domenica 26 gennaio 2020

Hammamet - la nostra recensione



Bettino Craxi (Favino) si trova in Tunisia nel periodo che precede la sua tragica scomparsa. È un leone in gabbia ma non domo, che vuole essere ancora presente sulla scena politica italiana attraverso le molte lettere che invia ai quotidiani, h24, spesso a scapito dei suoi affetti. Il grande uomo politico non riesce a staccare mai la spina, non c'è per lui vita al di fuori della politica e la famiglia, che comunque gli è affettuosamente accanto in un momento di estremo dolore e sconforto, riesce a fatica a volergli bene come vorrebbe. Troppi sono i torti da digerire, troppa l'impotenza da accettare, Bettino decide così di accogliere in casa il figlio di un collega di partito, l'idealista Vincenzo, un amico silenzioso e lontano dalle scene pubbliche che gli era molto caro. Il film non usa mai nomi specifici e nei rari casi modifica anche quelli noti, prendendosi quindi licenze poetiche come questa; anche Craxi viene chiamato spesso solo come "Il presidente". Il ragazzo, Fausto (Luca Filippi),  gli si presenta in villa di notte, allertando i cani, coperto di fango, forse per ucciderlo nel sonno e quindi allarmando le guardie, che quasi gli sparano se non interviene proprio Craxi a fermarli, riconoscendo sotto il fango gli stessi occhi tristi del padre Vincenzo (Cederna). Bettino crede di avere delle colpe nei confronti dell'amico, che pare essere morto suicida, così decise di tenersi in casa Fausto per raccontargli la sua vita e i suoi segreti, prendendolo in simpatia e sperando che un giorno magari possa fare breccia nel cuore della rigida ma affettuosa figlia Anita (Livia Rossi). La moglie di Bettino (Silvia Cohen) è favorevole a questa iniziativa, pensa che la presenza del ragazzo possa far bene al marito, almeno quanto la presenza del "generale", ossia il piccolo nipote Francesco (Federico Bergamaschi), che spesso gioca con il nonno riproducendo con i soldatini sulla sabbia alcune delle sue gesta politiche più eroiche (come la crisi diplomatica di Sigonella del 1985). Forse con un po' di tranquillità e rispettando la dieta per evitare che il diabete peggiori (difficile perché Bettino è golosissimo, anche in modo buffo) la moglie spera che "il presidente" abbia davanti un periodo sereno. Peccato che la salute presto peggiori e che Francesco si riveli presto un amico pericoloso.
C'è molto dramma Shakespeariano in questa pellicola liberamente dedicata agli ultimi giorni di vita di Bettino Craxi. Più Giulio Cesare che Riccardo III, più Amleto che Otello ma con meno rabbia giovane. C'è una suggestione quasi dickensiana, da Canto di Natale, con Craxi che viene "visitato" da tre spiriti "politici" impersonati da Cederna, Filippi e Renato Carpentieri (anche lui un "senza nome",' ma che dovrebbe impersonare un politico dello schieramento avverso a Craxi). Ci sono tocchi felliniani come la scena di apertura con il vetro rotto e il personaggio dell'amante, interpretato da una struggente Claudia Gerini. C'è molta tenerezza nel rapporto tra il piccolo "generale" e il nonno, il suo "comandante". Favino dà corpo a un "presidente" in bilico tra gloria passata e sconforto per il presente, un guerriero che non riesce a togliersi l'armatura anche quando è nell'intimità della sua famiglia, un uomo che tiene le distanze con il suo eloquio e la profonda antipatia che sa di possedere e, come tutti i timidi, usa come armi. Gli attori sono molto bravi, la scenografia e fotografia ritraggono una Hammamet che dentro le pareti domestiche del protagonista pare Milano 2 ma che oltre la soglia ha tutta la magia e i colori dell'oriente.


Amelio regala alla figura di Craxi, nel ventennale della scomparsa, un film garbato e intimista che fin dalle prime note musicali  del (ottimo) trailer, con Cento giorni di Caterina Caselli, vuole mettere al centro la sua storia umana più che politica. C'è la tragedia umana e familiare, c'è l'epica cantata da un bardo bambino tra sabbia e soldatini. C'è  un piccolo tocco di mistero, tra complottismo e paranoia, a dare un po' di sapore alla salsa, ma è solo un accenno. 
C'è pochissima politica. 
Forse anche perché è ancora difficile per il nostro cinema parlare di politica come lo fanno (o provano almeno a farlo), in America Adam McKay (Vice) o in Francia Nicolas Pariser (Alice e il sindaco), giusto per citare i film più recenti. Forse perché quando ci si avvicina anche solo lontanamente a un tema che può "sentire di politica", come nel recente caso di Tolo Tolo, anche solo per fare la "satira del quotidiano" partono gli strali di stampa, esperti e gruppi di opinione. Quale che sia la causa, il Craxi di Amelio, spogliato dell'epica cantata dal nipotino e di due (dico due) "argomentazioni allusive" esce come uno straordinario uomo comune che affronta la malattia e la passione delusa per il proprio lavoro. Un uomo che fa fatica dopo una vita vissuta tutta nel lavoro a relazionarsi con la sua assenza improvvisa, anche se accompagnata dall'affettuosa vicinanza di familiari e amici, come la maggior parte degli italiani che perdono il lavoro oggi. Un uomo comune in cui lo spettatore comune sa di potersi identificare (o riconoscere il carattere del proprio padre, zio, nonno), come in ogni sceneggiato Rai che "celebrerebbe sulla carta" le vite di persone straordinarie. Dal Gianni Amelio di Lamerica ("scritto tutto attaccato", film che mi è tornato in mente di recente guardando Il primo natale e Tolo tolo, guarda tu i casi della vita), che per me è stato un film che per la sua epoca è stato importante (per il punto di vista originale con cui guardava a un'urgenza emotiva per me malposta ) mi aspettavo qualcosa di più "documentato" e meno "universalistico".
Hammamet ha uno straordinario Favino che grazie ad un trucco molto accurato e uno sforzo fonetico incredibile "diventa" per davvero Craxi, superando per realismo e umanità i mascheroni, un po' da spettacolo di Pingitore, che Servillo ha indossato per i politici raccontati da Sorrentino. La storia rappresentata è semplice, un po' favola e un po' tragedia, non annoia, sa commuovere, ma forse manca di qualche guizzo che davvero metta in luce i motivi per cui Craxi è arrivato ad essere Craxi e per cui oggi si parla ancora di lui, nel bene e nel male. 
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