giovedì 27 settembre 2018

Mission Impossible: fallout- la nostra recensione




Il mondo è di nuovo in pericolo e questa volta è "colpa" di Eathan Hunt (Tom Cruise), che per salvare il suo amicone del cuore Luther (Ving Rymes)  si fa scappare dalle mani tre bombe nucleari, prontamente finte nelle mani di pericolosi figuri del mercato nero. Per recuperarle dovrà fare i conti con una femme fatale che si vede troppo poco sullo schermo (Vanessa Kirby), sarà costretto a incontrare di nuovo uno sgradito figuro (Sean Harris) e dovrà sopportare di avere tra i piedi un brutale super agente baffuto (Henry Cavill). Questa volta la caccia al tesoro ci porta tra le strade di Parigi, sui tetti di Londra e da qualche parte nel medio oriente per l'ultimo atto. Riuscirà Tom Cruise tra acrobazie, maschere e inseguimenti a recuperare le bombe atomiche e salvare il mondo da un "fallout" che ci porterebbe dritti alla saga di Mad Max?
È bassino con il complesso di essere bassino, è sempre più asessuato,  quasi ascetico forse per motivi religiosi, è vecchierello ma con tanta palestra giornaliera, è per lo più sempre meno divertente, forse anche perché le battute gliele scrivono troppo in piccolo e lui è sempre più miope. È egocentrico anche  se con l'età si sente sempre più fuori luogo e avverte l'esigenza continua di scusarsi, perché si sente fuori posto, fuori tempo massimo. Ma non dimentica di avere uno dei sorrisi storti più affascinanti di sempre e sa quando sfoderarlo. Un giorno avrebbe voluto essere Dustin Hoffman ma oggi il suo modello di vita è Jackie Chan, pertanto accoglie con gioia la prospettiva di non avere stunt-man e di passare conseguentemente mesi in terapia riabilitativa per qualche salto finito male sul set, che magari può usare/riciclare per la versione moderna del gag-reel dei titoli di coda di Jackie Chan, le Instagram Stories. Ha un mare di difetti ma ammettiamolo, mettiamo Tom Cruise nella storia giusta, con il regista giusto, i comprimari giusti e le migliori scene d'azione che Hollywood riesce oggi a produrre  e lui, se è "in botta giusta", riesce ancora a sbancare il botteghino, facendo divertire il pubblico per un paio d'ore. E non ti fa nemmeno pensare che la maggior parte del budget investito da Paramount, di svariati miliardi, sia di fatto stato impiegato per farlo sembrare alto quanto quell'attore/merluzzo di Henry Cavill. 



La domanda giusta da fare è quindi: "A questo giro Tom è in botta? Gli piace il progetto?". Con La mummia non è che le cose fossero andate benissimo. Più che altro perché Tom non era in botta e quando un piccolo dittatore da set come Tom non è in botta l'intero film non può funzionare. Tom cambia i registi, riscrive le battute, cambia  il cast, rifà i costumi, i set, le musiche, pretende panini diversi per la pausa pranzo. Tom ai tempi de La mummia non ci stava al fatto che il film non si chiamasse Mission Impossible contro la mummia (con "contro la mummia" scritto in molto piccolo) e ha fatto di tutto per creare il film che voleva, che anche se era un'idea di merda era la "sua" idea. Oggi Tom torna a fare quello che sa fare meglio negli ultimi anni, cioè Mission Impossible. Con  lo stesso produttore (J. J. Abrams), ottimo regista/sceneggiature (Christipher McQuarrie) e ottimo cast (da Simon Pegg ad Alec Baldwin, passando per l'immancabile Ving Rhames)  del precedente fortunato capitolo del franchise. Al netto di un Jeremy Renner del tutto assente per non metterlo più in ombra. Al netto di qualsiasi figura femminile messa qui sempre più strategicamente in ombra, quasi a impedire che il pubblico anche solo per un istante pensi alla figa e non a lui (inutile dire quanto questo faccia incazzare, perché tra la Kirby e la Ferguson di gnocca ce ne è, ma "a questo giro" il Tom non vuole proprio farcela vedere). Tom sceglie Henry Cavill come altro "macho" su cui confrontarsi sul set, sicuro che il merluzzo ha già perso in partenza grazie a un personaggio che per motivi di sceneggiatura (voluta da Tom) si svilupperà in modo patetico e grottesco. Eliminato il "superfluo" dallo show, Tom si dedica anima e corpo a quello che gli riesce meglio: i suoi amati stunt girati rigorosamente senza controfigura. Questa volta il piatto forte prevede un salto nel vuoto in halo su Parigi, con contorno di incredibili e immancabili inseguimenti in auto e a piedi, nelle splendide location parigine/londinesi, e chiude con un finale a base di elicotteri, montagne e bombe in medio oriente. Nel mezzo intrighi funzionali alla trama a base delle solite maschere e doppi giochi, che si dimenticano immancabilmente mezz'ora dopo la visione, come regola ormai consolidata. A contorno una caratterizzazione di Ethan Hunt più matura/sclerotica, qualche volta autoironica, spesso piuttosto monocorde. È lo show di Tom e il giocattolo funziona. Anche se è meno bello del film precedente, a sua volta meno bello del film precedente, il livello di intrattenimento è così alto che non ci lamentiamo. Anche se forse molte delle idee passate sapientemente cestinate da Tom per non metterlo in ombra potevano dare qualcosa di più a un franchise che, oltre a Tom e al suo Ego, ha sempre meno da dire a tutti gli altri. Oggi non è ancora successo, ma presto, se non ci sarà una inversione di tendenza, di questi Mission Impossible ci romperemo un po' le palle. Fun fact: in sala ogni volta che Tom cadeva male, si feriva, prendeva pugni o veniva ribaltato da quel merluzzo gigante di Cavill, c'era il pubblico che esultava. Il pubblico era poi in delirio quando su schermo arrivava la famosa scena, ultra-reclamizzata, in cui sul set Tom di faceva male sul serio, al punto da sospendere per mesi le riprese. C'era in sala un perverso piacere a veder soffrire il perfettimo/ascetico/egocentrico/tappo agente segreto Ethan Hunt. Se vi sta antipatico Tom Cruise, in questo film lo vedete spesso prendere pugni più che tirarli. Non so quanto questo sia bello, ma Tom sembra scherzarci sopra e accarezza sempre più l'idea del sequel di Edge of Tomorrow, film in cui il suo personaggio per una sorta di "giorno della marmotta fantascientifico" muore in scena decine e decine di volte, spesso in modi buffi intrisi di black humor (peraltro film bellissimo). Anche questo è saper fare business. 
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