domenica 16 giugno 2024

The Animal Kingdom: la nostra recensione del fantasy diretto da Thomas Cailley, vincitore di cinque premi Caesar

   


In un mondo odierno distopico, l’umanità è stata colpita da una strana e inarrestabile “onda”, che sta progressivamente mutando la razza umana in creature ibride animali. Uomini-falco che dominano i cieli volando con gli altri uccelli. Dei ragazzini-polpo che si nascondono nel reparto surgelati di un supermercato in cerca di provviste. Alcuni uomini-insetto giganti che si mimetizzano con gli alberi, uomini-toro possenti, veloci donne-leone che segnano con i ruggiti il loro terreno di caccia. 

Questa nuova-specie è ormai ovunque: a volte temuta, a volte accettata o precauzionalmente confinata come semplici malati. 

Alcune di loro, assecondando la loro nuova natura, sfuggono dalle città, dagli ospedali e centri di studio per andare a vivere nei boschi o lungo il corso dei fiumi, dove progressivamente diventano del tutto degli animali, dimenticandosi anche del loro passato. 

Anche Lana (Florence Deretz), la moglie di Francois (Romain Duris), è stata contagiata da questo strano fenomeno. Il suo volto si è con il tempo coperto di pelo e la memoria ha cominciato a vacillare come in una formazione di Altzeimer. 

Il suo atteggiamento si è fatto sempre più violento, imprevedibile. Rimangono gli occhi di una volta, sebbene ora l’iride allungata è quella di un predatore. Forse è rimasto troppo poco, ma forse Lana è ancora “lì sotto”.

Il marito, insieme al figlio sedicenne Emile (Paul Kircher), ha deciso di trasferirsi in un bungalow vicino al nuovo centro che si occuperà meglio della salute Lana, situato proprio ai margini di una grande foresta. 

Francois potrà visitarla più spesso e nel contempo lavorare come cuoco nel locale ristorante estivo all’aperto. 

Il figlio frequenterà una nuova scuola, “un’altra maledetta” nuova scuola. Quando qualcuno gli chiede della madre, lui preferisce dire che è morta. Giusto per non attirare su di lui i bulli che odiano i mutanti. 

Anche solo arrivare nella nuova casa in Gascogne in auto, risulta per padre e figlio un viaggio complesso: le autostrade sono intasate, le forze dell’ordine e le ambulanze sono tutte impegnate nella gestione di un numero sempre più crescente di mutanti, che si aggirano fuori controllo proprio perché protetti da quella ricca vegetazione. Proprio davanti ad Emile e Francois appare all’improvviso un uomo-uccello, Fix (Tom Mercier), che dopo aver demolito l’ambulanza che lo tratteneva cerca di nascondersi anche lui  tra i boschi.

Giunti alla nuova casa, in attesa dell’arrivo di Lana, scoprono di lì a poche ore che anche il trasporto della donna ha subito un incidente: il veicolo è caduto in acqua ma i mutanti sono in fuga verso quel bosco.

Emile e Francois, superando i cordoni della polizia, ogni notte si addentrano tra il verde con la loro auto, con lo stereo che a tutto volume diffonde la canzone preferita di Lana. Gridano il suo nome, ricordano i momenti felici, si aspettano che lei all’improvviso, in qualunque forma sia mutata, li raggiunga e torni a vivere con loro. 

Emile cerca di integrarsi nella nuova scuola, ma il processo è più difficile del previsto: perché anche lui sta mutando. Prova a nasconderlo ma tutto risulta inutile. Cerca come può di tagliare i fitti peli neri che continuano a ricoprirlo, si copre di bende le mani per nascondere degli artigli, indossa abiti pesanti che non facciano sembrare la sua schiena così arcuata, come quella di un lupo. 

Spesso si risveglia sporco di sangue nel bosco, senza sapere come lì sia finito. 

La ricerca della madre si fa sempre più pressante anche solo per riuscire a parlare con lei di questa trasformazione improvvisa e strana. Emile intanto trova in una compagna di classe qualcuno che forse può ascoltarlo. Ma allo stesso tempo trova qualche bulletto che inizia a perseguitarlo. Nel tranquillo paesino iniziano a formarsi dei gruppetti spontanei di uomini armati, in cerca di mostri da uccidere. Ci sono fucili per tutti, anche per i ragazzini.

Emile sempre più spesso sta nella foresta in compagnia di Fix: cerca di comprendere il suo nuovo corpo e al contempo cerca di aiutarlo giorno dopo giorno a volare, mentre il ragazzo-uccello progressivamente perde la capacità di parlare. Il destino di entrambi sembra già segnato, ma per una volta sentono di sentirsi nel posto giusto del mondo.

Un giorno una creatura enorme che sembra Lana va al ristorante di Francois, per quello che pare quasi un ultimo addio.

Francois decide che proteggerà il figlio finché sarà possibile, ma la mutazione e la rabbia dei cacciatori di mostri sembrano sempre più inarrestabili.


Thomas Challey, regista e sceneggiatore del film Love at the first Fight e della serie Netflix Ad vitam, scrive insieme a Pauline Munier un interessante fantasy moderno, dall’approccio molto realistico e drammatico, ambientato nella verdeggiante regione di Gascogne. 

Fin dalle prime scene ci troviamo davanti a un disaster movie che rievoca molto il periodo pandemico: definendo trattamenti sanitari di urgenza e con isolamento per gli infetti, zone di contenimento, ronde di polizia e un crescente stress sociale che innalza il livello di paranoia. La medicina crea stabilizzatori per i mutanti, i volontari  si dedicano all’approvvigionamento di montagne di carne per tenere buoni i mutati, allestendo centri provvisori. I familiari si trovano a essere caregiver dei loro membri più fragili e ricevono anche loro supporto psicologico e logistico. Si muove la macchina della solidarietà, vige uno stato di polizia, si arriva a volte, forse, a una possibile “normalizzazione”. 

Poi in un attimo risale l’odio. Ciclicamente.

Se il “percorso umano”, degli abitanti del piccolo paesino della nostra storia, tende a una progressiva, inevitabile autodistruzione, intervallata da lampi di umanità, nel bosco i mutanti riscoprono equilibri e legami inaspettati con l’ambiente. Nascono convivenze e alleanze: ma cosa accadrà quando il lato animale prenderà del tutto il sopravvento e si tornerà alle regole della catena alimentare? 

Chi saranno gli amici, i nemici e la semplice “carne”?

Da un lato uomini che “tirano fuori gli artigli”, nel senso dei “fucili”, per difendersi.

Dall’altro ragazzini messi ai margini della società che “fuggono dal progresso”, felici momentaneamente di imparare a volare o vivere sott’acqua.  


La “natura maligna” si fa disaster movie “pandemico”, contaminandosi con squame, artigli e “diffidenze” della stessa fantascienza-sociale figlia degli X-Men, portati in sala da Singer, quanto del Lupo mannaro americano a Londra di Landis. 

Abbiamo creature della laguna, bambini camaleonti, e bigfoot, Ent insettoidi e meta-umani assortiti: tutti a riempire la scena, avanzando fieramente tra nebbie e la vegetazione, andando incontro forse a dei fucili puntati. 

Poi d’un tratto, tra tanto pessimismo e deboli speranze, Cailley ci porta in scene di incredibile gioia e purezza, tra una natura lussureggiante e “benigna”, quasi dalle parti de La Gabbianella e il gatto di Sepulveda, dove ci fa riscoprire la gioia di correre tra i prati, ululare alla luna, “volare”, sebbene dopo un numero consistente di cadute. 

La formula funziona, il film ci avvolge con tutta la sua carica evocativa e aiuta anche a riflettere su come oggi la “bestialità umana” sia molto più evidente sul piano morale più che su quello fisico. Se Cailley è bravissimo nel raccontare le speranze e paure di una famiglia che cerca di sopravvivere davanti a un morbo fantasy che assomiglia a tratti a malattie degenerative tragicamente verissime, il regista francese dimostra molto tatto e amore anche nella descrizione di ogni creatura del piccolo mondo che costruisce nel grande bosco ai margini, “tra verde e civiltà”. 

Vengono approfondite le dinamiche di territorio, si fa largo il tema della possibile comunicazione tra specie diverse, si racconta l’istinto di sopravvivenza, la necessità della caccia e della difesa.

A tutto questo contribuiscono degli ottimi effetti speciali sia di tipo digitale che prostetico, che non hanno davvero nulla da invidiare a Hollywood. Come gioca un ruolo particolarmente importante la meravigliosa colonna sonora di Andrea Laszo De Simone, in grado di immergerci in un'atmosfera tribale quanto favolistica. 

Molto bravi tutti gli interpreti, con una nota particolare di plauso per il convincente e spontaneo Paul Kircher.

Sembra esteticamente un film di supereroi, ma assomiglia di più (e per forza) a una graphic novel di tipo francese. Ricorda per certi versi Epiphania di L.Debeurme, edito da noi di Coconino. 

Cailley riesce a parlarci, più con disincanto che con cinismo, di una forte disillusione verso il futuro. O forse più semplicemente di un futuro che non contempla più la razza umana, se non ridotta a una “piega della memoria” passeggera e saltuaria, di qualche nuova razza di volatile.

È tutto incredibilmente malinconico, ma per questo molto poetico. Bravi gli attori, belle e concitate le scene d’azione, meravigliosa la fotografia e la musica. 

Non lasciatevelo scappare. 

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