Circolo polare, tempi odierni. Sotto i ghiacci artici infuria uno scontro tra sottomarini russi e americani. I siluri russi sono già lanciati e il bersaglio nemico sembra scoperto, l’impatto è imminente. Ma i siluri oltrepassano l’obiettivo senza colpirlo, come fosse invisibile, come fosse un fantasma. Poi, di improvviso e in automatico, quasi “hackerati”, quegli stessi siluri trovano un nuovo bersaglio e “tornano indietro”: hanno rilevato come nemico le stesse bocche da fuoco che li hanno sparati. Non ci sono possibilità di fuga, il sommergibile esplode e i corpi senza vita dell’equipaggio iniziano a galleggiare in mare, verso una superficie che non raggiungeranno mai, perché ricoperta da un ampio strato di ghiaccio. Tutto questo è opera di una arma di nuovo generazione, votata alla distruzione come alla distrazione di massa, un'arma che riesce a confondere i radar quanto a riscrivere ogni dato o notizie pubblicata online, dai quotidiani all’anagrafe alle banche. Un’arma che sa anche usare e piegare la tecnologia nemica contro se stessa “riprogrammandola”. È questo il terribile potere con cui ha iniziato a manifestarsi l’intelligenza artificiale autoproclamatasi al mondo come “Entità”. Nessuno conosce il luogo dove si sia sviluppata e dove risieda il suo punto debole, sembra essere già “ovunque” e sta giorno dopo giorno crescendo. Entità ha già iniziato a dotarsi delle sue prime “risorse umane”, tra cui un intero esercito di mercenari comandato dai super terroristi Gabriel (Esai Morales) e Paris (Pom Klementieff). Entità “paga bene” manipolando i flussi delle banche online e soprattutto promette ricchezze senza fine, garantisce ogni tipo di “potere” in grado di dominare il mondo e grazie alle sue straordinarie capacità di calcolo per qualcuno può arrivare perfino a predire il futuro. Entità sta diventando nei fatti più simile a un dio. Una minaccia impossibile da gestire.
Quando il gioco si fa duro in genere i duri iniziano a giocare, ma quando il gioco diventa “impossibile” c’è solo un uomo da poter chiamare. È lo 007 del nuovo millennio ma “vecchio stampo”, senza crisi di memoria o di mezza età. È un uomo che invece di usare l’ascensore si arrampica sulle facciate dei grattacieli a mani nude, uno che è solito prendere un treno sedendosi rigorosamente sopra il tetto dei vagoni a corsa già iniziata, uno che può tenere il respiro sott’acqua per ore e nel frattempo gonfiare con i suoi polmoni più di una bombola di ossigeno per aiutare il prossimo. Il suo nome è Ethan Hunt (Tom Cruise) ed è, oltre a questo, esperto “di tutto”: tattica e combattimento, lingue esotiche e travestimento, guida acrobatica con auto, moto, aereo, snowboard e parapendio. Tutto, Hunt sa fare tutto e lo fa sempre al meglio, in genere accompagnato in missione da un paio di donne bellissime “che cambiano sempre” e dai suoi inseparabili amici ed esperti di informatica: l’immenso e protettivo Luther (Ving Rhames) e il buffo ed esagitato Benji (Simon Pegg). Nella sua prima missione “cinematografia” Hunt ha combattuto a Praga una guerra interna e generazionale tra spie per ridefinire la “spia alfa”, culminata con uno scontro tra un elicottero e il treno super veloce Londra-Parigi (la regia del primo film è di Brian De Palma). Come l’eroe Bellerofonte, Hunt ha in seguito sconfitto a Sydney la diffusione del virus Chimera (la regia del secondo film è di John Woo) voluta da un gruppo di ex agenti corrotti, ha poi fatto un giro in Vaticano a cercare la super arma “zampa di lepre” con cui un criminale (interpretato dal mai troppo compianto Philip Seymour Offman) teneva in scacco il mondo insieme a degli agenti corrotti (la regia del terzo è di J.J. Abrams), ha quasi fatto esplodere il Cremlino per l’attuazione del “protocollo fantasma” (il quarto film è di Brad Bird) per scoprire degli agenti corrotti in seno al suo stesso gruppo. È volato a Vienna per la Turandot e per affrontare una super organizzazione criminale di ex agenti corrotti chiamata “il sindacato” (nel quinto film, di McQuarrie) e poi insieme a una giovane spia, brava quasi quanto lui, Ilsa Faust (Rebecca Ferguson) ha combattuto tra Parigi e il Pakistan il gruppo terroristico degli “apostoli”, un “Superman con i baffi” (l’attore Hanry Cavill in una pausa da Justice League) e le loro bombe al plutonio (nel sesto film, di McQuarrie): anche loro pare fossero tutti ex agenti corrotti. Ora Hunt e la IMF, la super organizzazione di super spie “Impossible Mission Force”, si trovano ad affrontare, per l'ennesima salvezza del mondo libero, questa misteriosa “Entità” che sa tutto, modifica tutto e controlla tutto. Nessuno sa esattamente cosa sia, dove sia e come funzioni, ma tutti vogliono metterci le mani sopra, sperando in qualche modo di controllarla. Per la Cia Ilsa, la sodale di Hunt, sembra coinvolta nei giochi e non è chiaro se stia facendo già il doppio gioco. La rossa e sexy spia sembra essere in possesso di una delle due chiavi che tramite un congegno misterioso possono far accedere a Entità e tutti la stanno cercando, tra le dune del deserto. Sulla tracce di Entità si sta muovendo anche una vecchia conoscenza come la sexy super trafficante di armi Vedova Bianca (Vanessa Kirby). Ma Ethan Hunt, convocato per il recupero di “entità” con il solito (per gli appassionati della serie) “messaggio che si autodistrugge”, è contrario questa volta a qualsiasi tipo di recupero, “compromesso”, “patto” o trattative che permettano a un qualsiasi paese di “allearsi” con l’intelligenza artificiale; la super spia vede all’orizzonte un pericolo troppo grosso e pensa che sia meglio che una roba come Entità debba essere, prima di tutto, distrutta per sempre. Hunt è una spia “vecchio stampo” e non ne può più dei droni che ti volano sul terrazzo, dei ritocchi delle foto su Tinder, delle fake news sul prodotti contro la calvizie, dei poteri forti che controllano i negozi online che ti costringono a comprare un divano che il giorno dopo l’acquisto è a metà prezzo, della musica trap con l’auto-tune “che non è musica regolamentare”… Entità rappresenta un po’ “tutto questo fastidio” e lui ha deciso che la distrugge, gratis, a mazzate, in modo “analogico” e definitivo. Ma ecco che la Cia non ci sta e questo atteggiamento, definito con sprezzo da “boomer”, espone Ethan sia alle critiche dell’ex capo della IMF e ora capo della CIA Kittridge (Henry Czerny), nonché al biasimo del loschissimo alto funzionario USA Denlinger (Cary Elwes). Questa volta la IMF non farà squadra con le spie americane nè con tutte le altre spie del mondo e sarà ritenuta lei stessa alla stregua di un gruppo terroristico formato da ex agenti corrotti. Per di più la super spia al soldo di Entità Gabriel sembra avere qualcosa di losco e misterioso in comune con Hunt, qualcosa che risale al periodo prima che lui entrasse nella IMF o forse la stessa causa per cui Hunt è entrato nella IMF. Se tutto ciò non bastasse, i codici di Entità fanno gola anche a una super ladra giovane e affascinante di nome Grace (Hayley Atwell). Riuscirà Ethan Hunt, in una classica grande caccia al tesoro in giro per il mondo, ma soprattutto in Italia (in luoghi peraltro simili a quelli visitati dalle arzille vecchiette di Book Club 2!!), a trovare Entità, seminare tutte le altre spie, sedurre Grace e dimostrare nel mentre per l’ennesima volta che è l’uomo più tosto del mondo facendo qualcosa di folle? Perché ricordiamo che Tom Cruise, interprete di Hunt, fa rigorosamente senza controfigure tutte le sue scene d’azione come buttarsi da un palazzo con delle ventose, arrampicarsi sul Grand Canyon a mani nude e senza cavi o stare aggrappato a un aereo dall’esterno durante un decollo. A questo giro Tom promette di gettarsi con una moto da un dirupo altissimo per poi planare con un paracadute su un treno in corsa. Riuscirà il nostro eroe a fare pure questo?
Come il pilota di caccia Maverick l’estate scorsa è stato al cinema campione di incassi e ha sancito la superiorità dei piloti di caccia anni '80 su tutto quanto ha fatto la tecnologia bellica nei successivi 40 anni, l’agente segreto Ethan Hunt, sempre interpretato da Tom Cruise e paladino dell’action movie “di una volta”, torna in sala con l’intenzione di sbancare nuovamente il box office. La serie Mission: Impossible si è formata negli anni come reale alternativa ai film action di 007, coinvolgendo personalità del calibro di Brian De Palma e John Woo, offrendo la grande occasione del “salto di carriera” a JJ Abrams e a Brad Bird e infine trovando il suo regista di più lungo corso in McQuarrie, storico sceneggiatore di Bryan Singer e di tanti film interpretati da Tom Cruise, passato poi alla macchina da presa. Sono film estivi, di puro intrattenimento “ombrelloniano” ma sempre ricercati ed eleganti nella forma, per molti versi vicini nelle atmosfere alle opere di scrittori classici di avventura “ombrelloniana” come Tom Clancy e Lee Child, ma con spesso un occhio rivolto all’oriente e alle nuove tecnologie dell’intrattenimento. Profuma di Tom Clancy anche la parte iniziale di questo nuovo capitolo cinematografico, tra giochi di maschere e di potere, sommergibili e “guerre fredde”. Ma quando iniziano a manifestarsi i “poteri” di Entità ci sono dei momenti che ricorderanno a molti i videogame di Hideo Kojima se non addirittura suggestioni dei romanzi “biblici” di Dan Brown. Sotto questa cornice, il film dimostra ancora una volta la solidità realizzativa che da sempre definisce questa serie come il fiore all’occhiello dell’intrattenimento estivo per gli amanti dell’action. La trama è sì articolata, ma fin dalla prima scena, grazie a un tocco di classe narrativo, permette allo spettatore di avere un quadro generale della vicenda quasi più chiaro di quanto lo avranno i personaggi durante tutto il film. È una intuizione molto originale, quasi da “film noir”, la riprova del fatto che McQuarrie, ancora una volta anche alla sceneggiatura, è sempre lo stesso autore de I Soliti Sospetti. Con i suoi 163 minuti, il film si prende tutto il tempo necessario per costruire al meglio l’intrigo, presentare molti personaggi e fazioni in gioco per poi mettere in scena le prime indagini, i primi “depistaggi”, travestimenti e pedinamenti. Con la spettacolare scena dell’aeroporto di Abu Dhabi il ritmo sale e l’azione irrompe sulla scena con elaborati inseguimenti cittadini in auto o tra i vicoli, le sparatorie, le scene più spettacolari in fatto di esplosioni e stunt. È un crescendo rossiniano che coinvolge in gran parte scenari italici, tra le strade trafficate di Roma e i vicoli notturni e spettrali di Venezia, ma che è se vogliamo solo un antipasto alla lunga sequenza che da Venezia porta sull’Orent Express, in uno scenario con suggestioni tanto da Agatha Christie che dal Bullet Train di Leitch, con un tocco di Dalla Russia con Amore e un accenno graditissimo alla Trappola tra le montagne rocciose di Steven Seagal. Come l’ultimo John Wick, anche il nuovo Mission: Impossibile è un film dalla durata poderosa, ma in cui difficilmente ci si annoia, specie dopo che vengono superate le fasi iniziali, che di fatto possono sembrare molto dense per numero di informazioni e personaggi in gioco. Come sempre, nonostante qualche capello bianco in più, Tom Cruise non perde occasione per esibirsi in spericolate acrobazie ai limiti della forza di gravità. La gradinata di Piazza di Spagna a pochissima distanza di tempo da Fast X è di nuovo oggetto di rocamboleschi inseguimenti, ma a questo giro Cruise, invece che una scattante Alfa come Han, predilige una Fiat 500 old School da Lupin III, con tanto di “miyazakiani” comandi truccati. Gialla ovviamente, con cui fare una decina di giri veloci intorno alla celebre “Barcaccia”, tra fumo e passanti. È una scena molto divertente e forse è più riuscita della già super reclamizzata “scena della moto che salta il burrone con Cruise che apre il paracadute e atterra sul treno in corsa”. La suddetta scena (un po’ “ridimensionata dalle inquadrature”) è comunque spettacolare e il volo nel vuoto di Cruise con la moto è qualcosa di unico al cinema. Se non mancano quindi le prodezze alla guida, particolarmente riuscite sono le scene action, specie quelle con al centro la già apprezzata ginnica Ferguson e soprattutto una incredibile Pom Klementieff, che dopo la Mantis dei Guardiani della Galassia si candida a mani basse a nuova Bad Girl del cinema action. Tanto snodata quanto adatta ad arti marziali e acrobazie estreme, ruba la scena a tutti ogni volta che è inquadrata mentre veste i panni della mattissima Paris. Interessante come action woman ma “da approfondire” anche Hayley Atwell, con cui Cruise duetta qualche volta in divertenti scene da “ladro acrobatico” in cui entrambi dimostrano grande abilità “prestigiatorie” con le mani e grazia nei movimenti. Al di là delle scene d’azione, prestigidizzazione (che non si scriverà sicuramente così) e inseguimento, tutto il cast riesce a dare vita a dei personaggi interessanti e sfaccettati. Un particolare plauso va alle “eminenze grigie” interpretate da Vanessa Kirby, Henry Czerny e Cary Elwes: veri equilibristi dei giochi di potere che rendono la vicenda particolarmente ricca di chiaroscuri, abbastanza pragmatica, al netto del fatto che Hunt e soci (specie gli amatissimi e inseparabili Rhymes e Pegg) e “i cattivi” hanno dei caratteri riusciti quanto forse fin troppo ben definiti. Pur nella sua natura di “cattivo” Esai Morales riesce però a conferire al suo personaggio un tale carisma da rendere quasi credibile il fatto che il suo “boss” sia un super computer semi-divino. Tutto il film di McQuarrie fa molto per rendere “Entità” qualcosa di minaccioso, a volte descrivendocela quasi come “l’occhio di Sauron”, ma è soprattutto il lavoro di Esai Morales sul personaggio di Gabriel a dare la spinta giusta, tra calcolo e fanatismo, di fatto rendendo quasi tragico il personaggio della Klementieff. Potremmo quasi dire che Entità riesca a incarnare tanto la paura del progresso, nell’ambito delle ricerche sulla intelligenza artificiale, quanto le paure dell’ integralismo religioso: un risultato che fa riflettere, del tutto inaspettato in un film di intrattenimento a base di inseguimenti e luoghi da cartolina.
Tom Cruise torna al cinema dopo il successo di Top Gun: Maverick, con un film ugualmente “grosso nel minutaggio” e se vogliamo ugualmente “nostalgico”, nella sua volontà di omaggiare con stile e garbo molto del cinema action e di intrattenimento. Sul piano narrativo la trama è un po’ tra Clancy e Lee Child, ma spuntano note da Dan Brown che nell’insieme sono particolarmente riuscite nel costruire una “minaccia” interessante quanto sospesa tra presente e passato, al netto di dover aspettare la seconda parte del film per avere un’idea più completa del lavoro finale. Bravo Cruise e tutti gli interpreti, come sempre rimarchevoli per dettagli e stile tutte le scene d’azione, bella la fotografia e la colonna sonora con il suo riconoscibilissimo tema. Se nella prima ora il ritmo risente della necessità di offrire allo spettatore un gran numero di informazioni, i restanti “100 minuti abbondanti” sono un'unica corsa a rotta di collo tra ambientazioni “classiche” quanto amate dagli appassionati degli spy movie, belle donne, situazioni divertenti e concitate, gioiose spacconerie varie e pure una trama dotata di tanti piccoli tocchi di classe. In attesa della parte due, McQuarrie si conferma il regista e sceneggiatore ideale per Mission: Impossible. Con i 45 gradi all’ombra di questa caldissima estate, entrare in una sala cinematografica per un film di 3 ore pieni di inseguimenti, sparatorie e posti bellissimi, non è una brutta idea.
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