1937,
Nanchino. Siamo nel pieno dell'invasione giapponese quando in una chiesa
cattolica compare un uomo misterioso di nome John Miller (Christian Bale), che
dice di essere un prete ma non ne ha nessuno dei modi. Nella chiesa sono
presenti alcune studentesse e presto si uniranno al gruppo anche delle ragazze del
quartiere a luci rosse, tra cui la bella Yu Mo (Ni Ni). La guerra all'esterno
continua a mietere vittime per le strade, mentre i pochi scampoli dell'esercito
cinese ancora in vita, tra cui il maggiore Li ( Tong Dawei) fanno di tutto per salvare i civili. A seguito di un brutale attacco alla
chiesa, la situazione sembra trovare un momento di pace, quando il colonnello
Hasegawa (Atsuro Watabe) decide di voler assistere all'esibizione di canto
delle collegiali.
I fiori
della guerra è un film sulla guerra, un film sulla società e un film sul
contrasto tra realtà e apparenza. Tutti temi che in molti momenti della
pellicola coincidono e si sovrappongono in modo originale, a volte
"eroici", a volte inaspettati. L'abito che i protagonisti indossano
come preti, come soldati, come studentesse e prostitute, rappresenta al tempo
stesso una corazza e un limite alla definizione del loro mondo interiore. In
una trama che si dipana in modo preciso quanto geometrico ogni personaggio
segue un processo di ridefinizione del proprio ruolo sociale, cambiando d'abito
quanto di stato d'animo.
Il
regista Zhang Yimou negli ultimi anni ha in larga parte abbandonato il suo
forte cinema di lanterne rosse e temi sociali, vissuto per lo più al fianco
della sua musa Gong Li, contribuendo invece alla ridefinizione e valorizzazione
dei film di cappa e spada, anche sul piano "intellettuale", che tra
pugnali volanti e città proibite si è posto con un volto rinnovato e più attraente
per i palati occidentali. Insomma, i tempi di Keep Cool sono finiti e come John
Woo e Ang Lee prima di lui, anche il nostro benemerito Zhang flirta sempre più
con Hollywood, facendosi al contempo ambasciatore culturale del suo paese e
fautore di "operazioni amicizia" come il recente The Great Wall.
Pace. Rimane inconfondibile il suo tocco, l'eleganza visiva e sonora, la
straordinaria capacità di dirigere attori, non mancano graffianti e
straordinari colpi da maestro (la sua Città proibita è per me puro
teatro tragico shakespeariano nonché lo scenario
di uno tra i più notevoli, spettacolari e giganteschi combattimenti wuxia di
sempre) ma il "volemose bene" ha quasi preso il sopravvento. Qui
invece accade meno in effetti. Yimou torna a parlarci di caste, di onore, di
melodramma, torna a parlarci del mondo femminile con la ricchezza e
sfaccettature che lo contraddistinguono, sempre alla ricerca del punto di
contatto ideale per definirle tra "forza e bellezza".
Tanto le
interpreti delle studentesse che delle prostitute sono straordinarie, nessuna
esclusa. Tutte diverse, tutte uniche, con una Ni Ni che svetta per eleganza e
fascino diventando in breve il motore emotivo dell'intera pellicola (a
qualcuno ricorderà Meggie Cheung di In The mood of love di Wong Kar-Wei, per il
particolare modo in cui è inquadrata, abbigliata e per il suo modo di
camminare). Personaggi che "il mondo maschile" non può che proteggere
e ammirare, perché in difetto non può che mostrare il suo volto più mostruoso.
La carica rivoluzionaria e femminista dell'autore non si è spenta quindi ed è
rinata nella contemplazione di questi fiori della guerra. Come da sempre il
cinema cinese ci racconta, non esiste alcuna pietà né onore per i soldati
giapponesi responsabili dell'invasione. Mostri sporchi e crudeli, barbari nei
modi e nelle forme, malvagi e senza Dio che personalmente faccio sempre fatica
a sovrapporre con i soldatini ordinati, leali e immacolati dipinti dal cinema (e tanti fumetti) giapponesi. Fanno una dannata paura. Ma anche questo è un dato
interessante nello scoprire le varie declinazioni geografiche del cinema. Bravo
Christian Bale, che accoglie con tutta la sua intensità e capacità il ruolo del
gaijin sulle orme già tracciate da Richard Gere per Kurosawa. Rivedendolo qui
in un contesto orientale a cavallo della seconda guerra mondiale non si può che
ricordarlo ai tempi de L'impero del sole, anche se la
geografia/regia/età/contesto è differente.
I fiori
della guerra è una perla preziosa da recuperare in home video. Sa essere spettacolare
e crudele nelle scene di guerra, sa essere intensa e profonda, senza
cadere mai nel facile melodramma, nella rappresentazione del mondo
interiore dei protagonisti, concedendo a ogni interprete il giusto
spazio per esprimersi al meglio. Quest'anno Yimou è alla Mostra del Cinema di
Venezia con Ying, un wuxia tratto dal celebre Il romanzo dei
tre regni (se vogliamo Hero sempre di Yimou era già
"sul pezzo" e riusciva a rendere Jet Li quasi un attore drammatico),
presentato fuori concorso. Mi pare non sarà lontano da Kagemusha, sarà
sicuramente spettacolare e probabilmente sarà meno "sociale" ma
voglio già vederlo. Mi dispiace un po' che non concorra direttamente, ma non
vedo l'ora.
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