martedì 10 ottobre 2023

Mercenari 4 (Expend4bles): la nostra recensione della nuova pellicola di Scott Waugh con protagonisti Sylvester Stallone, Megan Fox e Jason Statham

Sinossi: Siamo in Libia, di sera, nei pressi di una struttura militare costruita ai tempi del colonnello Gheddafi. Lo spietato mercenario Suarto Rahmat (Iko Uwais, The Raid), armato dei suoi bastoni sfollagente modello “Chiappa Rhino 50DS”, riesce in modo silenzioso ad avere la meglio sulle sentinelle, mentre gli altri membri del suo gruppo d’assalto, con una pioggia di missili, sbaragliano ogni forma di difesa adibita al domicilio di un generale in possesso di detonatori nucleari. Dopo aver distrutto tutta la famiglia del militare ed essersi impossessato degli ordigni, Rahmat è pronto per la fase due del piano: predisporre un incidente in acque russe in grado di scatenare la terza guerra mondiale. Ci sono problemi familiari anche a New Orleans, da quando il mercenario Lee Christmas (Jason Statham) ha intrapreso una relazione calorosa quanto “litigiosa” con la sua nuova fidanzata e “collega di lavoro” Gina (Megan Fox). Il buon Barney Ross (Sylvester Stallone) suona al campanello mentre i piatti volano e cerca un po’ impacciatamente di aiutare l’amico e collega Lee a gestire al meglio la relazione, ricordandogli dell’importanza dei piccoli gesti d’affetto e del valore della famiglia, ma il motivo che lo ha portato a casa sua è diverso: deve aiutarlo a recuperare il suo amatissimo e iconico “anello con teschio” che una sera prima ha perso al bar, scommettendo a pollice di ferro contro un buzzurro grosso come un armadio. Non sarebbe successo se Barney fosse stato più giovane, forse. Recuperata la reliquia dopo una scazzottata, nella quale anche Lee risulta meno atletico di qualche anno prima, i due vengono convocati insieme ad altri mercenari del gruppo da Marsh (Andy Garcia), un “uomo della cia” che ha per loro un lavoro molto delicato. Un lavoro che li porterà sulle tracce di Suarto Rahmat, ma anche della temibile eminenza occulta che pare guidare le sue mosse: il leggendario e misteriosissimo Ocelot. Barney ha un grosso conto in sospeso con Ocelot, da quando vent’anni prima questi è stato responsabile dello sterminio della sua intera squadra. Le indagini su questa figura sono state però secretate fino ai massimi livelli di sicurezza nazionale e da allora è di fatto diventato un fantasma. Caricato il Canadair CL-215 nero notte con due mezzi da sbarco veloce e imbarcati il sempre più rintronato Toll Road (Randy Couture), il sempre più vecchio e “cecato” cecchino Gunner (Dolph Lundgren), il giovane esagitato Galan (Jacob Scipio) e il giovane silenzioso Easy (50 Cents), Lee e Barney partono per la Libia. Li aspetta un fortino blindato zeppo di persone armate e dotate di missili per la contraerea. La missione deve essere veloce: Barney rimane sul CL-215, i ragazzi con i mezzi distruggono tutto e tutti e recuperano i detonatori, Barney atterra, recupera e ripartono. 


Nonostante l’azione pianificata inizi al meglio, trasformandosi subito in una veloce e sanguinosa corsa su veicoli iperarmati in cui il gruppo di Lee sembra avere la meglio, la contraerea si dimostra più dura del previsto e Suarto un nemico davvero temibile. L’esito della missione sarà tragico e cambierà per sempre la vita del gruppo. Almeno fino a che Marsh proporrà una nuova missione contro Ocelot: una missione di vendetta, forse suicida, che avrà luogo su una nave “camuffata da fregata americana” piena di testate nucleari diretta in Russia. Il nuovo capo del gruppo sarà Gina, che beneficerà anche dell’aggiunta di alcune nuove reclute. Lee resterà fuori,  per via di una sua azione di insubordinazione durante il fattaccio della Libia, ma il mercenario riuscirà a raggiungere il gruppo dalla Thailandia, aiutato da un vecchio amico di Barney, l’artista marziale e mercenario Decha (Tony Jaa, Ong Bak, The protector). Riusciranno ancora una volta i mercenari a salvare il mondo e la loro “famiglia”?

Un regista nostalgico: Il regista del folle Need for Speed, un film sui videogame che non si vergognava di avere una trama da videogame, ma soprattutto regista anche dell’altrettanto folle Act of Valor, arriva a dirigere il travagliato, ma alla fine compiuto, quarto capitolo della saga degli Expendables. Non è forse un caso, in quanto Scott Waugh è un super appassionato dell’action movie della “vecchia scuola anni ‘80”, uno che conosce tutti i trucchi del mestiere e i “topoi” che fanno “scaldare il cuore” dei vecchi fans duri e puri. Expend4bles si può dire quasi che prosegua la “poetica” del  suo docu/action Act of Valor, che portava sullo schermo, in modo debitamente spettacolarizzato, la reale “working class” dei soldati americani, in un approccio “quasi alla Ken Loach”, raccontando una storia dove a rocambolesche scene d’azione si alternavano momenti di vita privata, tra grigliate di gruppo e incontri con fidanzate e mogli. Momenti in cui i veri soldati assomigliavano tantissimo, per ironia, stazza e ingenuità nelle relazioni, proprio alla working class degli action hero anni ‘80, raccontateci da Stallone e Van Damme. Eroi che i soldati avevano visto magari al cinema da piccoli, proprio negli anni ‘80. Eroi a cui si sentivano di somigliare anche esteticamente più dei bellissimi action hero anni ‘90 alla Brad Pitt e George Clooney. Cosa c’è di meglio quindi, per questo autore, di dirigere nel 2023 un vero action anni ‘80?

Un regista proiettato anche sul mercato orientale: Oltre a questa fascinazione per gli eroi anni ‘80, Scott Waugh è anche autore del recente e simpatico action Project X-traction, pellicola in cui John Cena condivide lo schermo con Jackie Chan. Expendables 3 ha goduto di un grande successo in Cina e in Oriente e la presenza nel cast di Tony Jaa e Iko Uwais, due autentiche icone del cinema orientale, è in linea anche con progetti come il recente Meg 2, in cui proprio Jason Statham duetta sullo schermo con la star action di Wolf Warrior Jacky Wu. In un’ottica di ulteriore mix tra oriente e occidente, tra gli sceneggiatori figura Kurt Wimmer, autore del piccolo cult action Equilibrium: un film che ha saputo mischiare al meglio le arti marziali orientali e l’action dei gangster occidentale, creando addirittura uno stile di lotta tutto nuovo, il gun-fu, che ha ispirato anche i recenti film della saga John Wick. Oltre che Equilibrium, Winmer è stato coinvolto anche nei coraggiosi ma non fortunatissimi “remake” di Total Recall e Point Break, prodotti ben confezionati, “moderni” e certamente spettacolari, ma ritenuti troppi differenti dalle opere originali. 

 


I nuovi mercenari in campo, quasi come ai tempi della Cannon: venendo alla “rosa dei giocatori”, I mercenari 4 presenta un cast di vecchie glorie e nuovi volti più ristretto del solito. Tornano Stallone e Statham, Randy Couture e Dolph Lundgren. Si aggiungono, oltre a Uwais e Jaa, anche Andy Garcia e Megan Fox, Scipio e 50 Cents. Molti grandi nomi legati ai capitoli precedenti non sono tornati principalmente per motivi di budget.

La produzione, secondo le fonti ufficiali, si attesta sugli stimati 100.000.000 di dollari, un risultato apparentemente  in linea con il budget medio degli altri capitoli (tra 80 e 100 milioni). Purtroppo parte consistente di questa somma Expendables 4 ha dovuto usarla per ammortizzare un gran numero di cambi di regia, investitori e responsabili di effetti speciali, rinvii, riscritture e re-casting. Il progetto si è trascinato ad oggi dal suo inizio pre-produttivo, stimato intorno al 2015, e questo ha comportato molti tagli di budget al prodotto finale, più o meno in tutti i campi. Queste ristrettezze, affrontate con risparmio e originalità, hanno dato alla produzione quel sapore tipico delle opere action della Cannon, una amatissima etichetta scomparsa a cui si devono classici di Chuck Norris come Delta Force, ma anche Over the top con Stallone e Masters of the Universe con Dolph Lundgren. Opere in grado  di colmare con il carisma degli action hero interpreti quanto magari non brillava negli effetti speciali. Ma se c’è qualcosa su cui la saga di Expendables non ha mai lesinato, sono proprio gli action hero.

Com’è un action hero degli anni ‘80 nel 2023? Come può diventare umanamente e “professionalmente”? : 

Questa è di sicuro una domanda che negli ultimi anni ha ossessionato Sylvester Stallone, che proprio tra Expendables 3 e 4 ha rimesso mano alle storie del pugile Rocky e del combattente/reduce Rambo, i suoi personaggi più iconici di sempre. 

Rocky con garbo ed eleganza, dopo una gloriosa carriera e fiumi di fan ancora adoranti, si è “eclissato”. Ha passando il testimone di protagonista sul ring al figlio del suo amico-rivale Apollo, nei film spin-off Creed, dove essere passato dal ruolo il suo mentore prima e dopo a quello di amico piegato dalla malattia. È comparso sempre meno, film dopo film, forse per questioni che vanno anche “oltre lo schermo”: in ragione di asprezze sul trattamento dei diritti del personaggio che sono incorsi tra Sly e gli eredi del produttore Irwin Winkler, portando l’attore, amareggiato, a un finale di carriera per Rocky decisamene “tronco”, malinconico. Amaro come il destino di Rambo, il più grande soldato degli action movie moderni. Un uomo fatto di muscoli e istinto tesi alla sopravvivenza e costretto a piegarsi ai “limiti fisici” anagrafici del suo autore e interprete. Impossibilitato a correre, saltare e imbracciare armi pesanti come in Vietnam o Iraq, Sly ha esasperato il suo lato oscuro, la sua “fame di sangue”. Ha trasformato la sua creatura in una specie di ragno, che attira le sue prede nella casa-trappola dove vive. Un luogo pieno di cunicoli sotterranei da lui scavati sotto il giardino, dove i nemici si perdono, si infilano con le lame o esplodono toccando dei detona
tori, per poi essere infine colpiti da Rambo stesso, nascosto dietro una parete o nell’ombra, quasi senza muoversi. Un “mostro” della periferia americana non dissimile al Leatherface di Non aprite quella porta. Un mostro che anche se “buono” sta diventando sempre più incontrollabile. Anche l’amato personaggio di Sly creato per gli  Expendables, il “comandante”.


Barney Ross, mercenario con l’aria paterna e la passione per le pistole da “cowboy” Kimber Gold Combat II, ha in parte subito delle trasformazioni simili a Rocky e Rambo. Il suo tempo su schermo si riduce un favore di “eroi più giovani”, ma anche il suo modo di riflettere sul combattimento si fa più cupo, quasi inquietante. Dietro a un risvolto di trama che accompagna tutta la pellicola e sembra a tutti gli effetti da “sketch comico”, si nasconde la spietata volontà di un personaggio apparentemente gentile ma disposto a macchiarsi le mani in un modo terribile quanto “indifferente”, pur di sconfiggere un fantasma del suo passato. Un eroe che con il tempo potrebbe passare senza accorgersene al “loro oscuro” e diventare un “villain”. 

Se Stallone porta Barney in territori psicologici strani e nuovi, Couture e Lundgren giocano ancora con ironia sull’invecchiamento dei rispettivi personaggi. Toll Road passa il tempo a ripetere a chiunque la storia per cui ha un orecchio a cavolfiore, il cecchino Gunner provvede alla calvizie e alla miopia con un parrucchino enorme simile a un gatto morto e un paio di occhiali “magici” con cui riesce ancora a sparare come quando era giovane. Per rendere più letale Gunner, sullo scenario delle imprese a volte “appaiono”, come nei videogame, dei bidoni rossi contenenti benzina da far esplodere con un colpo singolo, con detonazioni spettacolari. 

Anche il personaggio di Tony Jaa in qualche modo “parla di lui”, ironizzando su quella che sarebbe stata la sua vita futura da adulto se avesse deciso di rimanere un monaco asceta, dopo la “crisi” che lo ha colto durante le riprese congiunte di Ong Bak 2 e 3. All’epoca, preso dallo sconforto per la complessa produzione delle pellicole, era fuggito nella giungla ed aveva preso i voti. Nel film, prima di tornare a combattere, di fatto si professa pacifista e snocciola un sacco di massime religiose in dialoghi da vecchio saggio. 

Un po’ una storia a parte sono invece i personaggi di Megan Fox e Jason Statham, a tutti gli effetti action hero anni ‘80 anche se anagraficamente non avrebbero potuto esserlo. 


Statham oltre alle collaborazioni con l’amico Guy Ritchie ha sempre cercato di ritagliarsi ruoli da action hero “anni ‘80 fuori tempo massimo” con tutte le forze. Lo ha fatto fin da quando accettava di interpretare le più piccole e catastrofiche pellicole di Uwe Boll come In the Name of the King. A continuato a fare action facendo la “gavetta e la spalla” per Jet Li nelle sue prime produzioni internazinali.  Lo ha confermato, passando per le produzioni action low budget francesi di Luc Besson. Oggi, saga dei Fast’n’furious e film di Guy Ritchie a parte, Statham ci crede ancora tantissimo e sta (quasi) diventando un action hero amato dal mercato asiatico, che lo ha scelto non a caso per essere protagonista del mega blockbuster/carrozzone The Meg e seguiti correlati. Se di fatto gli action hero stile anni ‘80 non vanno più in Usa o in Inghilterra, soppiantati da action con attori bellocci e pellicole da centinaia di milioni in effetti speciali, Statham va a fare l’action hero low cost prima in Francia e poi in Oriente e ci riesce. Expendables 3 ha sbancato in Oriente e ora il personaggio di Statham, l’esperto di coltelli e “vice comandante” Lee Christmas, è a tutti gli effetti il “nuovo volto”, l’erede degli Expendables, almeno quando il suo attore è l’erede dell’action “passatista” stile anni’80.  Ci crede e funziona. 

Megan Fox, esplosa come bellezza mozzafiato ai tempi dei primi Transformers di Michael Bay, in breve tempo si è presa la brutta nomea di attrice bizzosa e “donna di plastica”. Il personaggio di Gina in Expendables 4 è una “fierissima e orgogliosissima donna bizzosa e di plastica”, sul modello delle super donne da action movie anni ‘80 come Brigitte Nielsen. Anche in questo caso il personaggio funziona proprio nella sua “non-attualità”, diventando convincente e iconico in questo contesto. 


Un film meno nostalgico del solito: I nuovi personaggi come 50Cents non riescono invece a ritagliarsi uno spazio adeguato sullo schermo e finiscono infine per fare un po’ “da sfondo”, ma forse bisognerebbe ribaltare la prospettiva e dire che a Expendables 4 mancano i “personaggi di sfondo di lusso” delle precedenti pellicole. Bruce Willis, Arnold Schwarzenegger, Harrison Ford, Wesley Snipes, Chuck Norris e tanti altri, sfilavano su queste pellicole come i calciatori su un album di figurine, di fatto rendendo indimenticabili i pochissimi minuti nei quali erano sulla scena. Minuti che sono gli stessi che oggi occupano 50Cents e soci, ma senza quell’incredibile stupore che scatenava negli spettatori la presenza di quei miti, riattivando ricordi di decine di pellicole. Certo dei riferimenti e accenni agli action del passato riemergono anche in tanti piccoli e gustosi dettagli, come le moto con mitragliatrici alla Delta Force che sono protagoniste di una scena nel pre finale. Ma inevitabilmente qui, forse ancora per le ristrettezze di budget,  “manca qualcosa” e questa sensazione offre una nota amarognola a tutto l’impasto. Si sta quasi in sospeso, nella infruttuosa attesa che dal cielo arrivi un elicottero con all’interno Michael Pare, Don The Dragon Wilson, Cynthia Rothrock, Brian Bosworth in canotta e occhiali da sole, il fratello buono di Van Damme da Double Impact, Chow Yun-Fat con il cappotto pieno di fori di proiettile, Michael Dudikoff vestito da ninja. Meglio se tutti insieme e con in sottofondo Highway to hell a tutto volume. Ma questo non accade e uno dei meccanismi più forti della saga, la “nostalgia fine a se stessa”, si incrina. 


Una storia di combattimenti e sparatorie classica: La storia portata in scena è piuttosto semplice e quindi adeguatissima a offrire un minimo di contesto per le scene d’azione, ma riesce con piccoli tocchi  a valorizzare abbastanza i personaggi principali, costruendo una divertente e malinconica, quanto funzionale, storia di amicizia e onore. Ogni interprete si trova a suo agio con questo tipo di narrativa e sembra che sul set si sia di nuovo costruita una buona intesa e complicità tra tutto il cast. 

Andando al succo di ogni film d’azione, che sono appunto le scene d’azione, il film di Scott Waugh risulta particolarmente riuscito, al netto di un comparto effettistico non di primo piano ma “gioiosamente sporco”, ricco di sangue ed esplosioni, come lo erano i precedenti capitoli del franchise. La palma di scena migliore va a un combattimento particolarmente sensuale tra Statham e la Fox, dove prese e proiezioni di arti marziali si confondono in un sensuale gioco ginnico-erotico, che purtroppo dura troppo poco. Gli inseguimenti e le sparatorie sono sempre appaganti e a volte non scontati, ma quando il film si sintonizza sul personaggio di Christmas e sul suo modo di incedere al buio, come combattente silenzioso all’arma bianca, la pellicola regala i momenti più appagati. Apprezzatissime, ma un po’ depotenziate alle aspettative, le prove marziali di Iko Uwais e Tony Jaa, ma l’atmosfera generale “super tamarra”, qualche stunt volutamene sopra le righe e una telecamera che si muove veloce come in un videogame, garantiscono un livello di divertimento sempre alto.

Le due principali location dove si svolge l’azione sono molto duttili e piene di mille dettagli. La nave su chi si svolge gran parte del secondo tempo è così vasta nei suoi livelli e ambienti da trasformarsi presto in un autentico parco dei divertimenti per ogni amante dei combattenti, inseguimenti con veicoli e sparatorie. Purtroppo gli effetti speciali non sono al top, ma l’azione è spesso così veloce che forse non ci farete caso. 

Conclusione: L’opera di Scott Waugh non è perfetta sotto il profilo tecnico/effettistico, probabilmente non ha goduto di un budget adeguato e ha dovuto fare i conti con uno Star power più ridotto del solito. È anche una pellicola action profondamente anni ‘80, anche piuttosto anacronistica rispetto a come funziona il cinema oggi, ma forse proprio per questo un grandissimo atto d’amore nei confronti di quel cinema e quei personaggi. Un omaggio rispettoso quanto divertito nella gioiosa esternazione di continue “battutacce” proprie di quel cinema. Una storia di “bromance”, di “amicizia tra uomini”, virile e così appassionata che oggi forse farebbe un po’ arrossire, ma che anni fa ci appariva sincera. In sintesi, un film per i fan di quell’epoca, pieno di fan service loro riservato, dal feticismo dei veicoli miliari e armi da fuoco alle canottiere trasparenti di Megan Fox. Sta al pubblico capire quanto sia per lui interessante stare ancora all’interno di quel ricercato anacronismo di cui Expendables rimane comunque, come saga, una gioiosa bandiera. Pura expoitation, ma con all’interno, per chi vuole coglierle, anche gustosa sfumature melodiche quasi da western crepuscolare. 

Il film di Scott Waugh è un’opera per i fan che sapranno leggerlo oltre i suoi limiti, con la giusta ironia e voglia di divertirsi. Pur mancando in parte, a questo particolare capitolo, quella gratificante sensazione di sfogliare un album dei ricordi. Forse il capirlo 5 sarà più malinconico, intanto questo numero 4 lo abbiamo trovato un modo piuttosto divertente di passare un paio d’ore con vecchie glorie del cinema. 

Talk0

1 commento:

  1. Onestamente, spero non ci sarà un capitolo 5. Il primo era divertente, il secondo lo superava di svariate misure, il terzo mostrava già il fianco, questo quarto non ha proprio nulla da dire, nemmeno ai fan, ma si poteva già intuire dal cast improbabile.

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