sabato 22 maggio 2021

Un altro giro - la nostra recensione del sorprendente e ironico film di Thomas Vinderberg, vincitore dell’oscar come miglior film straniero

 


Danimarca, ai giorni nostri. Martin (Mads Mikkelsen), Nikolaj (Magnus Millang), Tommy (Thomas Bo Larsen) e Peter (Lars Ranthe) sono amici di vecchia data e insegnano insieme nello stesso liceo di Copenhagen. Martin insegna storia e sta vivendo una grave crisi professionale e familiare. Non riesce a far appassionare i suoi studenti al punto che si minaccia il suo licenziamento. Il lavoro serale che impegna la moglie consente a Martin  di frequentarla per un paio di ore al giorno, per lo più quando è mezza addormentata e non gira molto meglio nel rapporto con i figli. Quando il gruppo di amici decide di festeggiare in una serata ad alto tasso etilico i 40 anni di Nikolaj, Martin scopre che in fondo anche i tutti i suoi amici non se la passano benissimo. L’insegnante di lettere e musica Peter è sovrastato da un coro musicale stonatissimo e vorrebbe essere di maggiore aiuto agli studenti. Tommy non riesce a coordinare la squadra di calcio che allena e ormai passa il tempo a guardare il giornale e non il gioco di squadra. Nicolaj non regge i tre figli piccoli che infestano il suo letto matrimoniale, riempiendolo quotidianamente di pipì, e non gli importa più molto di insegnare psicologia. “In vino veritas”, come dicevano i latini. Così in quella sera i quattro amici si ubriacano, piangono, si confidano e ricordano i tempi andati mentre sbronzi cercano di rincasare all’alba. Non si divertivano così dai tempi del liceo. Da quando Martin aveva messo da parte il suo sogno di diventare ballerino di danza moderna, insieme alla passione per gli alcolici, quando la sua ragazza era rimasta incinta. Tante lacrime e passi di danza moderna sbilenchi in una notte a Copenhagen. Poi il giorno dopo l’illuminazione: fare insieme una ricerca per convalidare le teorie dello psichiatra Finn Skarderud sul B.A.C. (Blood Alcohol Content). Secondo Skarderud gli esseri umani vivrebbero di un “deficit alcolico” del tasso alcolemico del 0,05, che li separerebbe dalla “migliore forma di se stessi”. Un tasso che se integrato, tenendolo stabile per dato periodo giornaliero, permetterebbe alle persone di vivere meglio, in modo più rilassato, coraggioso e creativo. Con quel “frizzantino nel sangue” si potrebbero accantonare le paure di vivere come le timidezze, avvalorando uno stile di vita che per gli storici sarebbe quello di Hernest Hemingway, Wiston Churchill e molti recenti politici noti (ritratti goliardicamente nella pellicola in momenti storici in cui apparivano piuttosto “brilli”). Ponendo che tutto questo sia sensato, il piano folle dei quattro amici è bere costantemente e “scientificamente” dall’inizio delle lezioni fino alle 20 di sera, non eccedendo però di un tasso alcolemico di 0,05, tenuto sotto controllo da un etilometro portatile. Bere e annotare gli effetti in incontri serali. Da subito emergono problemi a esprimere delle parole complesse, ma tutto il resto compensa alla grande. I quattro “brilli controllati” si sentono insegnanti migliori e gli studenti li seguono con entusiasmano. Sono di colpo mariti più “presenti” e sensibili, che riscoprono pure le gioie del sesso. Ma i quattro sono soprattutto, anche se non riescono a confessarlo, un gruppo di amici affiatati come non succedeva da tempo. Perché smessi i panni del corpo docenti sono tornati a parlarsi come quando erano ragazzi. Va così bene che decidono di passare alla seconda fase del progetto: implementare il tasso alcolemico sulla base della tolleranza individuale all’alcol. Come andrà a finire?



Irriverente, intelligente, divertente, satirico e con una punta di genialità, il film di Vinderberg sorprende e travolge, tenendo incollati dal primo all’ultimo minuto. Merito di una trama perfettamente bilanciata e originale, di un buon ritmo e di interpretazioni davvero convincenti, complici e affiatate. È un vero piacere vedere Mads Mikkelsen in un ruolo diverso dal “bel tenebroso“ per cui lo conosciamo dai tempi di 007 Casino Royale, Valhalla Rising, Rogue One e Hannibal. Si rivela un attore generoso, empatico, spiritoso. Molto bravo anche Thomas Bo Larsen, che mette davvero a nudo l’animo del suo disastrato Tommy, ma è davvero difficile stillare una classifica, perché tutti e quattro i nostri eroi sono davvero riusciti, sopportati da un cast di comprimari davvero valido. Se non fossimo in Danimarca, potremmo pensare di essere davanti a una sofisticata commedia british e c’è da scommetterci che Un altro giro saprà generare più di un remake internazionale, magari anche un musical. Il tema dell’alcol è forte. Divisivo ma non scontato, adeguato a una lettura su più livelli. Anche se la pellicola spara più di una cartuccia in direzione della satira e della leggerezza, il bere non è raccontato solo per i suoi meriti positivi in capo di “espressività” e non tarda a mostrare i vari demoni “fisiologici e psicologici“ che l’alcol riserva. Le immagini della pellicola mostrano spesso una forte critica sociale indirizzata all’abuso ricreativo del “bere”. Si parte dai giochi a base di binge drinking dei giovanissimi (come la “corsa intorno al lago”) fino alle celebrazioni locali più note, come la festa di diploma in cui i ragazzi girano su dei pulmini con un berretto da marinaretto in testa e litri di birra nel sangue (rimando alla serie Equinox di Netflix, dove questa tradizione è centrale nello sviluppo della storia). L’abuso di alcol è raccontato come un problema sociale serio, che si declina come un'autentica “paura del bere”. Se l’abuso viene “accettato anche se stigmatizzato“ quando si parla di giovani danesi, fin dalla scena che apre la pellicola, il film racconta di come gli adulti, rifuggano il bere con insistenza e fermezza. Al punto che il tornare a bere di questi quattro professori, seguendo questa bizzarra ricerca, diviene quasi un distorto ritorno alla giovinezza e alla spensieratezza. Una sorta di “riconciliazione etilica“ che autorizza ad accedere ad una spensieratezza colpevolmente messa in soffitta da qualche parte della mente.  Un “mollare la prese” che però funziona, svela i problemi di una vita accettata in modo troppo rigido e permette di fare dei cambiamenti in corsa. In vino veritas, anche se con moderazione a 0,05 e controlli costanti quasi ai limiti di chi, oggi, non passa due ore senza sbirciare sul contapassi se sono stati ultimati i 10.000 passi consigliati giornalieri. Certo poi quando si passa da 0,05 a 0,5 fino ai numeri da ritiro patente “il gioco cade”, così come i suoi influssi positivi. E allora la pellicola riesce a ingranare una marcia diversa, anche più malinconica. Funzionale ma anche onesta sui reali problemi dell’essere dipendenti dall’alcol. 

Un altro giro è un film un po’ folle, ma soprattutto per questo esilarante, molto più profondo di quanto sulla superficie appaia. Un film che ci interroga davvero sui reali motivi “positivi” per cui può nascere una dipendenza, in grado di stimolare dei dibattiti interessanti sul tema. È inoltre un delizioso film sull’amicizia e sulla difficoltà di diventare grandi, un po’ dalle parti di Quattro Matrimoni e un funerale o Full Monty. 

Un altro giro è uno dei motivi migliori per tornare al cinema dopo tanto tempo, non fatevelo scappare. 

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