Siamo negli anni ‘90, in una clinica
situata in un lugubre maniero sulla collina. Ha i calzini con sopra un orso
disegnato, lo chiamano Gabriel, ha il superpotere di incasinare le linee
elettriche e riesce a parlare attraverso le frequenze radio. Sembra un bambino
ma è pericolosissimo. La dottoressa Weaver (Florence McKenzie) lo chiama “tumore” e insieme al suo staff ha deciso di porre fine alle sue cure in una
notte di urla e sangue. Sono passati alcuni anni e incontriamo Madison (Annabelle Wallis), una ragazza che non è molto fortunata in amore. È incinta
per la terza volta, finora non è riuscita a ultimare la gravidanza e in qualche
misura è sicuramente colpa del suo manesco compagno Derek (Jack Abel). Dopo
l’ennesimo alterco casalingo un’ombra misteriosa decide di intervenire e mentre
Madison è a letto uccide Derek. La ragazza vede come in sogno l’accaduto e
sempre in sogno sarà testimone di altri delitti compiuti dalla misteriosa ombra
(ha le movenze della controfigura- star Zoe Bell, ben nota a chi segue il
cinema di Tarantino). Tra i due sembra esserci un misterioso legame che ha
radici nel passato, in un periodo precedente all'adozione di Madison di cui la
ragazza non ha quasi memoria. Di sicuro sentendo la voce dell’ombra la ragazza
ricorda un nome: Gabriel.
C’era una volta James Wan, geniale
sceneggiatore e director di opere horror a bassissimo budget con il pallino dei
polizieschi e dei mostri classici. Ha creato non solo film brillanti e ben
girati, ma ha da questi tratto autentici “franchise” come Saw, Insidious, The
Conjuring. Una autentica gallina dalle uova d’oro per gli studios che se lo
contendono, da Blumhouse a Warner a Lions Gate, o fanno affidamento sulla sua
Label, Atomic Monster. Si è anche dimostrato un autentico pigmalione, facendo
splendere o affidando lavori di punta ad autori giovani come Leigh Whannell,
Corin Hardy, David S.Sandberg, Michael Chaves. Poi le major hanno iniziato a
proporgli imprese enormi come il Fast and Furious più difficile di tutti (quello che ha dovuto far fronte alla morte improvvisa di Paul Walker), come il
lancio della serie di Aquaman (che nonostante il bravo Momoa non è esattamente
il supereroe più facile da gestire). Per Fast and Furious ha dovuto fare
miracoli e si è dimostrato un comandante forte e affidabile. Per Aquaman è
riuscito a donare alla pellicola un fascino camp alla Flash Gordon che
permette di ritenere colorato e leggero un balenottero paiettato di tre ore. E
poi gli hanno inflitto pure il prossimo Aquaman 2, con tutti i fan duri e puri
di Wan che hanno commentato in coro: “Ma che due palle!!!”. Perché Wan è uno
bravissimo negli horror e thriller, uno che ha una passione per il cinema di
genere alla Tarantino, e gli tocca sempre delegare e delegare la conduzione dei
“suoi film” per sopraggiunti impegni da blockbuster. La supervisione e la
sceneggiatura, come la produzione in genere, le gestisce sempre Wan, ma il
tempo per schierarsi lui come regista è tiranno. Così la saga di Insidious dal
capitolo tre l’ha passata al suo co-autore del cuore Whannell, The
Conjuring 3 è toccato a Chaves. Se Whannell se l'è cavata bene, non ho ancora
sperimentato il lavoro di Chaves fino ad ora, un po’ per “paura” di come sta
diventando l’universo cinematografico di Conjuring ad essere franco. Gary
Dauberman non è riuscito benissimo a passare dalla scrittura alla regia con
Annabelle 3, confezionando un prodotto simpatico ma lungi da Annabelle 2. Le
recensioni di Conjuring 3 che finora ho letto sono semplicemente devastanti e
anche se sono tra quelli che avevano apprezzato La LLorona non è che l’abbia
trovata un film riuscitissimo. Avrei voluto tanto che la serie “principale” di
The Conjuring rimanesse con la regia di Wan, ma ci stavano gli Aquaman!! Così,
un po’ di straforo tra una giga produzione e l’altra, ecco che Wan fa il
miracolo e trova il tempo di mettere insieme questo film con micro budget,
girato in mezz’ora, super camp e super citazionista per gli amanti duri e puri
dello slasher anni ‘80 quanto (bellissima sorpresa) dei gloriosi horror Italici
di Dario Argento e Mario Bava. E io sono così, ancora a scatola chiusa, mi
commuovo. Mi ero commosso a vedere dietro a The Nun l’amore per i classici
Hammer, mi commuovo oggi a vedere in questo Malignant influenze da Nightmare on
Elm Street quanto da Profondo Rosso e Demoni. Citazioni che vanno dalle
inquadrature ravvicinate delle armi del villain alla dimensione onirica. Dalla
musica onnipotente e pompata ai bagni di sangue splatter. Wan aggiunge alla
salsa un po’ di J-horror ma la ricetta tiene, non diventa incoerente. C’è anche
un pizzico di Light Out e funziona.
Malignant parte lento, assomiglia a
molte altre pellicole e non sorprende come colpi di scena. Ma l’adrenalina
sale, sale veloce e tutto diventa una giostra. Bellissimo il mostro per trucco
prosterico, costume quasi vittoriano, morfologia e capacità di attacco. Zoe
Bell si è superata nella performance action e ci riporta ai suoi fasti ginnici
in Kill Bill. Bellissimo il mondo sotterraneo, riuscite le fasi oniriche,
semplice ma chiara la messa in scena. Malignant sembra davvero un film del 1987
uscito oggi, sarebbe stato benissimo nella rassegna dei film dello zio Tibia
per la sua leggerezza, genuina eccessività nella messa in scena, voglia di
spaventare quando divertire il pubblico offrendo “tutto ciò che piaceva a quel
pubblico”. Voglio metterlo idealmente in una Double vision vicino al film di
Wan dedicato ai pupazzi, Dead Silence. Molto brava l’attrice principale,
“volutamente da slasher” l’interpretazione stereotipata dei poliziotti interpretati
da George Young e Michole Briana White. Jaqueline McKenzie ha una parte breve
ma intensa, da vera Scream queen. Molto carina Maddie Hasson, che irrompe sulla
scena, in un grigio ospedale dove è ricoverata la protagonista, vestita
come una principessa delle favole perché “lavoro in un ristorante per
bambini”. Dona molto leggerezza alla narrazione, quasi immolandosi a “linea
comica”. Alla fine le si vuole bene.
Mi è piaciuto, parecchio. È un filmetto
solido, divertente, con un bel mostro e una buona atmosfera. È anche un film
che “non fa l’arrogante”, non si risparmia per dare il via ad un franchise
diluendo le idee e lanciando ponti a sviluppi futuri. È un film semplice “fatto
per divertire”, circostanza che ne dà quasi una mosca bianca in sala. Non so
quanto sia corretta l’affermazione di Wan sul fatto che Malignant sia “la sua
risposta a Frozen della Disney”, ma il rapporto tra i personaggi della Wallis e
della Hasson in effetti ha un po’ della complicità tra Elsa e Anna. Tranquilli
però, il film vira presto in zona sbudellamenti e sinistre inquadrature
splatter argentiane.
Speriamo che in futuro James Wan possa fare a tempo pieno questo tipo di film. Qui sembra davvero essere tornato a divertirsi come un tempo e i fan ringraziano.
Talk0
Nessun commento:
Posta un commento