martedì 17 ottobre 2023

Inu-Oh: la nostra recensione dell’opera rock ispirata al teatro Sarugaku e ai monaci cantastorie suonatori di biwa, diretta dal regista Masaaki Yuasa, l’autore di Devilman CryBaby e Mind Game

Ci troviamo in Giappone, intorno al XV secolo, nella cittadina di pescatori di Dan-no-ura.  Proprio nel vicino lago si è tenuta la sanguinosa battaglia finale tra l’attuale casato imperiale e il potente clan Heike, a seguito della quale è stata smarrita nelle profondità delle acque, tra i relitti di una imponente battaglia navale, la leggendaria spada Kusanagi.

Il giovane Tomona e suo padre, che da sempre si immergono in apnea alla ricerca di tesori di quel periodo da rivendere al mercato locale, vengono incaricati dalla capitale del recupero del mistico artefatto, ma una volta che se ne impossessano accade qualcosa di impensabile. Un enorme raggio di luce si propaga dalla spada per alcuni chilometri, accecando Tomona e dividendo a metà il corpo del padre. Con un rumore sordo, simile a una vibrazione, sembra inoltre inoltre essersi liberato dal profondo del lago qualcosa di oscuro, simile a una maledizione. 

Gli anni passano e dopo un lungo periodo, in cui Tomona si è sentito solo e impotente davanti al mondo, incontra sul suo cammino un monaco suonatore di biwa (uno strumento a corde tradizionale). Anche lui è non vedente, ma conosce la musica, la storia e il canto e in breve riaccende le voglia di vivere del ragazzo. Tomona inizia a seguirlo di città in città come apprendista e sotto la sua guida decide di prendere i voti e imparare a suonare tutte le storie della tradizione popolare. Da tempo nella regione mancano monaci. Molti sembrano misteriosamente scomparsi nel nulla, molti sono stati trovati assassinati lungo la strada sembra senza motivo. In questo clima di paura, la congregazione della capitale Kyoto è ben lieta che la storia del passato, almeno attraverso il giovane  Tomona, continui a essere tramandata alle future generazioni. Proprio tra i vicoli della grande città, in una notte piena di stelle, il giovane monaco incontra tra le strade una creatura strana e misteriosa, che da molto tempo terrorizzava tutti gli abitanti. Forse un demone. Una figura umanoide sinistra con un braccio lungo il doppio del normale e l’altro che sembra quasi attaccato all’orecchio. Ha gambe ricurve, la pelle del corpo ricoperta di squame, la schiena contratta simile a un guscio e un volto deforme e allungato, celato sotto una maschera ricavata da una zucca. Si dice che chi lo fissi, guardando sotto quella maschera, possa morire per lo spavento. La “zucca maledetta” vive derubando i passanti e condividendo il cibo con i cani randagi, nascosta tra le ombre, sempre in agguato. Ma Tomona non può vedere tutto questo e durante un assalto della zucca neanche si spaventa, gli pare di avere davanti per lo più un ragazzo coetaneo, molto affezionato agli animali che lo seguono. Anzi, il monaco ascolta con interesse i discorsi della creatura che si auto-proclama Inu-Oh, “il re dei cani”, e scopre che dietro le maschera ha una voce bellissima e un vero talento per il canto. Sotto le stelle, accompagnati dagli accordi della biwa, Tomona e Inu-Oh creano musica.

I due scoprono di avere tanto in comune, a partire dalla maledizione degli Heike, che ha reso il monaco cieco e forse trasformato in un mostro quello che era un ragazzo comune. Forse anche per via di questa condizione, i due hanno ricevuto un particolare dono, una sensibilità che gli permette di entrare in contatto con il mondo degli spiriti, che sono soliti suggerirgli all’orecchio racconti e melodie inedite agli altri monaci canta storie. 

I due decidono in breve di esibirsi insieme, cantare e ballare insieme per le piazze. Con una “musica nuova” fatta di storie e sonorità “di strada” diverse rispetto al repertorio classico dei monaci. Con storie che vengono portate sulla scena dalla “fisicità nuova” di Inu-Oh, che conosce tutti i segreti dei balli del teatro “sarugaku” e li reinterpreta con la sua peculiare corporatura e senso del ritmo. 

La musica tradizionale si contamina di rap, scenografie da musical, cori gospel e Hair-rock. Il balletto tradizionale acquisisce passi da disco music e break dance. Le esibizioni di Inu-Oh e Tomona infiammano tutta Kyoto e diventano sempre più complesse e partecipate: dei veri spettacoli live a cielo aperto, con coreografie ed effetti speciali, a cui accorrono centinaia di persone. Inoltre la musica “fa bene” a Inu-Oh, il cui corpo al termine di ogni esibizione torna progressivamente normale, come se venisse “esorcizzato” attraverso la gioia dell’arte. 


Il successo è grande, ma attira anche dei malumori. Gli artisti dei balli Sarugaku mal tollerano il modo in cui viene deformata la loro arte, peraltro con tanto successo. L’imperatore inoltre non vuole che ad avere tanto riscontro di pubblico siano dei racconti “apocrifi”, lontani dalla “Storia autorizzata”. Racconti che potrebbero contraddire la grandiosità “a senso unico” del suo regno o peggio suscitare sentimenti di ribellione, presentando storie in cui anche i nemici Heike risultano persone valorose e non esseri infidi.   

Il monaco e il re dei cani dovranno presto fare i conti con la realtà “politica” del mondo in cui vivono e sarà molto doloroso. 

Riusciranno a salvarsi attraverso la loro arte?


Inaspettato quanto a lungo bramato e sognato, arriva nelle sale italiane il capolavoro di Masaaki Yuasa, la medioeval-psichedelica “l’opera rock” Inu-Oh

Inu-Oh arriva inaspettato perché è a tutti gli effetti un musical, come Hair, Tommy o Jesus Christ Superstar e non siamo più nei mitici anni ‘70. Da questi anni e queste opere eredita un modo di fare cinema potente quanto trascinante, evocativo e sarcastico quanto fuori dal tempo. Un mondo che ci viene portato nel 2023 tradotto in italiano nelle poche parti narrative, ma con le canzoni, interpretato dagli straordinari Avu-Chan (Queen Bee) e Mirai Moriyama che costituiscono buon 80% del parlato, tutte rigorosamente in originale giapponese. Per la peculiarità dell’opera era impossibile tradurre le musiche (ed era pure quasi una lesa maestà), così si è scelto di non farlo. Inu-Oh arriva e con coraggio lancia un'autentica sfida all'avversione tradizionale del pubblico italiano per i film da seguire con i sottotitoli. 

Inu-oh ci arriva inoltre profondamente bramato, perché Masaaki Yuasa è uno degli autori più interessanti, ma anche anticonformisti, dell’attuale panorama dell’animazione giapponese. Fuori dai luoghi comuni e dagli stilemi più codificati degli anime moderni, conosciuto per opere artisticamente vertiginose, originali quanto inconsuete e uniche come Mind Game, Masaaki Yuasa è un autentico “crazy Diamond” tra gli autori moderni. Le sue sono opere così personali che in passato da alcuni distributori nostrani sono state considerate troppo difficili da esportare in sala, in quanto lontanissime da ogni possibile classificazione tradizionale sui gusti del pubblico. C’è da dire che comunque dopo il successo del remake “nagaiano” Devilman Crybaby per Netflix e di un’opera “più tradizionale” come Ride Your Wave, in molti fan hanno iniziato a richiedere anche i lavori più “estremi del regista”. Lo stile visivo di Inu-Oh è nuovamente qualcosa di unico: forti ispirazioni alla traduzione pittorica giapponese vicine al lavoro su La principessa splendente del compianto Isao Tahakata, che sembrano fondersi con figure dalla modernità plastica, quanto scanzonata, proprie dei lavori di Koike e Watanabe. Il tutto innaffiato con ampie dosi di psichedelia. 

È per questo che Inu-Oh arriva infine da noi “sognato”, come i sogni più acidi e psicotropi, affermandosi come una delle più impressionanti opere psichedeliche degli ultimi tempi: una travolgente e geniale follia dove il teatro Noh e la musica tradizionale si fondono all’estetica rock di un concerto dal vivo, cavalcando modi e mondi nuovi di raccontare una trama, in un tripudio di luci, effetti speciali, colori accesi e forme ardite, dove il significato stesso della Storia, intesa come il valore di raccontare la realtà, viene più volte de-strutturata e reinterpretata proprio dal “sogno” e dai linguaggi nuovi che vi discendono. Un monaco può diventare una rockstar e un ragazzo deforme cavalcare una balena di sola luce. Un quadro classico di Kyoto con i fiori di ciliegio che cadono può trasformarsi in una fantasia di draghi volanti, un ponte può diventare un palco con figuranti che balzando fuori dall’acqua come delfini. Tutto è concesso. Tutto è spettacolare e ardito e non parco di una certa drammaticità teatrale, di ironia e spiazzanti note cupe, vicine a oscure pellicole super cult horror/musical come Phantom of the Paradise di Brian De Palma e Repo! The genetic opera di Darren Lynn Bousman. 


Inu-Oh è qualcosa oggi di davvero mai visto, un'esperienza visiva e sonora unica posta al servizio di una storia fatta di spiriti e monaci anticonformisti, spade maledette e imperatori egocentrici, sulla nobile arte del raccontare e sulla ineluttabilmente pulsione di ribellarsi alle ingiustizie. Una storia che con le straordinarie voci di Avu-Chan (Queen Bee) e Mirai Moriyama ci trascina in prima fila in un unico grande concerto da sogno, dove tutto grazie all’animazione di Masaaki Yuasa e il suo staff è possibile.

Non sappiamo ancora come questa specie di ufo cinematografico sia atterrato nelle nostre sale italiane, ma perderselo è quasi un delitto: perché una cosa simile difficilmente si è mai vista dalle nostre parti. Ma se il pubblico sarà favorevole non è escluso che altri ufo possano atterrare a breve. Un plauso alla distribuzione italiana, un invito a voi a correre per aggiudicarvi una poltrona nella sala che avete più vicina a casa. Non perdetevelo e godetevelo. 

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