lunedì 6 marzo 2017

Logan - The Wolverine - la nostra recensione !




Sinossi: Futuro, anno 2029. Forse era meglio un paio di decadi dopo, per permettere qualche altro film intermedio, ma, vabbeh, 2029. Seguendo in pieno l'adagio che ormai non dobbiamo mai aspettarci troppo dal futuro in termini di fantascienza, la terra non ha un aspetto molto diverso da quella che conosciamo. Tuttavia i mutanti sembrano essere del tutto scomparsi, spazzati via dal mondo. Di loro rimangono solo montagne di fumetti disperse su tutto il globo, la testimonianza pop (ed è una riflessione interessante, fumetti al posto di libri di storia) di quanto fossero stati impressi e protagonisti nell'immaginario collettivo. Solo che i fumetti raccontano solo un quarto di quelli che è accaduto in realtà, e in genere i mutanti non sono mai andati in giro nel mondo reale vestiti con tutine gialle. Forse. Logan (Hugh Jackman), il mutante un tempo conosciuto come Wolverine, fa oggi, nel 2029, l'autista di limousine dalle parti di Las Vegas. Addii al nubilato, balli del liceo, tutto a prezzi modici, sedili in pelle e cerchioni in lega. Con questo lavoretto cerca di trovare i soldi per comprare le medicine per  l'amico Charles Xavier (Patrick Stewart). Il telepata più potente del mondo è a un passo dalla pazzia e se non tenuto sotto controllo potrebbe accadere qualcosa di davvero brutto. I due eroi sembrano una coppia ai ferri corti, sul punto del divorzio. Il mutante Calibano (Stephen Merchant) con tutta l'ironia e gli occhi da pesce di cui dispone, cerca di mediare tra i due, tiene pulito il loro rifugio, cucina, stira e provvede alla sicurezza,  ma gli animi dell'ex professore e dell'artigliato sembrano destinati a fare continue scintille. Logan arriva sempre più tardi la sera, Xavier gli tira parolacce tutto il giorno. Probabilmente i due arriveranno ad ammazzarsi a vicenda, anche perché non hanno nulla da fare salvo che "sopravvivere". Tutto è perduto, finito. Basta X-men, basta Magneto, Cerebro, Fenici Nere, Sentinelle e uomini multipli. Basta divinità egizie blu, angeli con ali d'acciaio, demoni e fate teleporti, uomini di ghiaccio contro uomini di fuoco. Il mondo è in mano a una oscura corporation che possiede tutto, controlla tutti e si serve di cyborg come braccio armato. Non è più tempo di colossi e fenomeni, ciclopi e mutaforma. In un'America rurale non troppo diversa da come era nel 1700, se non per l'autostrada. Oggi i campi di mais sono mietuti da enormi macchine-mostro che provvedono automaticamente alla raccolta e distillazione di una strana bevanda energetica. Oggi i camion corrono sulle strade senza controllo umano cercando magari (comandati a distanza) di uccidere le persone più scomode, il cielo è pieno di quadricotteri spia. Ma rimangono i razzisti, i delinquenti, i fanatici militari. Fortuna che almeno la campagna rigogliosa ci fa respirare per un istante un po' di far west. Fortuna che in TV dai maxi schermi ultra piatti trasmettono ancora i western. Se i pochi mutanti rimasti aspettano solo il momento migliore per estinguersi, sperano di poterlo fare alla grande, su una barca di lusso in mezzo al mare. Ma a volte anche questi piccoli sogni sembrano irrealizzabili. Perché nonostante tutto e contro ogni logica, hanno ancora quella fissa di voler fare gli eroi, anche se non è nessuno a chiederglielo. Così decidono di prestare ascolto a un'ultima, dolorosa chiamata di aiuto. Un'occasione in più per fare la loro parte. La causa è buona, salvare la vita di una giovane mutante, Laura (Dafne Keen). Lo stormo "dei nemici cattivi", capitanati dal crudele Pierce (Boyd Holbrook) e dal dr Rice (Richard E. Grant) è praticamente infinito e inesorabilmente forte. Logan è malridotto, ferito nel corpo e nell'anima da una mutazione misteriosa che compromette il suo fattore di rigenerazione. Gira con in tasca un proiettile di adamantio per porre fine quanto prima alla sua vita e non perde occasione per sfogare in piena libertà la sua proverbiale rabbia con chiunque gli capiti a tiro. Ma Laura in qualche modo riesce a fargli riassaporare un po' dell'umanità che il vecchio artigliato pensava di aver perso.


Più duro di un pugno allo stomaco: Si esce storditi e depressi dai 140 minuti di Logan:The Wolverine, terzo episodio della serie spin-off nata da una costola degli X-Men, secondo film di Logan diretto da James Mangold e ultima performance, la decima, di Hugh Jackman nei panni di Wolverine. Come spettatori, dicevo, a fine visione si ha quasi l'impressione di aver subito almeno la metà dei pugni, calci, pallottole, arpionate e schegge di granata che i protagonisti e gran parte del cast si sono dati vicendevolmente. Non si ride mai, ci si spaventa di frequente, si piange parecchio, si arriva a mettere le mani davanti agli occhi per l'efferata brutalità sfoggiata da Logan e soprattutto da quel piccolo demone di Laura. E questo accade anche se si ha lo stomaco forte, motivo per il quale quel V.m.14 risulta più che giustificato. Se si riesce a trovare un varco tra tanta emoglobina e frattaglie esposte con compiacimento, il film sa rivelare il suo cuore più struggente e malinconico, dimostrando di aver capito (forse anche di più che i fumetto stessi) le potenzialità drammatiche dei personaggi di Logan, di Xavier e di X-23, spingendoli oltre il limite di quasi tutte le loro rappresentazioni cartacee presenti e passati. Non si tratta quindi solo di "budella e pazzia", poiché in questo campo la saga cartacea "Wolverine the best there is" di Charlie Huson e Ryp, o l'arco narrativo "cervello fuso" di Wolverine: Weapon X  per me rimangono, giusto per citare "solo" le produzioni recenti, ancora picchi belli alti di "perversione", quasi impossibili da raggiungere. Parliamo invece di drammaturgia, e il dramma è da sempre il "pane" della serie cinematografia degli X-Men. Una serie che ha saputo radicarsi nel tessuto della Storia umana. Che da anni veicola messaggi importanti come l'integrazione dei "diversi" nella società, la fiducia nel prossimo, nell'istruzione e nel ruolo della famiglia allargata. La saga ha per questo creato grandiosi personaggi tragici, facendo uso di attori teatrali per dargli una voce e un corpo potente ed evocativo. Ma la tragedia per sua natura vuole "il sangue", la sofferenza. E se negli anni abbiamo assistito a capitoli molto drammatici (ho ancora negli occhi il brutale sterminio di molti eroi ad opera delle sentinelle in "Giorni di un futuro passato") per me questo è a tutti gli effetti il capitolo finale della serie X-Men cinematografica, il punto di non ritorno più adulto e definitivo. La "vera" apocalisse, in raffronto a quella "mancata" da Singer nell'ultimo film. Il capitolo nichilista che racconta come i mutanti siano alla fine stati tutti sterminati. Ed è un capitolo grandioso, forte, potente e disperato, che Mangold trasforma in un western crepuscolare stile Gli spietati (e nei fumetti sparsi nel film riecheggiano in questo i racconti sui pistoleri, il riferimento pop per raccontare la storia che Eastwood usò proprio ne Gli Spietati), prosciugando di ogni "battutina di alleggerimento" e scavando nella sostanza più magnetica e magmatica di questi characters. Viene alla luce la ragion d'essere ammaccata di un uomo che conosce solo la violenza e il rimpianto come Logan. Diventano incubi i sogni infranti di un insegnante che voleva trasformare dei giovani mostri in eroi amati dal mondo. Si chiude nel silenzio più autistico una bambina che vorrebbe saper amare ma che è sempre stata usata solo come un esperimento militare. Per concentrarsi su questi rapporti, mettendo in primo piano i personaggi, Mangold svuota ogni paesaggio e  preferisce alla grande città sterpaglie e deserto, carica l'ambiente della giusta tensione emotiva. 


Scelto il "non luogo" per eccellenza, la highway con le sue miglia infinite intervallate dai distributori di benzina, fa muovere i suoi personaggi, fisicamente ed emotivamente feriti e malfermi. Ci fa osservare il mondo dai loro occhi, in modo confuso e fuori fuoco. Privi di tutine attillate e jet ipertecnologici, anche i mutanti più forti sono nudi, esposti al mondo. E Wolverine l'immortale, Wolverine la macchina di morte con gli artigli d'adamantio nonché il leader carismatico dei mutanti tutti, è qui come non lo avete mai visto. Spesso per terra, sommerso da calci e pugni, mentre cerca con le mani di proteggersi la testa. Spesso intento  a contemplare allo specchio e subire i dolori di un fisico che sembra marcire, che necessita di continui bendaggi e liquore per scacciare i pensieri. Un Wolverine che spesso ritroviamo inerme e addormentato in luoghi di cui non ha memoria. L'eroe è nudo, è debole e indifeso e negli attimi in cui sfoggia i suoi artigli non c'è traccia in lui del supereroe, ma solo l'ombra di una bestia ferita e scoordinata che colpisce brutalmente e a casaccio. Anche il professor X non se la passa bene, chiuso com'è in una prigione che protegge il mondo dei suoi poteri ormai fuori controllo. Xavier parla con i fantasmi, il suo lessico da mentore illuminato ha ceduto il posto ai rabbiosi e aspri rigurgiti volgari di un malato vecchio e abbandonato, il suo potere mentale di fermare il tempo potrebbe arrivare al punto di soffocare le persone nell'arco di un chilometro. Ogni tanto il vecchio uomo riaffiora, torna a concentrarsi sull'aiuto agli altri, ai più deboli, a ogni costo. Ma sono solo attimi lucidi di un lungo e travagliato sonno senza sogni, scaturito da un senso di colpa inestinguibile e incontrollabile. Tra questi due uomini distrutti e autodistruttivi si pone il "futuro". La piccola Laura, chiusa in un mutismo agghiacciante, che fissa il mondo con tutta l'ingenuità di un predatore a cui non è mai stata insegnata la pietà o la paura. Ogni volta che la si confonde con una semplice bambina, lei tira fuori il suo lato più mostruoso. Deve essere guidata e amata, ma sembra non esserci più tempo e il suo sguardo e i suoi modi provocano solo inquietudine. Se gli "eroi" sono quindi più inquieti e inquietanti del solito, risulta comunque difficile empatizzare pure con Pierce e i suoi techno-soldati, anche se sono indiscutibilmente dei personaggi "cool". Risulta evidente che le parti del corpo che mancano a questi cyborg sono state sostituite da arti di metallo a seguito di lotte estreme contro mutanti incontrollati e pericolosi. Sono a tutti gli effetti "cacciatori di mostri", non troppo dissimili dai cacciatori di vampiri di Vampires di Carpenter. Benedetti dalle convinzione di essere "i buoni", trafficano con arpioni da baleniera (che spesso sparano nei corpi delle vittime) giocano con lame affilate, amano le armi automatiche e i pugni d'acciaio. Si muovono su autentici carri armati, la distruzione che lasciano alle loro spalle è spesso immane e nel tempo libero si occupano della manutenzione dei loro bulloni. Ma risultano a ogni modo pura carne da macello, perché tutto in questo film, esseri umani compresi, è biodegradabile e tendente a trasformarsi in humus, a maggior ragione i personaggi che hanno poco da dire. Questi castiga-matti definitivi non durano che pochi secondi in un conflitto diretto e forse averli avuti un po' più "grintosi" sarebbe stato meglio. Ma vederli cadere come pezzi indistinti di carne in scatola è comunque una visione sadicamente liberatoria. Sono solo il riflesso più patetico di un nemico così crudele è distruttivo che non può che rimanere invisibile e inaffrontabile. In tanta cupezza è molto carino un momento della pellicola che cita direttamente Mad Max oltre la sfera del tuono. I momenti più lisergici sono centellinati ma un osservatore attento può comunque scovarli. Ma credetemi sulla parola: il film è davvero troppo denso di negatività. 


Ma i supereroi non vestono più in pigiamoni gialli?: Il cinecomic si è così bene affermato negli anni che finalmente riusciamo a cogliere in sala, con film come questo, uno dei profili più intriganti del mercato del fumetto supereroistico: la versatilità con cui riesce a catalizzare pubblici differenti. Del Wolverine cartaceo esistono serie "for kids", serie per adolescenti e serie per adulti. A seconda dei target, il personaggio può venire declinato diversamente, risultare spiritoso nelle storie per i piccini, tormentato per gli adulti e infine acquisire una tridimensionalità spesso inaspettata. Ma se con i fumetti "non ci si confonde" tra un prodotto destinato agli adulti o ai bambini in quanto c'è lo scrupolo di indicare in copertina i limiti di età diversi delle storie, questo come può "funzionare" anche al cinema? Potrebbe funzionare se si presentassero storie del tutto slegate dal resto della continuity. Logan in parte lo è, però è innegabile che tutti vorranno vederlo, anche in barba di quel V.m.14, perché questo è l'ultimo capitolo con protagonisti Jackman e Stewart. Potremmo dire comunque che la saga originale ha ormai 17 anni e chi la segue dall'inizio sia ormai grandicello, magari i più giovani sono legati maggiormente a Fassbender e alla Lawrence, ma la questione rimane. Questo è un film fortemente per adulti, cupo e con una quantità di splatter che è impensabile anche per gli horror moderni. Non so se me la sentirei di portare in sala un ragazzino. Sono troppo vecchio però per capire cosa oggi scandalizzi di più i ragazzini e quindi voglio sospendere ogni giudizio di questo tipo, anche perché...


Questo è un film bellissimo: triste, disperato, malinconico ma bellissimo. Gli attori sono semplicemente straordinari, la regia è perfetta nel suo ritmo da western crepuscolare post-futuristico neo-medioevale "soft", le musiche, soprattutto quelle di Johnny Cash, la scelta migliore possibile. Logan fa da spartiacque tra il vecchio e il nuovo modo di interpretare i supereroi al cinema. Basta richiedere infinite origin story, basta trattare il pubblico come un eterno bambinone che non vuole crescere. Questi straordinari personaggi di carta sono ormai parte dell'immaginario collettivo e possono superare le barriere di carta e celluloide per entrare sempre più nella realtà. Logan più che mai qui diventa un uomo vero, autentico. E' una strana strada, interessante da percorrere. Certo è giusto che i film dei supereroi rimangano ancora meravigliosi baracconi colorati per distrarsi e divertirsi in sala insieme, soprattutto  in compagnia dei più piccoli. Ma i cinecomics possono ora diventare anche oggetti misteriosi e tridimensionali come questa ultima pellicola di Mangold. 

Ci sarebbe da parlare per ore su cosa ci riserverà il futuro degli X-Men senza Hugh Jackman e, sembra, Stewart, ma fuori dalla sala si avverte in pieno la malinconica consapevolezza della fine di un'era. Chi aveva vent'anni all'uscita del primo X-Men va ora verso i quaranta. Ci saranno nuovi mutanti e nuove storie nel futuro, ma queste sono state "le nostre", siamo cresciuti insieme a loro. È tempo che nuovi eroi incantino le nuove generazioni. 
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2 commenti:

  1. Ho apprezzato molto l'aura di morte e decadenza che si respira nel film.
    Il finale è amaro... Sopratutto perchè fa capire quante occasioni hanno sprecato in passato per creare un film degno di nota. Dovevano passare 17 anni per fare un capolavoro su Wolverine... E che cavolo!

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