giovedì 23 dicembre 2021

Run - un travolgente thriller con Sarah Paulson



Chloe (Kiera Allen) è un'adolescente di 17 anni, molto malata, che vive da sempre su una sedia a rotelle, accudita amorevolmente dalla madre Diane (Sarah Paulson) nella loro casetta tra i boschi. Chloe studia a casa, è molto intelligente e portata per le materie scientifiche e presto dovrebbe arrivarle la tanto agognata lettera di ammissione a un college prestigioso, la prima occasione in cui finalmente potrà uscire di casa e vedere il mondo. Diane è l’insegnante, infermiera e madre di Chloe, cura un orto botanico dal quale ricava ogni verdura bio a chilometro zero per la figlia, va agli incontri con le madri con figli disabili, insegna al liceo, sorride sempre. C’è tanta calma e gioiosa complicità tra le mura domeniche, ma ultimamente la rete internet non funziona e lo stato di salute di Chloe non riesce a migliorare. Tutto il mondo sembra avercela con lei e alla sua idea di andare all’università, fino a che Chloe scopre nella borsa della spesa un misterioso boccetto con delle pillole per errore non prescritte per lei, ma per la madre. Sarà da quel momento che la vicenda inizierà ad avere senso nuovo.


Aneesh Chaganty scrive e dirige un horror/thriller psicologico “a due”, con in scena per quasi tutto il tempo due brava attrici cone Kiera Alien e Sarah Paulson. Inizia quasi come una piece teatrale sul rapporto madre e figlia, muta in un film di spazi e ricerca di stampo quasi investigativo, finisce quasi come un ottovolante ma non perde mai un colpo, non tradisce mai la sua struttura. La Paulson è una delle attrici più talentuose degli ultimi anni, vincitrice di un sacco di premi internazionali per ruoli drammatici ma che ama cimentarsi anche con generi meno “premiati”, come il thriller e l’horror. Come Anthony Hopkins “potrebbe recitare qualsiasi cosa”, ma si diverte un mondo nei ruoli da “cattiva”, riuscendo a portare in scena personaggi complessi quando “matti”. Personaggi in genere belli e pericolosi, come l’infermiera protagonista della recente serie Netflix Ratched, in grado di passare in un battito di ciglia da uno stato emotivo  amorevole ed empatico agli occhi  di ghiaccio e sorrisi tirati di una creatura maligna. Il personaggio di Diane come Mildred Ratched vive in un mondo emotivo distorto a cui cerca di dare un senso. Alla ricerca impossibile di una soluzione, muta camaleonticamente pelle e carattere in continuazione, si ripete dei mantra per restare calma, pur nei momenti più folli non riesce ad esternare sul viso l’odio. A modo suo è una madre amorevole e molto preoccupata per la salute della figlia. Una madre dolcissima e premurosa quanto a volte “meccanica e assente”, che quando compie azioni riprovevoli lo fa per lo più “fuori dalla scena”, come se il mostro che vive dentro di lei non sia autorizzato a rivelarsi in pubblico. Kiera Allen, giovane ma già bravissima, interpreta la dolce Chloe. Figlia modello di una madre modello, gentile e positiva. Ma con un carattere forte più di quello che si potrebbe immaginare, che ne fa all’occorrenza una straordinaria final girl, quando la pellicola inizia a seguire i topoi del genere home invasion. Arguta, lucida e piena di risorse, Chloe non può camminare da sola, è debole come uno scricciolo e sta perennemente male. Eppure tutto ciò che fa è logico, preciso e qualche volta addirittura eroico. Diane e Chloe danno luogo a uno scontro molto raffinato, intelligente.  La cinepresa ci fa stare spesso a contatto con Chloe tra i corridoi della casetta famigliare, mentre Diane agisce nell’ombra, comparendo all’improvviso con qualche sorriso tirato di troppo. Seguiamo Chloe dalla prospettiva della sua sedia a rotelle, che incede con una velocità più simile al triciclo di Shining di Kubrick quando alle moto-telecamere della Casa di Raimi. Nella costruzione delle scene d’azione tutte le barriere architettoniche e i limiti fisici di Chloe diventano elementi interessanti di realismo e tensione, in grado di contribuire al meglio a un'atmosfera claustrofobica, ostile. Il bello di Run è che è letteralmente un film con in scena due donne ambientato per lo più in una casetta, ma in cui non ci si annoia mai. Vengono gustosamente citate nelle meccaniche La finestra sul cortile quanto Misery non deve morire, ma il “cuore narrativo” mi ha ricordato soprattutto l’ottimo thriller italiano The Nest ( il Nido), dove una straordinaria Francesca  Cavallin dava voce ad un personaggio davvero simile a quello della Paulson. Se sul piano dell’horror “alla Psycho” tutto funziona in modo preciso, percorrendo le  “liturgie” che il genere impone, lo spettacolo rimane fresco e accattivante grazie soprattutto al meraviglioso e costante dialogo di due attrici che si incontrano, si scontrano, si separano e fondono fino a confluire in egual misura e contrappasso in un finale “identitario” che sconvolge, sulle prime sembra “giusto”, ma quando metabolizzato più in profondità sembra quasi struggente, quasi una perversa dichiarazione reciproca di amore. Davvero un bel film. 

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