lunedì 17 luglio 2023

Indiana Jones e il quadrante del destino: la nostra recensione del nuovo film con Harrison Ford per la regia di James Mangold

Berlino, ultimi giorni della seconda guerra mondiale. L’archeologo e avventuriero Indiana Jones (Harrison Ford) nella notte dell’attacco aereo inglese alla capitale, si trova su un treno blindato carico di tesori mistici trafugati dal Reich, alla ricerca della lancia di Longino. Con travestimenti e acrobazie, schivando proiettili, crucchi e bombe inglesi, il nostro eroe percorre tutti i vagoni saltellando all’interno e all’esterno delle carrozze, fino a che scopre che l’oggetto magico è in realtà un falso. Poco male, un “archeologo del male” (Mads Mikkelsen) come i suoi “storici antagonisti” Belloq ed Elsa, gli si butta letteralmente addosso. Nella concitazione degli eventi Indy gli sfila dalla tasca un manufatto vero, il “comesichiama” di Archimede, che però si spezza in due tra mille inseguimenti ed esplosioni. Con il professor Jones c’è sul treno un altro archeologo, Basil (Tobey Jones), che in seguito deciderà di dedicare tutta la vita a quell’aggeggio. La guerra finisce, il mondo va avanti e gli anni passano. Indiana Jones, che assomiglia sempre di più al vecchietto del cartone animato Up di Pixar, continua a insegnare archeologia, ma ora gli eroi con il cappello da cowboy come lui e Woody non vanno più di moda: sono tutti presi da questa cosa dello spazio e degli astronauti. L’uomo va sulla luna, verso l’infinito e oltre e il Prof. Jones va in pensione. Non prima però che si rifaccia vivo qualcuno del suo passato. È la figlia di Basil, Helena (Phoebe Waller-Bridge), ed è matta come un cavallo, come lo era da giovane sua moglie Marion (Karen Allen). Helena si è negli anni messa in tanti di quei casini che servirebbe un film a parte a descriverli, è inseguita da svariate tipologie di debiti, amanti traditi e tipacci e vuole trovare il tesoro che cercava il padre. Presto si scopre che pure “l’archeologo del male” di quella lontana notte delle bombe sopra Berlino è ancora in giro per quella storia di Archimede. È tornato il momento che in vecchio dott. Jones indossi di nuovo cappello e frusta e parta per una avventura in giro per il mondo, per scoprine tutti i misteri celati dal fantomatico quadrante del destino di Archimede. Ce la farà o dovrà intervenire Buzz Lightyear? 


Pa pa papaaa, pa pa paa! Pa pa papaaa, pa pa pa pa paaa! Pa pa papaaa, pa pa paaa! Pa pa pa, pa! Pa pa, pa! Pa pa, pa! Pa pa, pappapa!! Pa, pa pa pa…papapapapa!!!.

Eh… il tema di John Williams versione onomatopeico / “futurista” ha ancora il suo perché. Due pa pa pa ed ecco che scorre nella mente di migliaia di fan tutto il mondo di Indiana Jones con usi e costumi: piatti tipici come il cervello di scimmia, cuori fiammeggianti super piccanti, roba biblica varia che squaglia la gente, nazisti un po’ buffi, serpenti-topi-scarrafoni assortiti per gradire, fruste, belle donne a ogni angolo (compresa una futura moglie di Spielberg), enormi palle rotolanti di pietra e trabocchetti pronti a schiacciare tutto. Un mondo dove l’eroe se non si muovesse con un tempismo alla Matrix finirebbe male ogni sei secondi e spesso quasi ci finisce per “salvare il cappello”. Un mondo che omaggia i grandi film d’avventura degli albori del cinema, tra Zorro, Tarzan e il Ranger Solitario per volere dei suoi stessi realizzatori, Lucas e Spielberg, di riflesso ricordando pure i loro Star Wars ed E.T.. Un mondo che profuma per qualcuno “che c’era” di quella “giovinezza anni ‘80” fatta della “merendina Raider” delle pizzette surgelate dal gusto plasticoso, del mistero e dell’avventura dei film in tv per ragazzi presentati da Jerry Scotti vestito da mago: tra una Piramide di Paura e un tesoro sepolto dei Goonies. Con quelle poche note di John Williams per riflesso pavloviano qualcuno tornerebbe pure adesso a sfogliare oggetti ludici misteriosi come i libro-game o le avventure grafiche della “Lucas Film Games”. Qualcuno affascinato da questo mondo si è fatto pure il liceo classico per studiare “le misteriose lingue morte” come il greco e latino, sognando di indossare, “un giorno”, un cappello in cuoio da “eroe” per sentire nelle orecchie quel tema di John Williams, magari alla prima gita al museo etrusco. Pura magia. Magia “un po’ vintage” se vogliamo, ma oggi assolutamente in forma grazie alle nuove tecnologie in grado di presentarci l’ottantenne Harrison Ford come quando era un giovanotto, circondandolo di botti ed esplosioni, folgori sacre e lapilli, tuc tuc e berberi armati come non ci fosse un domani, all’interno di un action non stop colorato e divertente come le montagne russe. È un film che fa tornare bambini i fan, più “centrato” del divertente ma altalenante quarto capitolo (Il teschio di Cristallo) con un registro visivo sempre fresco e dinamico che in più punti ricorda lo sfortunato ma riuscitissimo fin di Spielberg su Tin Tin. Ci immaginavamo un film quasi tutto in digitale come Tin Tin a partire dai trailer, magari sognando l’avvio di altri film su Indy in digitale, magari tratti da The fate of Atlantis, ma alla fine ha prevalso la nostalgia e la voglia di riportare sullo schermo attori in carne e ossa.  C’è quindi tempo per rivedere facce note alla serie come l’archeologo Sallah di John Rhys-Davis e la Marion di Karen Allen, attempati ma sempre graditi. Per creare un nuovo “cattivo” Mads Mikkelsen ci mette il phisique du role da villain per cui è da sempre un fuoriclasse, costruendo un “mr. Smith” malinconico come il suo Le Chiffre per 007, con al seguito degli “sgherri esagerati e divertenti” (tra cui Boyd Holbrook, che effettivamente ha molto più senso nei ruoli da cattivo piuttosto che di eroe) che rendono particolarmente bene nelle scene d’azione, un po’ come il trio Drombo di Yattaman. Phoebe Waller-Bridge è spiritosa e sfrontata come una Indiana-girl deve essere, anche se il sex appeal nei confronti di Indy è ai minimi storici, quasi a livello del personaggio di Ana De Armas nei confronti del vecchio Creig nell’ultimo 007. Il tempo passa anche per i seduttori e Ford non appare marpione come Sean Connery nel ruolo del Dott. Jones senior in L’ultima crociata. In una piccola particina pure Banderas, che fa subito Mulino Bianco.


Si gira per il mondo, tra la periferia di Berlino, i cortei cittadini di una New York in parata, una Tangeri che è una unica scena d’azione a bordo di colorati tuc tuc. Si va sott’acqua con le bombole, si arriva in luoghi misteriosi come grotte nascoste a decifrare enigmi e comporre strani oggetti, si fa una capatina in Sicilia a mangiare quelle che sembrano “piadine” in un clamoroso abbaglio storico. Non ci si ferma mai tra sparatorie e duelli aerei, agguati e momenti ironici. C’è naturalmente anche la “magia”, elemento indispensabile di ogni pellicola della saga, ma qui è meno spaventosa e “horrorifica” che nei primi tre film, forse volutamente “depotenziata” per aggiornarsi al logorio dei tempi e della censura moderni. Questo non rende la parte finale del film meno interessante, quanto semplicemente meno “truculenta”: non ci saranno nazisti sciolti come statue di cera a questo giro e forse a qualcuno potrà (non) spiacere. Mangold non fa rimpiangere Spielberg dietro la macchina da presa, riuscendo spesso a sintonizzarsi non solo con il suo ritmo incalzante e l’azione spericolata, ma anche con la straordinaria ironia delle pellicole. Decisamente in forma Ford, al netto degli anni che passano, sempre pronto a coprire il suo personaggio di spavalda autoironia e malinconia per i tempi andati. È un Indiana Jones per certi aspetti più tragico del solito e questo ce lo rende se vogliamo ancora più simpatico. 

Quello che però “purtroppo c’è”, all’interno di una produzione riuscita sotto i moltissimi punti di vista sopra esposti, è una trama che a tratti va un po’ a sfaldarsi. Gli “enigmi archeologici” sono troppo immediati nella soluzione e sembra sempre che sulla scena ci sia qualcuno esperto di lingue morte, quanto di settimana enigmistica, pronto a dare in pochi secondi una risposta precisa a interrogativi che hanno fatto brancolare nel buio l’umanità per anni. Il personaggio di Mikkelsen parte temibile come i suoi agguerriti sgherri, ma con il tempo si trasforma in un epigono meno sveglio dei nazisti  del Wisconsin dei Blues Brothers. Il finale è poi piuttosto anticlimatico, quasi contratto, con la situazione narrativa del pre-finale liquidata con un cambio di scena velocissimo quando invece avrebbe necessitato qualche approfondimento in più. Se vogliamo peccati veniali, all’interno di una giostra divertentissima dal primo all’ultimo minuto, che fa uscire dalla sala ancora gasati e forse con qualche lacrimuccia, specie se si è fan di vecchia data.


Indiana Jones torna al cinema con un film divertente e ottimamente confezionato in quasi tutte le sue parti, salvo una trama con piccole sbavature e una componente “horror-magica” un po’ latitante e dei cattivi forse un po’ caricaturali. Sempre bravo Ford e in genere tutti gli attori coinvolti, Mangold non fa rimpiangere Spielberg, la cui mano dietro al progetto in qualità di produttore rimane sempre visibile e sempre ferma. Forse non un film dedicato ai più giovani, un po’ come si diceva di Up di Pixar, ma comunque un film molto divertente da vedere al cinema questa estate con tutta la famiglia per una serata all’insegna dell’avventura, del divertimento e se vogliamo un po’ anche dell’amarcord. 

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1 commento:

  1. Nonostante lo stiano seppellendo di critiche e, oggettivamente, sia meno che perfetto, a me è piaciuto e mi sono divertita molto al cinema!

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