martedì 21 gennaio 2014

La notte del giudizio – The Purge



In un futuro distopico i nuovi Padri Fondatori hanno varato una legge sorprendente in grado di cambiare in un istante il volto dell'America, annullando la criminalità e la disoccupazione. Viene così disposto lo “Sfogo”, una notte nella quale ogni cittadino può liberamente andare in giro a commettere omicidi senza che il giorno dopo subisca alcuna conseguenza giuridica. Di fatto chi può permetterselo e non ha istinti omicidi può sempre acquistare sistemi di sicurezza in grado di blindare la sua abitazione e passare la notte a guardarsi la stagione otto dei Griffin. Ma chi è povero o senza fissa dimora non può che pregare e correre, in quanto sarà facilmente un bersaglio ambito.

James Sandin (Ethan Hawke) vende dispositivi di sicurezza e considerate le entrate dell'ultimo periodo è un grande fan dello Sfogo. Il nostro è riuscito a vendere a tutto il vicinato un sistema protettivo, che a conti fatti si rivelerà alquanto merdoso, arricchendosi e destando qualche invidia. La sua bella mogliettina (Leda Heady), ha così scoperto con sorpresa di non essere stata invitata all'annuale festa organizzata dai vicini per l'evento e un po' ci ha patito, ma in ogni caso ha piantato nel prati i bei fiorellini blu, simbolo dell'approvazione e sostegno alla notte dello Sfogo. Mentre la figlia Zoey (Adelaide Kane )inizia a capire che il suo ragazzo è potenzialmente una testa di cazzo e il figlio Charlie (Max Burkholder, attore di rara bruttezza e antipatia tattile) si domanda sulla reale esigenza di una simile ricorrenza, la famigliola consuma insieme la cena e si prepara alla visione dei Griffin. Ma urla di terrore attraggono l'attenzione di Charlie. Dalle telecamere posizionate al di fuori della casa c'è un evidentemente sinistro e pericoloso individuo di colore (Edwin Hodge) che non ha mai visto in vita sua, probabilmente armato e violento, che supplica qualcuno di aiutarlo. Charlie si commuove e apre le porte di casa allo sconosciuto, che subito si nasconde nel buio. Neanche il tempo di riempire di botte il figlio per stupidità manifesta, che pure il ragazzo di Zoey si dimostra un idiota e in un attimo l'abitazione dei Sandin è invasa da una torma di riccastri psicopatici che minaccia di fare irruzione e ammazzare tutti se non sarà dato loro indietro il tizio di colore. Ma c'è comunque il sistema di sicurezza, eccheddiavolo! Peccato che dall'esterno sia comunque possibile staccare la corrente all'abitazione e un Suv basti a spaccare la porta blindata. Certo, se costruisci impianti così merdosi, un po' te lo meriti...

James DeMonaco scrive e dirige quello che a prima vista è il classico film di assedio. Non è un caso che il nostro abbia scritto la sceneggiatura de Il Negoziatore e del remake del Carpenteriano Distretto 13, La notte del Giudizio funziona benissimo come ritmo, suspance e adrenalina, regalando perfino un paio di scene cult che vi rimarranno in testa anche a distanza di tempo. Se quindi il film risulta essere un compito ben fatto, la pellicola possiede altresì alcune geniali trovate cervellotiche meno banali del solito che la elevano dalla massa fino a farne un papabile brand reiterabile. Senza che vi rovini alcunché. Sappiate che per il successo di questo film è già in cantiere un seguito, diretto dallo stesso regista. Perché il concetto di fondo, di una notte in cui tutto è permesso per legge, permette con un po' di fantasia di creare migliaia di scenari e situazioni diverse, al punto che se qui abbiamo un film di assedio una nuova pellicola potrebbe essere davvero qualsiasi cosa. Ed è un concetto stimolante in quanto profondamente tetro, cinico e soprattutto, nell'ottica della pellicola, funzionale nello specifico al miglioramento del paese. Cosa accade di fatto agli Americani in questa notte?
Alcuni vivono effettivamente nella certezza che la violenza serva, sia utile e necessaria al miglioramento del paese. Le pulizie etniche e la falcidazione di piccoli criminali, poveri, sbandati sono atti doverosi in grado di provocare effettivo sgomento nel caso qualcuno senza motivo cercasse di impedirne l'esecuzione. Un mondo folle dove i carnefici sono spesso una elite sociale in preda ad una allucinatoria crisi di valori, che non a caso nella pellicola spesso indossa delle maschere che richiamano ai visi plastificati tutti uguali della chirurgia estetica, a simboleggiare che la ricchezza porta a perfezionamenti estetici proprie e peculiari a monte di qualsiasi problema di età o rughe. Belle statuine sorridenti dall'animo sadico. Perchè se le la legge lo permette, tutto diventa giusto, permesso, doveroso.
Altri non credono nella funzione salvifica dello Sfogo, ma lo appoggiano per mettere in atto vendette personali e rivalse nell'ottica che se si prende il proprio avversario in contropiede il giorno dopo si avrà un odioso collega di lavoro in meno e forse si farà carriera.
Altri ancora se ne sbattono ma comunque approvano, esponendo fuori casa gli schifosi fiorellini azzurri, preferendo rimanere ben protetti e tappati durante la mattanza magari seguendo in tv i collegamenti giornalistici sui luoghi più accesi dei tafferugli come fosse tutto un enorme reality show. Vivono con i paraocchi affidandosi a delle protezioni che, per volere divino e per cinismo dei costruttori, non sono che dei palliativi, rimedi solo provvisori e non soddisfacenti. Mi piace pensare che i sistemi di sicurezza prevedano oltre che grate metalliche e telecamere un arsenale di armi private così letali da non dover essere consentite a un cittadino comune. In fondo l'America è sempre rappresentata come un paese dominato dalle lobby delle armi da fuoco. Questi spettatori-non-attivi non sono meno colpevoli degli altri che impazzano nelle strade. Supportano una legge palesemente ingiusta e si fanno sostanzialmente gli affari loro. Forse per paura, per ignavia, sono i meno pericolosi, salvo che tu non debba fare affidamento su di loro per salvarti la pelle quando ti trovi in strada.
Perché c'è un'ultima categoria di americani, gli ultimi. Quelli che la società ha progressivamente emarginata, i falliti, gli immigrati, i poveri. Questi non possono difendersi e se vengono abbattuti non vengono più a chiederti l'elemosina. In un mondo che non conosce l'altruismo, carattere che nonostante tutto dovrebbe sempre definire la parola “umanità”, gli ultimi sono i primi a dover morire per non rovinare il paesaggio a chi è più fortunato di loro. Forse c'è una categoria ulteriore, quella di chi si ribella al sistema. Ma in questo mondo persino noi spettatori la vediamo come qualcosa di sconcertante, utopistico e inverosimile. Così quando il film ce la mostra, dicendoci che è una realtà ancora possibile per una battaglia superiore, quella dell'animo umano, noi la diamo subito per spacciata nonostante in cuor nostro non possiamo che tifare per quei ribelli, quei pochi che sono ancora uomini e non animali.
Se rimarrete affascinati da questa prospettiva il film potrà ben piacervi, diventando magari tema di qualche chiacchiera tra amici. Se non entrate nell'ottica, il film potreste comunque trovarlo gradevole, ma non memorabile.
Perché al di là di un cast molto valido, al di là di un perfetto uso degli ambienti e di riusciti colpi di scena, ottime sequenza di sparatorie e splatter, il giorno del Giudizio lascia un po' l'amaro in bocca per una trovata narrativa che sarebbe stato gradito fosse approfondita con maggiore originalità e convinzione. Perché tutto il mondo sembra esplodere in questa notte ma noi spettatori rimaniamo ingiustamente intrappolati tra le mura della casa dei Sandin.Tanto per dare una suggestione, ripensate a Rampage di Uwe Boll e provate a immaginarlo in questo contesto, con operai lower-class che si corazzano e vanno a rompere le palle a qualche tirchio e spietato datore di lavoro. Sarebbe stato dinamite pura. Non è detto che però scenari di questo tipo non possiamo vederne in futuro, ora che La notte del giudizio è branderizzata.
Menzione d'onore per Ethan Hawke. Con il suo cinico venditore di impianti d'allarme arricchisce la sua collezione di ruoli da bastardo disfunzionale dopo l'ottima prova, da “padre dell'anno”, di Sinister. Hawke riesce a farci empatizzare con personaggi che non vorremmo incontrare nemmeno di sfuggita al casello autostradale, autentici mostri pronti a sacrificare la propria vita in ragione del dio denaro. Hawke ce li rende quasi umani e in questo è realmente un titano. Da segnalare anche il personaggio del capo dei giovinastri, interpretato da Rhys Wakefield, un tizio completamente fuso amabilmente sopra le righe. Se mai qualcuno in futuro penserà di riportare il Joker, storico nemico di Batman, sullo schermo, io tra i papabil vedrei bene anche il suo nome. Non male per uno che ha esordito con una serie tv chiamata: “Lasciamo in pace i koala”.

Alla fine il film convince, nonostante (vuoi anche per sacrosanti problemi produttivi) risulti “più piccolo” di quanto il potenziale di trama vorrebbe. Ideale per passare un paio di ore in allegria. Magari nell'attesa che Ethan Hawke scazzi e metta mano a quel fucile a pompa modificato che si intravede nelle prime scene. 
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