Ut è un uomo dal volto bendato, un assassino crudele, un
sognatore e forse un pazzo. Custodisce insieme a Decio, l'entomologo, la
Mastaba, una costruzione che racchiude un essere misterioso, tenendolo lontano
dal mondo. Anche il mondo in cui vive Ut è misterioso. Popolato da creature che
non sono più uomini, pervaso dalla violenza e dal cannibalismo, incistato da
sette che sorvegliano ogni strada e retto da padroni crudeli e occulti. Un
mondo deragliato fuori dalla vita. Senza bambini, senza gatti. Un mondo senza
cuore in cui i vivi e i morti hanno la stessa forma e lo stesso volto. Ma anche
un mondo pieno di eccezioni. La prima delle quali è Ut stesso, che dichiara di
non essere come tutti gli altri perché in fondo "mai nato".
Ok. Questa non è la solita analisi strutturata (male) dal sottoscritto, quanto
più una chiacchierata ideale con chi lo ha letto. Per me l'acquisto, in duplice
copia (edicola - fumetteria... E se esce cartonato Bao pure una terza copia...)
di Ut è sempre stato un imperativo categorico. Corrado Roi è
"semplicemente" il motivo per cui sono passato dai fumetti di
Topolino alle opere Bonelli. Nello specifico galeotto fu un numero di Martin
Mystere disegnato da lui, in cui l'eroe veniva "smembrato e
ricomposto" da una entità chiamata Baphomet; mi rimase impresso a fuoco
nelle retine. Un senso dell'azione brutale, visi torvi e lombrosiani, delle
ombre pazzesche. Mai visto all'epoca tanto sangue e smembramenti (ero
piccino), non sapevo nemmeno che un fumetto potesse "far vedere" cose
di quel tipo. Roi si è poi stabilito quasi in pianta stabile su Dylan Dog e io
ho iniziato a leggere Dylan Dog, scoprendo quell'uomo immenso che è Sclavi. Il
resto è un po' storia. Tagliando corto, Corrado Roi è sempre stato e sarà nel mio
cuore e tutti i brutti disegnini che pasticciavo da ragazzino, prima di fumarmi
l'anima con i manga, cercavano di copiare (miseramente) i volti espressivi e
le pose aspre di Roi.
Ut nasce come sogno nel cassetto di Roi. Il personaggio gli è "cresciuto
dentro" per anni, insieme allo strano mondo in cui vive, fatto di
"esseri non umani", cannibali e filosofi, architetti e sognatori.
Roi non lo aveva mai davvero "definito" ma immagino che Ut
"urlasse" per uscire su carta. Aveva un legame profondo con lui,
al punto che l'occhio dei più esperti ha subito scorto nelle sue schematiche
scenografie persino degli scorci di Luino, città natale dell'autore. Il
disegnatore finalmente ha accontentato Ut, volendogli donare non solo una forma ma anche una voce. E
questa di fatto è la prima storia che Roi scrive oltre che a disegnare. Con
estrema umiltà, fiducia e amicizia,Roi ha voluto essere accompagnato nel
viaggio da Paola Barbato, una delle penne più amate di Dylan Dog (ovviamente
anche da me). Paola ha cercato di affiancarlo senza guidarlo troppo, lasciando
quanto più pura possibile la magmatica materia di cui erano stati cullati per
anni i sogni su Ut. Quello che ne esce, oggi che è su carta, è
spiazzante, sorprendente, originale e davvero molto, molto strano. Ut è
un'opera che trasuda fascino scegliendo di rimanere ingarbugliata in una
complessa rete tanto di disegni che di testi. La massima espressione di una
mente vitale e non addomesticata dalle classiche regole di scrittura.
Dal punto di vista dei disegni Roi continua ed estremizza il suo percorso di
destrutturazione della tavola. Negli anni ha sempre più puntato a mettere al
centro del disegni le figure umane, tendendo a rendere stilizzati e simbolici (se non
proprio ad annientare) i fondali. Corpi che così dominano la scena, che
appaiono tridimensionali, scolpiti, con occhi così penetranti da bucare la
quarta parete e scrutare il lettore. In Ut il suo mostruoso studio sui volti
viene valorizzato al 1000% mentre il il tratto usato per delineare le figure
umane sembra mutare, dall'impostazione ultra-realistica bonelliana,
verso qualcosa di più estremo e simbolico, simile per certi versi ai lavori dei
giapponesi Tsutomu Nihei e Hirohiko Araki. Accanto ai fondali più tradizionali
e stilizzati (nella loro funzione sempre più accessoria, simili più a rapide
pennellate espressioniste ) Roi inventa qualcosa di "altro", fondali
che hanno quasi dell'alieno. Strutture con le pareti spesso solo formate da
corpi-statue ammassati e assemblati. Visi giganteschi che si sciolgono dai
lineamenti come il trucco delle donne a contatto con l'acqua o con le lacrime.
Visi incorniciati in affreschi bio-organici alla R.H. Giger. Dei non-luoghi
"vivi", avulsi da ogni tipo di geometricità o prospettiva, a
soppiantare la consuetudine di case fatte da muri e cemento. Come se per Roi il
livello più essenziale della architettura si possa ricavare nella scultura
umana. Ciliegina assurda, buffa, su tanta organicità per lo più lugubre, dei
dettagli come "il sole con faccina manga" o "i volti di gattini
disegnati sul vestito e la maschera di Ut (maschera che in certi frangenti,
così agghindata, pare quasi un pannolino per bambini colorato). Cagnolini
che sembrano Snoopy (per quanto inquietanti). Dettagli che paiono usciti da un
manga umoristico di Jacovitti o Toriyama, che di colpo alleggeriscono le
tavole, le caricano di sole, ma di un sole malato e straniante. Il "sapore" delle tavole di Ut è strano quanto il suo personaggio principale. Una
creatura coperta di bende come uno slave sadomaso. Con la bocca cucita da una
cerniera zip in una unica espressione, fissa, ma in grado di sorridere o
arrabbiarsi a seconda di come vengono disposti i due laccetti della lampo che
si trovano ai bordi delle labbra. Una creatura con gli occhi enormi e fuori
dalle orbite, scheletrica e ricurva, dalle movenze accentuate. Un mostro armato
di roncola che spesso in scena uccide altrettanti mostri strani
strappando loro gli arti con l'onomatopea "Zock" che risuona di
continuo sulle tavole. Ma anche una specie di Pinocchio, a guardarla con le
lenti giuste. Un non-uomo-bambino, che finito uno squartamento e amputate un
paio di dita, si ferma a contare le stelle e accarezza affettuosamente il gatto
Leopoldo e si intrattiene di nascosto con Yersinia (anche se raramente la chiama
con questo nome). Il micio e la bambina, l'unica di un mondo di adulti, che
vive solo nutrita da Ut "con le favole", sono lo strano cuore emotivo
che da calore tra tanto splatter grafico in bianco e nero. Ut sembra
graficamente ed emotivamente una copia insanguinata del Piccolo Principe, con
immagini orrorifiche che si concentrano su coltelli e occhi come nel migliore
Dario Argento. Da disegni che sembrano fuoriuscire da un libro illustrato per
bambini, direttamente alle teste mozzate. Ogni personaggio vuole essere un'allegoria. Alcuni sono chiari, altri più criptici, ma tutti e tutto diventano
incredibilmente complessi e complicati nella scrittura.
La storia è ugualmente difficoltosa da descrivere. E' una favola senza inizio e
senza fine, innamorata del suo indefinito "esistere". Roi sembra
dirci che non importa comprendere un mondo intero per starci dentro. E Ut si
"muove", osservato nella sua natura da un entomologo. Ut ha le
"sue ragioni", che possono essere anche "piccole" quanto
umorali, ma sono per lui importanti al punto da prendere spesso anarchicamente
il posto del buon senso e il filo del racconto. Sembra quasi dirci che per
sopravvivere al mondo bisogna quasi pensare in piccolo, purché "il
piccolo sia di valore", che sia connesso con l'insopprimibile bisogno
umano della affettività. Forse l'unica scriminante tra i vivi e i morti, tra
gli uomini e le bestie. Certo questo spiazza chi si aspetta l'epica o la
tragedia che, pur presenti negli altri personaggi, si ammantano sempre di vana
gloria, chiuse in un infinito ripetersi di fallimenti e (pochi) successi
umani. Come spiazza chi si aspetta logica e risposte universali da questo
fumetto. Ut, in tutte le sue pindariche fascinazione e complicazioni, è più
piccolo e semplice di quanto qualcuno vorrebbe. Tutto il contorno narrativo
oltre alla "fiaba" (e Ut prima di tutto vuole essere questo) è
"rimandato a dopo", indefinito e "inquieto". Ogni tanto
pare pure di stare in un anime come Ergo Proxy, con cui condivide malinconia e
pulsioni spirituali, ma l'opera manca (soprattutto perché "non la cerca") di una svolta finale che "sistemi le cose". Una seconda
stagione, con una seconda favola magari, potrebbe aiutare chi avverte
nell'opera di Roi un certo senso di incompiuto, più che una ostinata allergia
definitoria riguardo a eventi e personaggi del racconto. Ma il fascino in
effetti c'è, così come le buone intenzioni. E forse il senso del tutto
riconducibile all' "All you need is love" dei Beatles. Posso
capire però i detrattori. La trama è un po' contorta ma per me non pecca
nemmeno per un secondo di carisma, con vette di scrittura davvero notevoli.
Parlo della favola di Ut raccontata a puntate alla bambina, dei bambini-stele,
della campana sorda con un braccio per batacchio, del filosofi che all'interno
del loro corpo nascondono la verità, del popolo degli omini piccoli che teme di
essere mangiato dai più grandi, dei corpi impiccato a grappolo come marionette
abbandonate da un oscuro pupparo, delle "case che hanno una propria
volontà e provano persino paura" (che mi rimandano a un numero di Dylan
Dog, proprio a firma Barbato, che qui assume quasi una traccia interessante di
lettura, il 347 "Gli abbandonati"). Ut è un fumetto denso, criptico,
scomodo, probabilmente incompleto secondo i "canoni". Spesso i
personaggi sembrano girare su se stessi, spesso la trama bara con salti
temporali e logici. Graficamente è fin troppo surreale e indefinito, con
passaggi narrativi e logici che rimangono oscuri tra una tavola e l'altra, con
personaggi secondari spesso solo accennati e spesso dispersi, con
"costruzioni" che barano nella loro struttura non fornendoci un
chiaro senso dell'azione. Sono tanti difetti, ma che nonostante tutto non vanno
ad intaccare i moltissimi pregi grafici e narrativi dell'opera. E molti dei
momenti più evocativi forse non sarebbero stati possibili in una trama più
liscia e in un disegno più ordinato. Ut possiede la forza dirompente di piegare
gli schemi, ma tuttavia rimane quindi "ferito" nell'impresa.
L'opera può non piacere a tutti, l'opera può rimanere non capìta e abbandonata
perché molte delle "risposte che servono " arrivano solo al quinto
numero di sei. Qualcuno potrebbe pure fraintendere la buona fede di Roi,
vederci un'ambizione che è del tutto estranea a un autore umile come lui. Ed
è un peccato perché Ut è innanzi tutto un'opera intima le cui molte sfumature
appartengono a un intero mondo interiore sommerso, fiori di una sensibilità
unica. Ad andare di sintesi più brutale ammetto pure io di non aver "colto
tutto", ma di essere pur rimasto affascinato dal viaggio. Così come
affascinante è stato il modo in cui Bonelli ha proposto l'opera. Con le strane
copertine ruvide come liste irregolari di pietra, con le variant da fumetteria
realizzate da alcuni degli artisti più importati del panorama italiano e le
note di approfondimento. Ho sentito che Roi vorrebbe andate avanti, magari con
una nuova miniserie. Sono già fremente di leggerla, anche se ci volesse molto
tempo. Perché Ut è un'esperienza davvero unica e non vedo l'ora di essere
nuovamente sorpreso, confuso e intrigato da questo strano mondo narrativo.
Talk0
Forse le parole più pensate (e originali) che ho letto su Ut. Complimenti all'autore.
RispondiEliminaGrazie mille, molto gentile! L'amico Talk0 ne sarà orgoglioso!
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