- Breve sinossi: Siamo di nuovo nel pianeta dei morti, nella
Londra del futuro dove i non-morti ormai camminano sulla terra e in cui un
Dylan Dog brizzolato e con qualche ruga in più riveste il ruolo di ispettore
nella fantomatica Polizia dell'Incubo. O almeno questo è quello che succedeva
fino a che il nostro eroe non aveva deciso, al termine del numero scorso di
andare a vivere tra gli Immemori, delle persone che grazie al fumo continuato
di sostanze psicotrope speciali si dimenticano di parte della propria memoria,
soprattutto quella riguardante gli zombie, abitano le gioiose casette di una
specie di mondo artificiale, una copia di Londra in scala 1:1, protetta da
guardie e alte mura, che il geniale costruttore Werner continua ad allargare ed
espandere oltre la Londra Vecchia, con i fondi di chi vuole unirsi al suo
gruppo. Scusate la quantità di informazioni strabordanti, vi consiglio di
sedervi un attimo e di prendere un bicchiere d'acqua per metabolizzare tutto e
poi riprendere con calma da questo punto, che passa la paura. Dagli eventi
narrati nello scorso numero è passato un anno. Tra una fumata e l'altra Dylan
si è fatto un'altra vita tra gli immemori e ha conosciuto Sybil, decidendo di
mettere su famiglia con lei. Per sfoderare del fascino extra ha pure deciso di
tingersi i capelli come Fantozzi e di trovarsi un lavoro, investigatore
privato. Sta pure stringendo sempre più amicizia con Werner, il misterioso
demiurgo di questa nuova Londra, quando succede l'imprevisto. Uno strano figuro
dai tratti lombrosiani, che pare a prima vista un misto tra Dario Argento,
George Romero e John Carpenter invecchiati male e fusi in uno, compare nei
programmi tv della nuova Londra, tra una pubblicità di una tintura per capelli
e l'altra. Il tizio, che dice di chiamarsi Herbert Simon, si dichiara
scienziato e filosofo e dice al mondo londinese 2.0 di smettere di fumare, che
il fumo fa male. E Dylan smette e subito i suoi poteri auto-cancellanti di
immemore iniziano a vacillare. Lui inizia a ricordare delle cose, a fare collegamenti,
si sente risvegliato. E così vuole andare a incontrare questo dottor Herbert
Simon, per dirgli che gli ha cambiato la vita più della crema sciogli-pancia
che pubblicizzano dopo i suoi programmi tv. E presto scopre che questo vive in
una casa fatiscente. E che non lascia mai una piccola valigetta che pare la
custodia di un clarinetto e che lui dice, in realtà, contenere una trappola
esplosiva.
Nuovo numero per una delle migliori testate di Dylan Dog, un esperimento
geniale che partito come episodio breve nel Color Fest si è trasportato con il
tempo sullo storico e poi scomparso "Dylan Gigante", per poi approdare
allo storico "Dylan Dog speciale". Una serie che nonostante tutti
questi passaggi ha conservato la continuity più stretta e pregna di eventi,
con "fatti, non.pugnette" (Paolo Cevoli dixit) che stanno andando a
costruire uno dei Dylan più affascinanti di sempre.
- "Si', ok, ma come recupero tutta la storia?" Ogni volta che un
nuovo numero del Pianeta dei morti si palesa in edicola si susseguono da parte
del lettore classico dell'indagatore dell'incubo Bonelli, quello abituato ai
numeri autoconclusivi, le solite scene di panico generalizzato: "dove
trovo i vecchi numeri? Macchebastardi!! Il mio edicolante la volta scorsa stava
in vacanza e non me lo ha tenuto da parte, cosa devo fare per non
suicidarmi? Perché non è stato distribuito a Orrido, località nei pressi di
Colico?". Niente timore! Come sempre qui ripeto, per obblighi di servizio
autoimposti, tutta la saga è raccolta in un bel volume cartonato delle
edizioni Bao da fumetteria/libreria, facilmente reperibile, intitolato appunto
Il pianeta dei morti per poi continuare sullo speciale Dylan Dog
numero 29 La casa delle memorie e su questo numero 30, che probabilmente
saranno pure loro raccolti insieme in un cartonato Bao. La continuity, se la
conosci puoi combatterla. Se la conosci non ti uccide.
- Un nuovo viaggio nell'incubo futuro di Bilotta: continua con questo nuovo
numero l'affascinante lavoro di distillazione dell'universo dylaniato in una
forma nuova e compatta ad opera del bravo Bilotta. Un autore che davvero riesce
tanto a legare le storie classiche quanto a portare il nostro anti-eroe in
territori nuovi e finora inesplorati, vincendo la struttura gioiosamente
anarchica quanto "tendenzialmente chiusa". Il suo Dylan ha una
struttura solida e percorre un complesso percorso di vita senza però tradire il
personaggio di Sclavi, conservandolo integro e libero. Un lavoro davvero
complesso ma che secondo me riesce ad appagare tanto il lettore di vecchia data
quanto il neofita, anche perché le citazioni più dirette provengono, almeno per
ora, dal "bagaglio indispensabile" del lettore dylaniato, i numeri più
noti, amati e ristampati. Il numero 29 ci presentava un mondo dei morti
spaventosamente non troppo dissimile dal nostro, in cui i non morti erano forse
un'altra faccia delle persone che in numero sempre maggiore cadono in stato di
povertà a seguito della dilagante crisi sociale. Una under-Class vera e propria
che dalle periferie minacciava di espandersi verso il cuore del mondo moderno,
rappresentato in qualche modo dalla Londra del futuro. Il 29 era un numero in
qualche modo politico, in cui le soluzioni alla minaccia zombie erano in
sostanza due: affrontarla o scappare. La strenua sopravvivenza sul campo e una
lotta del fenomeno all'interno delle istituzioni, con la polizia dell'incubo in
prima linea nel recupero degli infetti con un apparato anche di tipo
assistenziale (e anche qui si palesa il "Dylan assistente
sociale" che fa più volte la sua comparsa anche sulla serie regolare).
Oppure una fuga controllata dalla realtà dimenticando da principio il problema,
eregendo delle mura, aderendo ai cosiddetti immemori e decidendo
sostanzialmente di drogarsi fino a di dimenticare tutti i guai del mondo, ma
forse anche se stessi. E' proprio da questa ultima soluzione che muove i passi
il numero 30, che si caratterizza invece con un approccio più vicino a
tematiche teologiche. Anche se politica e religione sono sostanzialmente facce
della stessa medaglia, non è più una questione di "dove stare" (in
prima linea o su un eremo) ma di "perché starci". Ci si domanda se la
vera felicità possa davvero risiedere nell'essere immemori, il che significa
una razionale/cinica scelta di vivere all'interno di una rassicurante bolla
fisica quanto emotiva apparentemente posta fuori dal tempo (anche se per
ingannarlo una tintura di capelli sembra un'arma spuntata), adagiandosi a un
infinito ripetesi di eventi che, per restare immutabile, non permette in fondo
di essere né felici né tristi, ma perennemente stunned.
Oppure se è preferibile levarsi questa corazza e affrontare il mondo avendo
fede. Fede nella nascosta ma potenziale capacità dell'uomo di cambiare il
mondo. Ma anche fede in un ordine sovra-ordinato che possa fornire la bussola
di ciò che è buono e ciò che è cattivo. Una razionalità spietata che decide di
non combattere una guerra già persa o una convinzione così forte nelle capacità
umane da permettere di provare a combatterla. Senza contare che tra ragione e
religione c'è spesso come terzo incomodo il caso, che agisce con regole tutte
sue. Anche se una persona razionale lo farebbe rientrare in una statistica,
pur minimale, e una persona religiosa leggerebbe in eventi incontrollabili e
spiazzanti delle prove di fede. Ed è interessante come i personaggi di Bilotta
si scambino di continuo le maschere della fede e della razionalità, pur
rimanendo in balia del caso SPOILER quanto a livello simbolico si vede un
Lucifero (Xabaras con le sue manie da "salvatore del mondo") che
veste i panni di Prometeo (il dottor Simon, che offre il dono della
conoscenza agli immemori) per "taroccare" una realtà meccanica
che si sarebbe risolta da sola senza alcun intervento divino o diabolico (la
guarigione del paziente zero). Quasi il simbolo di una spiritualità che non
trova più posto nell'era moderna (e la cosa potrebbe anche non essere un bene,
ve lo pongo come riflessione senza voler forzare alcun giudizio personale...
perché ritengo che sia bello poter riflettere liberamente su queste cose ed è
interessante che da un fumetto possano scaturire simili riflessioni) e deve
"forzare le cose" per mantenere il suo ruolo. FINE SPOILER Al di là di
queste suggestioni che Bilotta spalma anche con sagacia e ironia, il numero ci
offre nuovi punti di vista per capire il suo Dylan e fa delle rivelazioni
piuttosto importanti che avranno sicuramente peso nel microcosmo del nostro
antieroe anche nell'immediato futuro. Narrativamente è per me una delle letture
più belle dell'anno. Camagni, che già aveva donato grande umanità al Napoleone
di Ambrosini, evidenzia al meglio le debolezze e acciacchi del Dylan di mezza
età. Un eroe fragile e impotente anche alla luce del complicato periodo di
vita che sta trascorrendo, ma anche un uomo che sta cercando di rialzarsi, che
vuole ancora riuscire a cambiare il mondo. Anche il resto dei personaggi in scena
sono un po' soli, tristi e decadenti, non c'è molta azione anche perché non è a
quella che il numero punta. Ma tutti i personaggi si muovono su uno scenario
davvero di impatto, pieno di sfaccettature e suggestioni. Dal grande demiurgo
Werner che letteralmente (ma è un trucco) cammina in aria sulla nuova Londra
al dottor Simon, che si muove guardingo e spaventato tra vicoli oscuri. Dalla
stanza contenitiva dentro la quale come ombra bestiale si muove il paziente
zero, al museo di arte moderna dove i non morti all'interno di un cubo di vetro
diventano un opera-zombie viva e morta insieme. Immagini che si scolpiscono
subito in testa, cariche di simbolismo anche se spesso solo accennate,
assoggettate al meraviglioso racconto di Bilotta.
- In conclusione: questo speciale numero 30 è per me un numero irrinunciabile,
che continua con grande estro una delle storie di Dylan Dog più belle di
sempre. Potrei forse dire che la storia in questo caso è più bella dei disegni,
ma il lavoro dei professionisti coinvolti in questa storia è assolutamente
strepitoso. Un fumetto davvero imperdibile se avete amato o ancora oggi amate
questo personaggio. E' davvero una dolce tortura che per aspettare un numero
nuovo ci tocchi aspettare ogni volta un anno intero.
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