e “irrisolta” dottoressa Lamberti della Rodanicich (anche lei “quarantenne senza futuro) spesso si limita a tirare i dadi. Tutto diventa un assurdo calcolo costi-benefici, e avviene all’insaputa dei diretti interessanti. 

Il problema di “chi getti dalla torre” ingabbia i due fratelli in una situazione senza uscita, in una negatività dalla quale riesce a salvarsi, forse, solo il cavallo: l’unico personaggio  che fugge o per lo meno crede di poter fuggire. 


Insieme ai bravi Edoardo Pesce e Vanessa Scalera lo spettatore invece non sa davvero dove sbattere la testa contro il muro.

Il dramma minuto dopo minuto scava e si fa sempre più terribile, fino a che diventa palese che Dall’alto di una fredda torre è un vero e proprio horror, dove Thanatos prende a pugni fortissimi Eros. Forse perché di questi tempi Eros non è abbastanza forte da ribellarsi.

Ad ogni modo, se l’estate significa calura questo film sa offrire brividi continui per svariate ore. Aspettate la giornata più calda e afosa e dirigetevi in sala a guardare Dall’alto di una fredda torre. Può funzionare meglio di un Pinguino Delonghi.

Francesco Frangipane confeziona un thriller psicologico spietatissimo, concitato e benedetto da una coppia di straordinari attori disposti a contorcersi di rabbia e lacrime per almeno 90 minuti. La messa in scena è di stampo molto teatrale, non tradendo la sua originaria natura di spettacolo scritto per il pubblico da Filippo Gili, che qui ne cura anche la sceneggiatura. Tuttavia la bravura e le dinamiche accorate dei due protagonisti, unite alla forte potenza simbolica del tema, ne fanno una pellicola molto movimentata, veloce e dalla quale non si riesce a staccarsi fino al finale. 

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