lunedì 3 giugno 2019

Pet Sematary - la nostra recensione del remake 2019



-Micro-sinossi, che tanto il trailer vi ha già detto praticamente tutto. America rurale, tempi odierni, una famigliola si trasferisce in una casetta vicino a una strada infestata da camion che corrono come dei pazzi e a un antico Cimitero indiano che sembra far resuscitare tutti coloro che ci vengono seppelliti (tipo il cimitero di Boffalora di Dellamorte Dell'amore). Il padre (Jason Clarke) fa il medico e un giorno per "ringraziarlo" di aver cercato di salvargli la vita, il fantasma di un ragazzo, morto spiaccicato sotto probabilmente uno di quei tir di cui sopra, decide di perseguitarlo per avvertirlo di non andare a seppellire roba nel cimitero maledetto. Poi succede un fattaccio, un tir gli investe il gatto di casa e per non far piangere i bambini (tra cui la piccola Ellie, interpretata dalla brava Jeté Laurence), il padre decide di seppellirlo nottetempo. A offrirsi di aiutarlo nelle esequie, un vicino di casa un po' impiccione e stronzo (John Lithgow), che gli fa portare il gatto in un cimitero degli animali che guarda caso sta proprio dalle parti del Cimitero indiano maledetto. Il gatto torna in vita, piuttosto incazzato nero e forse indemoniato, ma comunque i bimbi sono contenti. Il medico, prima ateo, inizia a dubitare sui confini della scienza, si interroga sull'uso pratico di forze ultraterrene come fosse andare a ricevere le cure per la prostata alle terme di San Pellegrino e poi fa un'altra cazzata. Anche in quel caso, per colpa di un camion che passa velocissimo davanti a casa sua. 


- Ma i camion velocissimi sono super silenziosi? Sì. Una delle principali critiche che ho sentito alla struttura generale di questo film risiede nella convinzione diffusa che quando un camion gigantesco arriva,  a 150 km orari, su rettilineo, uno dovrebbe accorgersi della sua presenza da 10 minuti almeno e spostarsi dalla strada. La vostra convinzione è da rivedere, ve lo dico io che abito in quasi-campagna, a 10 metri da un passaggio ferroviario, su rettilineo, percorso in media a 110 km orari ogni 20 minuti. Se avete un truzzo sotto casa con lo stereo a palla che cerca il parcheggio, lui fa cinquanta volte più rumore, perché avete tutto il tempo per sentirlo. Un camion che corre anche solo a 50 km orari in una galleria che ne rimbomba l'acustica lo sentite discretamente, ma un camion che passa velocissimo lungo uno stradone tra i campi, lo sentite esattamente tre secondi prima che arrivi e giusto per il tempo in cui transita per intero davanti a voi. A meno che non faccia un particolare casino con trombette varie, allora magari lo sentite 4 o 5 secondi prima che arrivi. Questo per tutti quelli che ridono al cinema dicendo "Ué, ma che coglioni, va non lo sentono un tir che arriva??? Ma lol, ah ah ah ah ah ah, coglioni!! Ah, ah, ah, ah!". Non dico di credermi, andate nei pressi di un passaggio ferroviario o strada poco battuta in mezzo ai campi (perché è questa la situazione de film, non si svolge davanti a un'autostrada con rumore costante) e fate una prova. 


- Posso essere lucido a parlarvi di questo film? No: Ecco l'ennesimo caso in cui mi è difficile essere lucidissimo sul giudizio. Il film Cimitero vivente, nome con cui è arrivato da noi in Italia il primo adattamento cinematografico del libro di Stephen King, per la regia di Mary Lambert,  è una pellicola che ha caratterizzato la mia infanzia, forse uno dei primi horror che ho visto nelle notti horror condotte da Zio Tibia su Italia 1 negli anni '80. Roba che mi ricordo ancora a memoria molte scene e battute perché all'epoca per me l'horror, e intendo "qualsiasi horror" era trasgressivo, proibito, incredibilmente attraente. Avrei scoperto dopo Dylan Dog con il numero 48 Horror Paradise. Avrei scoperto da lì a poco King, con l'antologia A volte ritornano. E proprio grazie ai primi speciali, sempre di Dylan Dog, avrei avuto accesso all'elenco dei film horror da cercare in videoteca. Lo so che pare assurdo, ma internet non c'era e quelle erano le "fonti ufficiali", posto che la rivista Ciak parlava dell'argomento pochissimo e nell'edicola vicino casa a parte quello non c'era davvero altro. Anche sul fatto di andare in videoteca, parliamone. Non è che a 11-12 anni potevi entraci così, accompagnato da mamma, e uscire con in mano Non aprite quella porta. Anche se con papà avevo noleggiato Robocop, che ho visto alla sua presenza come prescriveva la dicitura sul retro di copertina. I film horror che andavano in TV, quando la TV vedeva una decina di canali scarsi, erano rari e per il me stesso di 11-12 anni dell'epoca erano gli unici reperibili e registrabili su VHS. Insomma "quello c'era", fino a che ho incontrato un mio amico più grande che mi ha prestato robe come Space Vampiers, Scanners, Omen, L'ululato, Un lupo mannaro americano a Londra. E tra quello che c'era, ci stava appunto Cimitero Vivente. Con il ragazzo fantasma che diceva "Il cuore di un uomo è più duro di una pietra, Jewis". Con il vicino di casa che subiva quell'agguato dietro la scala di legno della cantina, il camion che giunge silenzioso e investe e tra i protagonisti la bellissima, stratosferica Denise Crosby, la troppo presto compianta Tasha di Star Trek: the next generation. Era un filmone? Probabilmente no, ma la mia testa diceva di sì, perché avevo visto all'epoca poche cose di quel genere. Un po' come chi vede oggi Guerre Stellari e pensa che ha inventato tutto Lucas, senza però prima aver mai visto Kurosawa, Battlestar Galattica, Star Trek, Buck Rogers, La maschera di ferro, Frankenstein, Mezzogiorno di Fuoco, Spazio 1999, Moonbase 3. O senza aver letto Valerian, Dune, Asimov, Storie dello Spazio Profondo, Flash Gordon, Capitan Harlock e Galaxy Express ecc. ecc. Tra la fine dei '70 e l'inizio degli '80 NESSUNO diceva che Star Wars fosse qualcosa di originale, anche se era indubbiamente qualcosa di ben fatto, prima di smerdarsi dopo la prima mezz'ora del terzo film in un tripudio di orsetti tenerosi, le solite gag di travestimenti per confondere i soldati che manco in un film con Bud Spencer e una seconda e più moscia Morte Nera. Ma perché sono arrivato a parlare di questa roba? Per dirvi che per me Cimitero Vivente poteva essere un gran film e quindi avevo aspettative alte e troppa paura su questo remake. 


- Quindi mi è piaciuto? Credo di essere un fan dell'originale Cimitero Vivente, che riguardo oggi con più affetto che obiettività, cosa che manca, come a me in questo specifico caso, a molti di quelli che elogiano solo i film che hanno visto da giovani, per una sorta di "effetto Max Pezzali". In ragione dell'Effetto Max Pezzali si amano canzoni obiettivamente scarse per il  fatto che uscivano nel periodo in cui chi le ascoltava era giovane e queste raccontavano esperienze di vita comuni all'essere giovani a quei tempi, dal gergo ai luoghi più tipici d'incontro, ai desideri. Il film originale era più "cattivo", aveva un finale più bastardo, contava su jumpscare più laidi. Questo remake ha gli indubbi meriti di puntare su attori davvero bravi e versatili, di espandere e "bene" il personaggio di zia Zelda (forse l'aspetto più riuscito e davvero inquietante del film, con richiami a Il nascondiglio di Avati) e di cercare di sviluppare la trama su un percorso alternativo. Avete presente quel passaggio de Lo Hobbit in cui nel libro si va per una strada e nel film si prende la strada opposta e si finisce dai giganti? Stessa cosa. La fregatura è che questo ultimo passaggio porta a degli spunti interessanti che rimangono inespressi o forse, pensando in positivo, posticipati a un sequel che potrebbe comunque esserci. Mi riferisco a quella sorta di "culto dei bambini" con maschere di animali e processioni al seguito. Sognavo animali zombie ovunque nel terzo atto. Anche se questo si discostava forse troppo dalla fonte, sarebbe stata l'idea geniale che elevava il tutto. Purtroppo, al netto di una fotografia interessante, molto meno interessanti del previsto sono luoghi e scenografie, che non offrono una spazialità precisa alle scene e risultano un po' anonimi. Avrei voluto vedere meglio e per più tempo. Molto riuscita la sequenza dell'incidente centrale del film, con la telecamera che ruota e barcolla come se al cameraman girasse la testa. Ci sarebbe da parlare di quanto già si vede dal trailer ma mi fa brutto rivelarvi se non lo sapete.

SPOILER ALERT! 

L'età della bambina permette una maggiore interazione con lei da parte degli altri personaggi, utile per esplorare meglio le logiche soprannaturali del racconto e costruire un piccolo universo parallelo. Ma si perde giocoforza parte della imperscrutabilità di avere a che fare con un bambino più piccolo, dove molti meccanismi cognitivi sono più sfumati e quindi c'è una imprevedibilità delle azioni più marcata. E questo era davvero uno degli aspetti vincenti del primo film, il fatto che ci si accontentava di avere indietro dal cimitero delle creature diverse e difettose, che potessero anche solo ricordare la loro precedente esistenza terrena. Era l'alternativa al "niente" di una concezione della vita di stampo non religioso o comunque molto dubbioso sull'aldilà. Una originale chiave di elaborazione del lutto "a tappe" per allontanare, primariamente dai bambini, la paura e sofferenza della morte dei loro piccoli animali. I bambini si tengono il loro pet-zombie e quando saranno pronti il genitore lo abbatterà. Ed è in questi termini che si accettava di riportare in vita anche un bambino piccolo. In quanto si riteneva che, al di là di alcune limitate capacità cognitive e alla aggressività dovuta al nuovo stato, le cose potessero "andare bene anche così". La bimba più grande, che invece fa discorsi sull'aldilà e si suppone sia una specie di diavolo onnisciente, introduce una tematica religiosa che il film originale aveva rispetto alla massa di film dello stesso tipo "l'originalità di non marcare". 

FINE SPOILER


-Conclusioni: Pet Sematary è un film onesto, recintato in modo dignitoso, con qualche interessante idea a livello di trama e la genuina voglia di reinterpretare il modello originale prendendo però delle strade diverse. È uno di quegli horror più di atmosfera che di "spaventateli", la durata complessiva è sui 100 minuti ed è più che adeguata allo scopo. Il tema della elaborazione del lutto è uno degli argomenti più complessi e importanti da trattare in ambito horror. Il film degli autori di Holidays e Starry Eyes lo affronta con un interessante prospettiva, se vogliamo con una visione "utilitaristica della vita" foriera di riflessioni anche "alte" sulla sofferenza umana e sull'accanimento a non accettare la realtà. Il finale è un po' semplicistico e non ha per me la forza, anche emotiva, di quello del film originale degli anni '80. In conclusione Pet Samatary, ben lontano da essere un capolavoro rivoluzionario, è un film che rivolgerei agli appassionanti del genere horror meno selettivi, ma abbastanza riuscito in alcuni temi e quindi in grado di trovare dei consensi anche tra gli spettatori occasionali. Uno spettacolo gradevole, stimolante, con forse non troppi guizzi ma una idea forte, capace in caso di successo di traghettare la pellicola verso una serialità che potrebbe pure fare meglio in termini di intrattenimento. L'originale mi aveva esaltato di brutto. Solo che a 12 anni ti esalti un po' per ogni cosa.  
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