-Micro-sinossi,
che tanto il trailer vi ha già detto praticamente tutto. America rurale, tempi
odierni, una famigliola si trasferisce in una casetta vicino a una strada
infestata da camion che corrono come dei pazzi e a un antico Cimitero indiano
che sembra far resuscitare tutti coloro che ci vengono seppelliti (tipo il
cimitero di Boffalora di Dellamorte Dell'amore). Il padre (Jason Clarke) fa il
medico e un giorno per "ringraziarlo" di aver cercato di salvargli la
vita, il fantasma di un ragazzo, morto spiaccicato sotto probabilmente uno di
quei tir di cui sopra, decide di perseguitarlo per avvertirlo di non andare a
seppellire roba nel cimitero maledetto. Poi succede un fattaccio, un tir gli
investe il gatto di casa e per non far piangere i bambini (tra cui la piccola
Ellie, interpretata dalla brava Jeté Laurence), il padre decide di seppellirlo
nottetempo. A offrirsi di aiutarlo nelle esequie, un vicino di casa un po'
impiccione e stronzo (John Lithgow), che gli fa portare il gatto in un cimitero
degli animali che guarda caso sta proprio dalle parti del Cimitero
indiano maledetto. Il gatto torna in vita, piuttosto incazzato nero e forse
indemoniato, ma comunque i bimbi sono contenti. Il medico, prima ateo, inizia a
dubitare sui confini della scienza, si interroga sull'uso pratico di forze
ultraterrene come fosse andare a ricevere le cure per la prostata alle
terme di San Pellegrino e poi fa un'altra cazzata. Anche in quel caso, per
colpa di un camion che passa velocissimo davanti a casa sua.
- Ma i
camion velocissimi sono super silenziosi? Sì. Una delle principali critiche che
ho sentito alla struttura generale di questo film risiede nella convinzione
diffusa che quando un camion gigantesco arriva, a 150 km orari, su
rettilineo, uno dovrebbe accorgersi della sua presenza da 10 minuti almeno e
spostarsi dalla strada. La vostra convinzione è da rivedere, ve lo dico io
che abito in quasi-campagna, a 10 metri da un passaggio ferroviario, su
rettilineo, percorso in media a 110 km orari ogni 20 minuti. Se avete un truzzo
sotto casa con lo stereo a palla che cerca il parcheggio, lui fa cinquanta
volte più rumore, perché avete tutto il tempo per sentirlo. Un camion che corre
anche solo a 50 km orari in una galleria che ne rimbomba l'acustica lo sentite
discretamente, ma un camion che passa velocissimo lungo uno stradone tra i
campi, lo sentite esattamente tre secondi prima che arrivi e giusto per il
tempo in cui transita per intero davanti a voi. A meno che non faccia un
particolare casino con trombette varie, allora magari lo sentite 4 o 5 secondi
prima che arrivi. Questo per tutti quelli che ridono al cinema dicendo
"Ué, ma che coglioni, va non lo sentono un tir che arriva??? Ma lol, ah ah
ah ah ah ah, coglioni!! Ah, ah, ah, ah!". Non dico di credermi, andate
nei pressi di un passaggio ferroviario o strada poco battuta in mezzo ai campi
(perché è questa la situazione de film, non si svolge davanti a un'autostrada con rumore costante) e fate una prova.
- Posso
essere lucido a parlarvi di questo film? No: Ecco l'ennesimo caso in cui mi è
difficile essere lucidissimo sul giudizio. Il film Cimitero
vivente, nome con cui è arrivato da noi in Italia il primo adattamento
cinematografico del libro di Stephen King, per la regia di Mary Lambert,
è una pellicola che ha caratterizzato la mia infanzia, forse uno dei primi
horror che ho visto nelle notti horror condotte da Zio Tibia su Italia 1 negli
anni '80. Roba che mi ricordo ancora a memoria molte scene e battute perché
all'epoca per me l'horror, e intendo "qualsiasi horror" era
trasgressivo, proibito, incredibilmente attraente. Avrei scoperto dopo Dylan
Dog con il numero 48 Horror Paradise. Avrei scoperto da lì a poco King, con
l'antologia A volte ritornano. E proprio grazie ai primi
speciali, sempre di Dylan Dog, avrei avuto accesso all'elenco dei film horror
da cercare in videoteca. Lo so che pare assurdo, ma internet non c'era e quelle
erano le "fonti ufficiali", posto che la rivista
Ciak parlava dell'argomento pochissimo e nell'edicola vicino casa a parte
quello non c'era davvero altro. Anche sul fatto di andare in videoteca,
parliamone. Non è che a 11-12 anni potevi entraci così, accompagnato da mamma,
e uscire con in mano Non aprite quella porta. Anche se con papà avevo
noleggiato Robocop, che ho visto alla sua presenza come prescriveva la dicitura
sul retro di copertina. I film horror che andavano in TV, quando la TV vedeva
una decina di canali scarsi, erano rari e per il me stesso di 11-12 anni
dell'epoca erano gli unici reperibili e registrabili su VHS. Insomma
"quello c'era", fino a che ho incontrato un mio amico più grande che
mi ha prestato robe come Space Vampiers, Scanners, Omen, L'ululato, Un lupo
mannaro americano a Londra. E tra quello che c'era, ci stava appunto Cimitero
Vivente. Con il ragazzo fantasma che diceva "Il cuore di un uomo è più
duro di una pietra, Jewis". Con il vicino di casa che subiva quell'agguato
dietro la scala di legno della cantina, il camion che giunge silenzioso e
investe e tra i protagonisti la bellissima, stratosferica Denise Crosby, la
troppo presto compianta Tasha di Star Trek: the next generation. Era un
filmone? Probabilmente no, ma la mia testa diceva di sì, perché avevo visto
all'epoca poche cose di quel genere. Un po' come chi vede oggi Guerre Stellari
e pensa che ha inventato tutto Lucas, senza però prima aver mai visto Kurosawa,
Battlestar Galattica, Star Trek, Buck Rogers, La maschera di ferro,
Frankenstein, Mezzogiorno di Fuoco, Spazio 1999, Moonbase 3. O senza aver letto
Valerian, Dune, Asimov, Storie dello Spazio Profondo, Flash Gordon, Capitan
Harlock e Galaxy Express ecc. ecc. Tra la fine dei '70 e l'inizio degli '80
NESSUNO diceva che Star Wars fosse qualcosa di originale, anche se era
indubbiamente qualcosa di ben fatto, prima di smerdarsi dopo la prima mezz'ora
del terzo film in un tripudio di orsetti tenerosi, le solite gag di
travestimenti per confondere i soldati che manco in un film con Bud Spencer e
una seconda e più moscia Morte Nera. Ma perché sono arrivato a parlare di
questa roba? Per dirvi che per me Cimitero Vivente poteva essere un gran film e
quindi avevo aspettative alte e troppa paura su questo remake.
- Quindi
mi è piaciuto? Credo di essere un fan dell'originale Cimitero Vivente, che
riguardo oggi con più affetto che obiettività, cosa che manca, come a me in
questo specifico caso, a molti di quelli che elogiano solo i film che hanno
visto da giovani, per una sorta di "effetto Max Pezzali". In
ragione dell'Effetto Max Pezzali si amano canzoni obiettivamente scarse per il fatto che uscivano nel periodo in cui chi le ascoltava era giovane
e queste raccontavano esperienze di vita comuni all'essere giovani a quei
tempi, dal gergo ai luoghi più tipici d'incontro, ai desideri. Il film
originale era più "cattivo", aveva un finale più bastardo, contava su
jumpscare più laidi. Questo remake ha gli indubbi meriti di puntare su attori
davvero bravi e versatili, di espandere e "bene" il personaggio di
zia Zelda (forse l'aspetto più riuscito e davvero inquietante del film, con
richiami a Il nascondiglio di Avati) e di cercare di
sviluppare la trama su un percorso alternativo. Avete presente quel passaggio
de Lo Hobbit in cui nel libro si va per una strada e nel film si prende la
strada opposta e si finisce dai giganti? Stessa cosa. La fregatura è che questo
ultimo passaggio porta a degli spunti interessanti che rimangono
inespressi o forse, pensando in positivo, posticipati a un sequel che potrebbe
comunque esserci. Mi riferisco a quella sorta di "culto dei bambini"
con maschere di animali e processioni al seguito. Sognavo animali zombie ovunque
nel terzo atto. Anche se questo si discostava forse troppo dalla fonte, sarebbe
stata l'idea geniale che elevava il tutto. Purtroppo, al netto di una
fotografia interessante, molto meno interessanti del previsto sono luoghi
e scenografie, che non offrono una spazialità precisa alle scene e risultano un
po' anonimi. Avrei voluto vedere meglio e per più tempo. Molto riuscita la
sequenza dell'incidente centrale del film, con la telecamera che ruota e
barcolla come se al cameraman girasse la testa. Ci sarebbe da parlare di quanto
già si vede dal trailer ma mi fa brutto rivelarvi se non lo sapete.
SPOILER ALERT!
L'età della bambina permette una maggiore
interazione con lei da parte degli altri personaggi, utile per esplorare meglio
le logiche soprannaturali del racconto e costruire un piccolo universo
parallelo. Ma si perde giocoforza parte della imperscrutabilità di avere a che
fare con un bambino più piccolo, dove molti meccanismi cognitivi sono più
sfumati e quindi c'è una imprevedibilità delle azioni più marcata. E questo era
davvero uno degli aspetti vincenti del primo film, il fatto che ci si
accontentava di avere indietro dal cimitero delle creature diverse e difettose,
che potessero anche solo ricordare la loro precedente esistenza terrena. Era
l'alternativa al "niente" di una concezione della vita di stampo non
religioso o comunque molto dubbioso sull'aldilà. Una originale chiave di
elaborazione del lutto "a tappe" per allontanare, primariamente dai bambini, la paura e sofferenza della morte dei loro piccoli animali. I bambini si
tengono il loro pet-zombie e quando saranno pronti il genitore lo abbatterà. Ed
è in questi termini che si accettava di riportare in vita anche un bambino
piccolo. In quanto si riteneva che, al di là di alcune limitate capacità
cognitive e alla aggressività dovuta al nuovo stato, le cose potessero
"andare bene anche così". La bimba più grande, che invece fa
discorsi sull'aldilà e si suppone sia una specie di diavolo onnisciente, introduce
una tematica religiosa che il film originale aveva rispetto alla massa di film
dello stesso tipo "l'originalità di non marcare".
FINE SPOILER
-Conclusioni:
Pet Sematary è un film onesto, recintato in modo dignitoso, con qualche
interessante idea a livello di trama e la genuina voglia di reinterpretare il
modello originale prendendo però delle strade diverse. È uno di quegli horror
più di atmosfera che di "spaventateli", la durata complessiva è sui
100 minuti ed è più che adeguata allo scopo. Il tema della elaborazione del
lutto è uno degli argomenti più complessi e importanti da trattare in ambito horror. Il film degli autori di Holidays e Starry Eyes lo affronta con un
interessante prospettiva, se vogliamo con una visione
"utilitaristica della vita" foriera di riflessioni anche
"alte" sulla sofferenza umana e sull'accanimento a non accettare la
realtà. Il finale è un po' semplicistico e non ha per me la forza, anche
emotiva, di quello del film originale degli anni '80. In conclusione Pet
Samatary, ben lontano da essere un capolavoro rivoluzionario, è un film che
rivolgerei agli appassionanti del genere horror meno selettivi, ma
abbastanza riuscito in alcuni temi e quindi in grado di trovare dei consensi
anche tra gli spettatori occasionali. Uno spettacolo gradevole, stimolante,
con forse non troppi guizzi ma una idea forte, capace in caso di successo di
traghettare la pellicola verso una serialità che potrebbe pure fare meglio in
termini di intrattenimento. L'originale mi aveva esaltato di brutto. Solo che a
12 anni ti esalti un po' per ogni cosa.
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