venerdì 10 marzo 2017

Bleed - più forte della vita - la nostra recensione

Partiamo con un trailer tosto? E trailer tosto sia!



Vinny Pazienza (Miles Teller) è un pugile italo-americano affascinante, fisicato (anche sotto la cintura, mi fanno notare le osservatrici del gentil sesso), sbruffone e con continui problemi di testa (troppe donne e troppo gioco d'azzardo) e di peso (e qui è colpa della gloriosa tradizione italo americano stile "in cucina con Buddy" su Real Time). Un pugile che appare prematuramente sul viale del tramonto anche per sopraggiunti limiti tecnici. Non finalizza, non ascolta, non tira giù l'avversario e fa così incazzare il suo manager, Lou Dava (Ted Levine) che questo arriva a dire in televisione che il pupillo non ha più futuro. Un vero colpo al cuore per tutta la famiglia del nostro campioncino, che lo aveva motivato e costruito fin da piccolo, nella propria palestra, per renderlo il loro trofeo vivente. Soprattutto il babbo (Ciaran Hinds) ci credeva tantissimo, al punto da essere irremovibile su alimentazione, categoria, hobby e vita in genere del ragazzo. Ora che il manager ha dato forfait non si riesce più ad organizzare un incontro che sia uno e nella depressione più nera Vinny cerca aiuto altrove. 

E aiuto trova, grazie all'eccentrico Kevin Rooney (Aaron Eckhart), ex allenatore di Mike Tyson. Un coach dal passato multiproblematico e dall'ubriacatura facile, uno che pare dormire in macchina, uno che come il pugile sembra sul viale del tramonto, ma con ancora un po' di "fiuto". Guarda il ragazzo, che è un peso gallo, e ha una visione: vede un carro armato inarrestabile al posto della agile gazzella veloce di cui gli avevano parlato. Subito si convince che può migliorare, ma solo se vuole cambiare del tutto approccio. Fare più massa, mangiare di più e salire di categoria. La cosa sconcerta il padre, che da sempre lo preparava "come diceva lui", ma alla fine la nuova strategia si prova e per un gioco del destino Vinny "c'è", come direbbe Guido Meda. C'è al punto che subito si trova davanti alla grande occasione della vita, quella in stile Rocky I. Tutto sembra perfetto, il match porta nuovi stimoli alla vita del ragazzo, ma quando si arriva a fare i grossi discorsi sul futuro, quelli da Rocky II, un incidente automobilistico rischia di uccidere del tutto il nostro eroe. Sopravvive. Ma solo per avere la debole speranza di poter ancora muoversi senza carrozzina, il pugile si deve sottoporre al rivoluzionario e grandguignolesco trattamento "Halo". Roba reale ma che pare pensata da Saw l'enigmista. Una cosa che ti attaccano una gabbia per uccelli di metallo tra collo e testa, tenuta insieme con delle viti che ti vengono trapanate nel cervello per tenere il tutto in asse. Fa paura a vederlo, fa paura a impiantarlo, fa paura perché ogni qual volta la gabbietta viene sfiorata le viti si muovono e parte un dolore allucinante. Nonostante il martirio, grazie ad una "cazzimma" tutta italiana, il nostro eroe non vuole mollare. Riuscirà a uscire dall'incubo di questo trattamento - tortura? E vi ricordo che è vita vera! Tutto è veramente accaduto!




Miles Teller, qui lo ribadiamo dopo Whiplash e, a maggior ragione, dopo quella tragedia di Fantasic 4, è un attore pazzesco, un giovane talento che non smetteremo mai di supportare troppo su queste pagine, che vogliamo seguire e che incoraggiare fino a che non avrà una carriera lunga e degna quanto Clint Eastwood. È bravo, in una parola. È davvero molto bravo, usandone tre. Riesce a entrare e uscire da ruoli diversissimi risultando sempre spontaneo e credibile. Il suo Paz, che gli ha richiesto una preparazione fisica non indifferente, è un personaggio divertente e dolente, determinato quanto onestamente folle e incuriosisce, anche solo a livello "antropologico", al punto che fa realmente venire voglia di saperne di più sulla storia vera di questo straordinario atleta. Grazie a Teller sentiamo un dolore quasi ancestrale quando l'"Halo" colpisce accidentalmente delle sporgenze, veniamo coinvolti da ogni pugno che Paz incassa o tira come se fossimo noi a scagliarlo. Sentiamo quasi il sudore di Paz che fuoriesce dai vestiti logorati che è costretto a tenere durante la riabilitazione. 


Aspiriamo la follia è la gioia del folle allenamento cui si sottopone per tornare in forma. Ted Levine e Caran Hinds sono dei caratteristi bravi e credibili, simpatici e sanguigni come si conviene. Eckhart è umile e straordinario nello spogliarsi dal suo noto sex appeal e creare un personaggio in cerca di rivalsa, acciaccato, determinato ed emotivamente molto partecipe. Riusciamo quasi a sentire l'alcol che lo circonda come una nube tossica e ci viene voglia di accompagnarlo a casa dopo l'ennesima bevuta di troppo. Nonostante sia una storia dolorosa, Bleed è una storia di speranza che grazie all'epoca della boxe diventa universale e può davvero ispirare qualcuno che si trova in un momento di fragilità nella sua vita. Più Rocky che One Million dollar baby, più sorrisi e battute che dolore e tragedia, in una tabella di marcia che punta verso la positività. Il film diverte e scorre veloce grazie ai suoi interpreti, ad un montaggio serrato e a una storia che non annoia mai. Molto belle anche le location e la fotografia. Bleed è un film che comprare in sala all'improvviso, dopo non essere stato adeguatamente capito in patria. Mi ha fatto piacere vedere il trailer prima di La La Land, che è proprio il nuovo film del regista di quel Whiplash dove abbiamo visto la completa maturità artistica di Teller. Il ragazzo si sta facendo le ossa e diventerà fenomenale, e questa pellicola ne è la riprova. Talk0

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