Il piacere di un vecchio coin - op di fine anni '80, racchiuso in un
fumetto one-shot della italiana Noise Press
Siamo in
un presente alternativo, un mondo psichedelico e dai colori fluo in cui i
combattenti del teatro Kabuki, novelli Street Fighters, infiammano le
principali arene e teatri. Sono eccentrici, sono letali, si vestono come
negli anni ottanta. Hanno tutti una storia misteriosa alle spalle, mosse
speciali da sbloccare conoscendo una combinazione di tasti, stage di
combattimento personalizzati. Molti per una vita di eccessi e sopra le righe
hanno problemi con le "blatte", il dispotico, ultra-corazzato e armato
organismo di polizia. Altri sono in cerca di amici e parenti perduti, forse
robotizzati o auto-robotizzati nella Città Marcia. C'è sempre un colpevole da
trovare e un combattimento finale da intraprendere con lui prima del game
over. Lottatori con ventagli, esperti di Kung Fu, cyber-samurai,
gladiatori partenopei e letali (il protagonista), tizi con artigli, tizi con
maschere nere. C'è tutto in pacchetto completo di un picchia-duro. Fare
dell'arte marziale la propria vita è la loro missione è unico scopo. Indossare
armature strane fatte di razzi e acciaio, armarsi di spade sacre o di lame
miracle blades e gettarsi sull'arena. Girare con il circo dei lottatori e
ingaggiare continui combattimenti per infiammare l'arena: può essere il
modo migliore, per questi nuovi gladiatori, di raccogliere le
informazioni e trovare, tra una serie di lame, calci e un uppercut, il
senso della propria vita. Si uniscono i puntini... tra uno scontro e
l'altro. O, come accadeva con i videogiochi picchiaduro da combattimento
da sala giochi, in una decina scarsa di minuti.
Essenziale, puro. Questo è
Kabuki Fight. Un videogame da leggere. Lo stile di disegno ricrea la plasticità
dei colpi, studia costituzione ed esito di un colpo, e spesso va fuori dalle
righe, cercando l'impatto visivo di quella strana combinazione di arte e pixel
che stava in sala giochi. Ogni movimento è un piccolo omaggio / cult per
nostalgici dei coin op, da Final Fight passando (obbligatoriamente) da Street
Fighters per arrivare al Neo Geo. I colori, una tavolozza coloratissima e calda
quanto i tramonti di Out - Run di Sega. La storia, vintage, la classica
iperbole raeganiana macho: i muscoli possono quasi tutto, l'intelligenza
però spesso è utile (e lo dice il quantitativo di monetine che avete impiegato
per arrivare a fine partita). È buffa questa ambivalenza della storia di essere
da un lato mero pretesto ma dall'altro in qualche modo "canone" di
quella non - letteratura da sala giochi che ogni avventore, anche se
inconsciamente, non poteva fare a meno di amare (anche perché la storia ognuno
se la creava in testa, univa i puntini e rendeva quanto più epica grazie
all'immaginazione... erano altri tempi). Kabuki Fight ha tavole belle dense
di azione (a volte pure troppa, nel senso di "sovraccarico"), una
buona ironia e colori sfavillanti.
I cieli digitali Sega rivivono in Kabuki Fight |
È un prodotto destinato principalmente a
chi è stato ragazzino negli ottanta e novanta e appare invero stranissimo,
anche come linguaggio, per i più giovani. La narrazione poteva giovare di un numero
maggiore di pagine, al punto che arriva ai titoli di coda con il fiato corto,
ma potrebbe essere per me voluto, una specie di omaggio a quei giochi con tante
botte e poche parole. C'è tutto un mondo vintage, carico di tocchi di classe.
Ben potrebbe essere espanso in futuri capitoli. L'opera ha completamente sangue
italiano e ci sono buone suggestioni da fumetto francese. L'azione, anche se
sovraccarica è ricca, è un po' schematica ma funziona, si distacca
tantissimo dal modo di concepire action "alla orientale" (sopratutto
in una certa legnosità di scandire le vignette... ma non è un problema grave).
Alla fine un prodotto molto godibile, che soprattutto ai più vecchietti farà
calare una lacrimuccia.
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