giovedì 16 gennaio 2014

The raid - Redemption

Silenzio in sala e via con il massacro

Le premesse: con pochi uomini bene armati (tra cui il mitico Iko Uwais, che presto vedremo in Tai Chi Master di Keanu Reeves) fare irruzione in un palazzone diroccato in modo furtivo, eliminare un paio di sentinelle poco sveglie e procedere verso i piani alti fino a giungere all'appartamento di un boss locale, Tama Riyadi (il luciferino Ray Sahetapy) da arrestare o annichilire a scelta.

I fatti: il palazzone è una dannata trappola mortale con dentro più criminali che mattoni e con le porte sempre aperte per aumentarne il numero. Il boss controlla tutto con telecamere piazzate ovunque e in un attimo riesce ad accerchiare i poliziotti confinandoli a un piano intermedio verso il quale convoglia tutti gli sgherri di cui dispone, compresi un paio di luogotenenti tostissimi tra cui figura il pazzo bastardo Mad Dog (lo spettacolare artista marziale Yayan Ruhian).
Riusciranno gli Swat a liberarsi da questo mega trita carne potendo contare solo sul loro coraggio, sulle loro armi e su un'impressionante addestramento nel kung fu e nell'utilizzo di arma bianca? Che il gioco inizi!
Un giorno un tizio gallese di nome Gareth Evans esordisce alla regia con un micro film inglese da 10.000 dollari imbottito di gente pazza e tanto sangue


Il film piace ma se lo filano in pochi, Evans è fico ma non è il tizio che dirige Drive. Il nostro gallese è determinato, ha un ottimo senso del ritmo e della scrittura action. Ma non ha una lira e all'epoca non c'è verso di raccogliere i soldi in rete tipo con Kickstart e sembra destinato a tornare sui suoi passi. Ma Evans ha le palle ed è un decisionista. Sa che per diventare un regista da film action leggendari o trova finanziatori hollywoodiani o deve migrare dove gli action si fanno con due lire. Decide quindi di far ruotare il mappamondo e chiudendo gli occhi sceglie un luogo a caso frenandone la corsa con l'indice. 

Dopo due tentativi finiti rispettivamente in Oceania e ad Olgiate Olona, il ditone di Evans tocca l'Indonesia, paese dove ci si mena come in tutto l'oriente a colpi di arti marziali ma che non si fila nessuno e quindi è interessante da scoprire ed esportare. Il gallese armi e bagagli si reca in loco, assaggia un paio di snack locali e gli piacciono, scopre che si può stare lì a vivere con due lire, c'è verde, le tasse non ti ammazzano, c'è gnocca. Ok, ora può sfogare il suo estro gallese, fonderlo con i muscoli indonesiani e diventare il più grande regista di film action leggendari di tutti i tempi. Caso vuole che subito riesca pure a imbattersi in uno straordinario esperto di arti marziali, Iko Uwais. Velocissimo, spettacolare, quasi più brutto di Tony Jaa, Iko cerca l'occasione per diventare una stella a livello internazionale e Evans, con i soldi equivalenti a due happy meal e un paio di bottigliette del distributore automatico serviti in San Babila è pronto a offrirgliela. Evans scrive, produce e dirige cucendo sull'artista marziale, nell'anno domini 2009, l'action Merantau. Quando il low-budget di una latitudine diviene una somma discreta a latitudine diversa.


Certo, l'Evans “scrittore” non è che partorisca esattamente l'Amleto e manco sfiora il british sincopato stile di Guy Richie. La storiella, decisamente sull'orientale classico, vede al centro il solito ragazzotto di buon cuore che combatte contro i cattivi rimembrando insegnamenti di vita contadina e allenamenti zen. Ma la trama è perfettamente funzionale allo scopo: inanellare in modo più o meno logico delle scene action ben coreografate condite con stupefacenti evoluzioni marziali da vendere a un pubblico che dopo troppe cinesate volanti vuole tornare a vedere gente che se mena davvero. Un meccanismo che se aveva funzionato per il maestro tailandese Jaa con Ong Bak, poteva perfettamente ripetersi con il nuovo eroe indonesiano. E così (quasi) accade. Iko picchia un casino, vola senza controfigura, recita peggio di un cane rendendo le parti relative alla trama una vera tortura ma ha la cazzimma, conquista le masse. Il resto del cast prende stoicamente una valanga di botte e alcuni stunt sono così estremi da porre seri dubbi sulla incolumità delle comparse. 

E anche la lotta messa in scena è nuova a noi occhi a palla, ruvida, cattiva ma in qualche modo sempre elegante, essenziale e precisa. Il pubblico gode davanti al circo primordiale Indonesiano. Il film fa (quasi) il botto e tutti lo guardano estasiati tranne noi sfigati italiani (magari comunque presto recupereremo). Poi arriva appunto The Raid. É in realtà un semi passo falso, in quanto un film di ripiego da girare per racimolare i fondi del film definitivo. Ma le cose non girano come sembra ed è proprio The Raid a diventare il filmone. Evans cambia strategia e gira un film dai gusti più occidentali. Più personaggi, più ritmo, meno inquadrature ravvicinate di Iko Uwais per non affliggere il pubblico, tanta, tantissima carne al fuoco in una progressione di trama che pare il livello hard-incubo di un videogioco action ultraviolento. Evans in merito parlava di voler girare con The Raid un film action così inquietante da sfociare quasi nell'horror. Un film “grosso” pur con non troppe location, ma ricco di tante trovate visive, tantissimi stunt tutti perfettamente bilanciati e gestiti e una violenza visiva così incessante da affaticare quasi lo sguardo. Ed Evans è così bravo da coinvolgerci direttamente nell'azione, da farci sentire il peso e la fatica della piccola truppa swat nel salire dolorosamente gradino dopo gradino l'interminabile scalata verso nemici ancora più forti, ancora più spietati. The Raid è un film che si lancia nella stratosfera dei più massicci action movie di sempre, un'opera obbligatoria in qualunque collezione di film action che si rispetti. Certo che gli indonesiani tipo sono parecchio brutti, piccoletti e dalle espressioni a volte esagerate. Ma cavolo che razza di muscoli che tengono e quanto menano! 

E poi si arrampicano come gatti sui cornicioni dei palazzi, arrischiano salti di svariati metri con sotto solo il vuoto, fanno cose che ad Hollywood si rifiuterebbe di fare anche un personaggio generato al computer. Ma c'è in più anche una trama qui. E fila. Ed è curata. Sembra una piccola rivoluzione copernicana, ma un goccio di trama è esattamente quello che aiuta questo film a non essere solo un mero esercizio marziale, diventando di colpo qualcosa di cui ci freghi anche al di là di qualche calcio in faccia. Cospirazioni, tradimenti, affetti incrollabili, onore. La pellicola è ricca di colori a volte anche inaspettati e riesce ad essere accattivante anche nelle scene in cui non ci si prende a gabinetti in faccia. Perfino il palazzone dove sono ambientati gli eventi vive di vita propria attraverso una planimetria peculiare ed angusta, soffitti sdrucciolevoli e pavimenti di cartone, muri da abbattere a spallate, nascondigli segreti e varia umanità che nonostante la maxi royale rumble tra swat e criminali vive in anguste misere stanzine del palazzo, pregando che tutto finisca presto. Botte, buona scrittura, belle location cui si aggiungono anche attori che non saranno da Oscar ma che portano avanti un discorso coerente circa la credibilità e autenticità dei ruoli. Non voglio rovinarvi però la gioia di lasciarvi scoprire da soli le tante sfumature di una pellicola come questa. Ne vale la pena. The Raid è da spararsi tutto di filato come se non esistesse un domani. Prendetelo e godetevelo avidamente ora che è disponibile anche da noi in dvd e blu ray. È uno dei film più belli di sempre se amate il genere action estremo, un film senza fronzoli, senza effetti speciali, senza belloni e senza battutacce. Un film che nonostante mille licenze poetiche appare autentico, diretto come un pugno allo stomaco, reale. Un film che è arrivato anche dalle nostre parti grazie alla lungimiranza della Eagle Pictures proprio nel mese di dicembre.

inserzione pubblicitaria non richiesta
ma qualcuno volesse inviarci un
campione omaggio...
Che si può volere di più dalla vita, a parte un Lucano? 

Nota. Gli americani volevano farne un remake, chissà che in futuro la cosa possa concretizzarsi. Nel frattempo i distributori internazionali (Sony classics) hanno deciso di mettere mano alla colonna sonora e ora The Raid può vantare uno score di Mike Shinoda dei Linkin Park. E non è niente male, quasi carpenteriano direi.
Ne volete ancora, non è vero? Ecco qualcosa che vi farà felici!



Bene, attendiamo con gioia altre undici pellicole della serie Raid. Finora Evans parla almeno di volerne girare una trilogia...
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