mercoledì 1 settembre 2021

Shang-Chi e la leggenda dei dieci anelli - la nostra recensione


Ci troviamo nel misterioso Oriente, in un luogo fuori dal tempo. Lo chiamano il re errante (lo interpreta il divo Tony Leung, qualche volta Khan, di recente “il mandarino”. È un guerriero di arti marziali straordinario, brandisce un’arma magica conosciuta come i “dieci anelli”, vive forse da più 1000 anni e tiene in pugno il mondo con il suo esercito segreto, alla ricerca sempre di nuove sfide, avversari, tesori. Vuole arrivare sempre più in alto, è assetato costantemente di potere, fino a che trova qualcuno che lo riporta in basso, ponendo fine alla sua infinita “guerra contro il mondo”. Si chiama Leiko (l’attrice Fala Chen) e costudisce l’ingresso alla misteriosa città di Ta Lo, luogo di confine tra i mondi abitato da creature leggendarie. Khan la affronta con i suoi dieci anelli e Leiko accoglie i suoi attacchi trasformandoli in armonia attraverso l’energia della natura circostante. Lo scontro diventa una danza, il re errante trova presto pace e per la prima volta in vita sua l’amore. Nascono due bambini e Leiko dona loro un medaglione di giada. Khan è in pace con in mondo, ripone la sua arma e si appresta a invecchiare da uomo. Poi qualcosa va storto, Leiko muore e Khan torna ad essere un guerriero immortale ossessionato dal potere. Passano gli anni, non siamo più in un mondo mitico ma in una più prosaica cittadina degli Stati Uniti, a San Francisco. È qui che vive Shaun (l’attore Simu Liu) insieme all’amica Katy (l’attrice e rapper Awkwafina). Ragazzi con tanti talenti e sogni nel cassetto, ma provvisoriamente ora solo parcheggiatori di un hotel. Shaun porta al collo un medaglione di giada e forse nasconde un passato misterioso, motivo per cui presto qualcuno arriva dall’oriente per incontrarlo, per lo più armato di Katane e vestito da ninja. Ci sta anche un tizio enorme con una lama impiantata nel braccio che si fa per questo chiamare Razor Fist (il gigante russo-tedesco Florian Munteanu, ma conosciuto nel mondo del wrestling come Big Nasty). Davanti a un’incredula Katy, che presto inizia a vedere sempre più di frequente l’amico combattere come Bruce Lee, saltare tra i palazzi e sprigionare quasi dei super poteri, Shaun rivela infine di essere Shang-Chi, il figlio del Mandarino fin dalla tenera età allenato per essere il guerriero definitivo. Un figlio che ora vive in America per un po' dei classici problemi che comporta la vita con un padre “ingombrante”, diciamo. Ma se il mandarino sta cercando i medaglioni, potrebbe essere in pericolo anche la sorella di Shang-Chi, Xialing (l’attrice Meng’er Zhang), motivo per cui i due inizieranno un viaggio che diventerà sempre più strano e magico.



Il giovane regista hawaiano Destin Daniel Cretton (molto interessante il suo Il castello  di vetro di un paio di anni fa, ma non esattamente un regista di film d’azione), su sceneggiatura dell’esperto David Callaham (Expendables, Godzilla, Mortal Kombat, Wonder Woman, Zombieland ma anche la serie con Van Damme Jcvj e il recente cartone animato America con Channing Tatum), porta sullo schermo il nuovo tassello della cosiddetta “fase 4” del Marvel Cinematic Universe. A questo giro il genere supereroistico si incardina nelle arti marziali e nella cultura dell’esterno Oriente, dando voce a un eroe che qui in Italia è conosciuto ma non conosciutissimo, ma non per questo privo di fascino. Così Cretton ci seduce, partendo da un cast ricchissimo che annovera giganti come Tony Leung e Michelle Yeou, Benedict Wong, un fuoriclasse come Ben Kingsley (che ritorna dopo Iron Man 2 in questo universo). Grazie a loro il film acquisisce una profondità insperata, una cifra quasi da dramma shakespeariano. Molto seducente è anche la visione delle arti marziali come disciplina di equilibrio e pace, un filo rosso tra estetica e mondo interiore che lega la pellicola ad opere come Karate Kid, The Grandmaster e La tigre e il dragone. Seduttivo è il mondo orientale onirico di Ta Lo, pieno di paesaggi armoniosi, vestiti sgargianti, mostri leggendari giganteschi e leggiadri eroi, saggi e dall’animo nobile, dietro ad ogni angolo. Il mondo di Shang-Chi poi switcha, cambia di tono, come dalla magia fiabesca del prologo al tono disincantato della San Francisco con Shang-Chi parcheggiatore. Così riesce ad essere un film anche divertente e leggero, soprattutto grazie ai personaggi sopra le righe di Katy e Razor Fist. Ma sorprendentemente, riesce a essere anche un ottimo film action di stampo vecchia Hong Kong, alla maniera di Wiston Yip e Dante Lam. Tante arti marziali spettacolari, tanti inseguimenti, il senso di cameratismo delle serate al karaoke, l’etica dell’underdog. Era questo per me il target più alto, ossia la capacità della pellicola marvel di cannibalizzare il genere action-pop orientale. Un po’ alla maniera in cui Doctor Strange rielaborava l’horror e Wolverine - Logan il western crepuscolare. Una scelta di stile sensata: perché cosa c’è di più “superpotere” delle arti marziali? Non credevo molto in Simo Lu come protagonista, ma sono riuscito a ricredermi. Riesce a essere spiritoso quanto aitante, in un paio di momenti (soprattutto alla presenza di Tony Leung) tira fuori anche un animo drammatico. 



Shang-Chi ha saputo conquistarmi e i quasi 140 minuti di pellicola sono trascorsi in un attimo, in un crescendo di arti marziali ed effetti speciali. Vale la pena vederlo al cinema, con un maxi schermo che sappia conferire la giusta prospettiva epica dell’ultimo atto. Ci sono un po’ di collegamenti con l’universo Marvel e c’è da pensare che rivedremo presto Shang-Chi. 

Senza puntare a essere una pellicola rivoluzionaria o di riferimento, il nuovo film Marvel si colloca nella media di altri cinecomics ben confezionati come Doctor Strange o Black Panther. Lo spettacolo risulta sempre concitato, colorato e divertente. La storia, piuttosto leggera ma piena di colpi di scena, può essere fruita anche autonomamente dalla conoscenza di altri cinecomics, risultando piacevole anche per i più piccoli e per un pubblico di non appassionati di fumetti in senso stretto. La presenza di attori di primo piano in ruoli secondari, il sontuoso reparto artistico, gli effetti speciali “onirici” e le incredibili acrobazie marziali degli stunt rendono la pietanza piuttosto appetibile a chi è in cerca non solo di un blockbuster. Adeguato, interessante anche se non esplosivo, Simo Liu nei panni del protagonista principale. Un buon intrattenimento per la famiglia.  

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