È
interessante come di nuovo sia un corto cinematografico a dare il là a un
film che ne estenda la trama e personaggi. Di recente lo abbiamo visto con
Mama, lo abbiamo visto con Lights Out, lo abbiamo visto con Turbo Kid e ce ne
sono un sacco! Io tipo punto che prima o poi mi diventi un film lungo questo
corto qui sotto
Vai Jester che ce la fai!! Già ti vedo i pupazzetti e
le comparsate in Mortal Kombat, ma torniamo in tema, torniamo a Polaroid. Nel
nostro caso il corto era questo:
Non è che sia tutto questo manifesto dell'innovazione.
Tra i miei lettori chi da detto "il foto-cane" di Quattro dopo
mezzanotte di King, o Project Zero o Shutter? O Ring? O altre sessanta
pellicole, game e libri diversi con macchine fotografiche possedute? Ma
il punto non è questo, quanto la natura più sorprendente e sexy dei corti
cinematografici horror. Sai che in tre minuti o poco più ti vogliono
spaventare, tu stai al gioco ma un po' stai "vigile", alla fine salti
sulla sedia e se funziona bene hai il tuo brividino. E Polaroid, di un regista
dal lontano nord Europa, Lars Klevberg, funziona. Ha i tempi giusti, spaventa.
Spaventa così bene che Klevberg ne ha diretto una versione lunga e tipo
"dopodomani" lo troverete ancora al cinema perché ha già avuto luce
verde per un progetto più ambizioso, il remake di Bambola Assassina. Un'altra
bella storia?
Insomma.
Partiamo
dalla trama "espansa". Una ragazzina, con un brutto trascorso passato
alle spalle, vive serena nel suo contesto scolastico nel freddo paesino nord
Americano in cui abita. È appassionata di fotografia e si imbatte in un modello
storico di Polaroid mentre lavora all'antiquario locale. La macchina è
ovviamente maledetta e chi viene fotografato è destinato a morire male. Prima
appare sulla stampa alle sue spalle un'ombra minacciosa, poi nelle ore
successive 'sto sfigato incontra un brutto mostro in bermuda, fisico
bruciacchiato e mani con coltello retrattile. Ovviamente finirà male. La nostra
protagonista porta a una festa questa macchina vintage, con cui tutti si fanno
dei selfie vintage, per poi finire tutti in una spirale di morte per le
mani-coltello di un mostro vintage pure lui. Perché è un mostro molto anni
ottanta, calato perfettamente in uno slasher movie pure lui fortemente anni '80.
È tutto un vintage quindi. Un plauso al momento della "creazione del
mostro", una roba che Andy Kauffman della Troma avrebbe applaudito, tra
fulmini, fuochi, pallottole e tanto lattice prostetico. Forse pure a
Tsukamoto con le sue fusioni/ossessioni uomo-macchina potrebbe apprezzare
questa variante in mutandoni e meno verve di Krueger/Sadako. 'Sto mostro
risponde a sue regole ultraterrene poco chiare, ha naturalmente un passato
"umano" che il gruppo dei protagonisti-vittime deve indagare, ha il
compito di mettere un po' di verve a una pellicola che è davvero troppo,
troppo derivativa. Le giovani vittime sono il classico cast da teen- horror e
rispondono al 100% alla ritualità che questo genere comporta, in un modo che
direi piuttosto "onesto". Gli scenari sono quelli rituali, tra la
scuola, la stazione di polizia e la biblioteca di ogni paesino standard degli
slasher anni '80. Allo stesso modo i colpi di scena arrivano con una certa
prevedibilità, ma non è nemmeno questo il punto, questo genere non ha mai
brillato per inventiva. Ciò che non va è lo "Slash", ed è piuttosto
grave. Lo Slash è "l'omicidio" e in qualche modo diventa la firma
del mostro. La vittima viene fotografata, la Polaroid fa il suo
particolare rumore di ingranaggi prima di lasciare la stampa, che subito viene
sventolata, con il suo rumore di plastica caratteristico, per asciugare
l'immagine. Chi conosce le Polaroid può pure immaginare / ricordare
l'odore della foto. E poi appare il mostro la prima volta, alle spalle di chi è
fotografato. È un rituale semplice e veloce, inesorabile, quanto un corto
cinematografico horror. Solo che il mostro, che in qualche modo è il
"proiettile" di questa "inconsapevole pistola" non è
altrettanto bravo. Si sente il suo respiro, in genere mentre la vittima si
aggira per scenari bui, e poi l'azione finisce in un attimo senza che si abbia
il tempo di capire dinamica e senso. Forse perché un ibrido Kruger/Sadako non
lo puoi concettualmente fare. È questo il grosso limite della pellicola, che
spegne gli entusiasmi per un prodotto tutto sommato discreto, adeguatamente
presentato e diretto, benché chiaramente diretto a una platea
amante del genere. Il mostro, che pure può essere buffo quanto interessante
visivamente, ha poca personalità. Non ha l'incredibile presenza scenica e
l'occhio vitreo e giudicante di Sadako, non ha la verve dialettica quanto la
teatralità di Kruger. Si presenta in azione per lo più in ragione delle sue
mani allungate e bruciate che si avvolgono al collo della vittima e poco
altro. Sembra una "cosa", un essere troppo veicolato dalle regole che
ne spiegano le azioni al punto che le "morti e il modo di evitarle"
sembrano più seguire logiche da Final Destination. È un orco
deludente e monocromatico. Non ha nemmeno un'imponenza tale da permettergli di
essere un convincente bruto come Jason, Micheal o Faccia di Cuoio.
Un vero peccato che poi la trama non cerchi in nessun caso di bypassare questo
suo status, magari dandogli qualche battuta o un background più interessante. E
quindi tutto lo spettacolo si riduce al solito "banchetto di
adolescenti" dello slasher anni ottanta, alimentato come tratto
sociologico dalla nuova ondata edonista del popolo dei selfie (e l'edonismo
anni '80 è stato di fatto un importante precedente). Troppo poco. Può essere
comunque divertente per un'ora e mezza e tanti pop corn. La cornice è quella
giusta, per farcelo piacere dovrete magari attingere dalla vostra memoria
storica di qualche notte Horror su Italia 1.
Temibile mostro in bermuda, più bello però dell'Uomo senza sonno di Bale. |
Scena standard di agguato del mostro. Buio. Due mani da mostro di gomma. Urla. FIne. Total: 2,37 secondi di agguato in media |
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Il corto era molto carino. Infatti bastava che il film finisse dopo il prologo per beccarsi un 7. Così siamo voluti scendere fino al 5, una noia infinita, porca miseria.
RispondiEliminaEh sì, sono d'accordo con te!
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