venerdì 14 settembre 2018

Ant-Man and the Wasp: la nostra recensione



Sinossi fatta male: Dopo gli eventi di Civil War, Scott Lang, il piccolo Ant-Man interpretato da Paul Rudd (sempre bravo, quasi meglio del solito quando interpreta il personaggio di Michelle Pfeifer), è agli arresti domiciliari, passa il tempo davanti alla televisione, suona la batteria e crea mini-parchi-giochi in cartone lungo le scale e pareti domestiche per allietare la figlia Cassie (Abby Ryder Fortson). Il buffo poliziotto Randall (il buffo Jimmy Woo già visto in The interview di Rogen e Franco nel ruolo più assurdo di sempre) è l'agente addetto a far rispettare a Scott la misura di sicurezza, non sembra cattivo ma non perde mai di vista il segnalatore legato alla cavigliera del nostro eroe, aspettando ossessivamente solo l'occasione giusta per trovarlo fuori casa, allungargli la pena e fare carriera. Il vecchio Dottor Pym (Michael Douglas, sempre più mistico e ascetico, anche quando è fatto un computer grafica ringiovanente) e la figlia Hope (la bellissima, ma forse troppo perfettina, Evangeline Lilly) non vedono più Scott, né vogliamo più saperne di lui, per aver agito a loro insaputa per supportare Captain America, perso la tuta e in genere essersi comportato da fesso. Lo scienziato sta cercando un modo per recuperare dal mondo quantico la moglie Janet (Michelle Pfeifer, ancora travolgente, anche se impersonata in qualche scena dalla computer grafica ringiovanente e da Paul Rudd), sembra particolarmente vicino a una soluzione, ma gli manca della tecnologia per compiere l'impresa. Hope ha iniziato a indossare la super tuta di Wasp  e a frequentare brutti ceffi (Walton Goggins, ormai specializzato in ruoli da brutto ceffo, qui con una dose di impotenza e sbadataggine in più stile Willy Coyote) al fine di recuperare la tecnologia di cui sopra. Il simpatico Luis (Michael Pena, sempre più logorroico, mitragliante e protagonista) e il resto del vecchio gruppo di ladruncoli di Scott (i sempre spassosi T.I. e David Dastmalchian) si sta riciclando come società addetta alla sicurezza, con scarso successo e molti debiti, la ex moglie di Scott (Judy Greer), insieme alla figlia e Bobby Cannavale (sembra averne uno in casa) sembrano contenti, uniti e speranzosi per la fine della detenzione casalinga di Scott, prevista a una settimana scarsa. Ma c'è una nuova tizia mascherata in città, il Fantasma (la sensuale, disperata è pericolosa Hannah John-Kamen), che cercherà in ogni modo di rovinare a tutti i piani. 


Inaspettatamente, Ant-Man and the Wasp è un buon film: Vi confesso che del piccolo Ant-Man non ne avevo proprio più voglia dopo tutto il concentrato assurdo di supereroi, alieni, stregoni, mutanti, Battle -Royale  stile wrestling, battutone e battutine, pathos, roba colorata, effetti speciali e botti vari che è stato Avengers: Infinity War. Era un po' quei quasi due chili di peperonata della nonna, "che se non la mangi lei ci rimane male", che ti arriva nel piatto mentre sei ancora in bagno a vomitare il resto del cenone di capodanno più devastante dei cenoni di capodanno. Però alla fine quella peperonata la mangi, e in fondo sei contento di mangiarla, perché la peperonata della nonna ha sempre il suo perché. E se questo valeva per il primo Ant-Man, capita anche per questo sequel. Anche il primo Ant-Man capitava quando nessuno aveva davvero voglia di vederlo, dopo un'abbuffata chiamata Avengers: Age of Ultron, e sapeva conquistare con elementi semplici e genuini come la peperonata della nonna. La chiave vincente è sempre presentare un supereroe dotato di una abbondante dose di umorismo e autoironia, che vive tra le trame più spensierate della commedia per ragazzi anni '80 e suoi dintorni. Un po' di Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi, un po' di Salto nel buio, un tocco vintage da Viaggio allucinante (qui nel seguito ampiamente ripreso, anche visivamente, nella seconda parte), un po' di Ant-Bully che piace ai bambini, tutto condito con grandi dosi di humor e una spruzzata finale di psichedelia drogata anni '60, accompagnato da una spruzzata di old-fashion style di marca Michael Douglas. Un Michael Pena armato di battute surreali, una banda di tizi stralunati e irresistibili per creare atmosfere da heist-movie irresistibile, un cattivo da b-movie  di quelli che ci piace odiare ma così sfigato che fa simpatia, un cattivo che non è un cattivo, Evangeline Lilly che è sempre tanta roba. Nel secondo film è tutto raddoppiato come la formula vuole e tutto funziona meno bene come il botteghino prevede, ma ci si diverte. Sopra tutto e tutti svetta Paul Rudd, attore a cui non avrei mai dato una lira fino a che non ho visto il primo Ant-Man, che riesce a inventarsi un eroe non banale, non retorico, particolarmente scemo ma amabilmente umano. Evangeline Lilly come co-protagonista affascina, ha uno sguardo che ti stende, ma non riesce a definirsi abbastanza bene come personaggio. Ingiustificabile il fatto di nascondere il suo fisico da urlo dentro una tuta da supereroe amorfa e acarismatica, uno scafandro brutto come del resto quello che svilisce la Vedova Nera di Scarlett Johansson (forse una scelta di design necessaria per vendere i cine-fumetti anche nei paesi più perbenisti e bigotti, ma che annienta tutta la travolgente carica erotica delle eroine di carta Marvel). Ancora più ingiustificabile il fatto che il suo carattere non ci viene mai davvero presentato, relegando il suo ruolo al solo, pur lodevolissimo, menare le mani e fare acrobazie in modo figo. Michael Douglas e la Pfeifer ad ogni modo quando sono in scena si mangiano tutti, irradiando puro carisma. Sempre elegante ma un po' in disparte Laurence Fishbourne, criminalmente sottosfruttato il grande Bobby Cannavale, Michael Pena spiritoso ma forse troppo "carico". Come brutta tradizione Marvel, i cattivi non funzionano molto. Anche qui si intuisce il potenziale e l'impegno degli interpreti dei villain, ma è quasi se la cinepresa sia tarata per tenerli fuori dall'inquadratura il più possibile, concedendogli al più una scena di pathos e molte di troppe scene macchiettistiche.  Ma ormai è questa la formula Marvel e il film, come del resto gli altri dello stesso filone, comunque riesce al meglio nell'impresa di divertire e far passare un paio d'ore spensierate. Tra sparatorie, inseguimenti, formiche giganti e uomini formiche e tanto Michael Douglas, si riesce anche a ridere un po'. E non è una cosa brutta. 
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