C’era una volta a Roma, negli anni settanta della contestazione, il cinema Nuovo Olimpo. Era una piccola sala fumosa e riservata, gestita da una signora di nome Titti (Luisa Ranieri), con la stessa voce calda di Anna Magnani e i capelli e trucco come la cantante Mina.
All’Olimpo si proiettavano retrospettive e film d’essai, ma il pubblico principalmente frequentava la sala per gli incontri clandestini al buio, che spesso sfociavano in piccole fughe d’amore tra i corridoi e i bagni.
È all’Olimpo che si incontrarono la prima volta Pietro (Andrea De Luigi) ed Enea (Damiano Gavino). Il primo uno studente di Medicina, a Roma per assistere la madre malata in ospedale. Il secondo uno studente di cinema che lavorava tra i set di Cinecittà. Proprio pochi giorni prima, durante le riprese di un film per le strade romane, i due avevano incrociato il loro sguardo, per una frazione di secondo, ma adesso erano seduti, vicini, nella sala di Titti. La chimica iniziò subito a fare il suo corso mentre girava un film in bianco e nero, l’avvicinamento fu immediato. Enea, per indole il più irruento, pensava di travolgere Pietro con due parole, conquistarlo e poi portarlo nel bagno, prima che si formasse la solita coda troppo lunga di avventori. Pietro, spiazzandolo, lo fermò invece nei corridoi: voleva prima parlarci per davvero e conoscerlo, non gli bastava la passione di un attimo. Non rimaneva tempo tanto per la passione come per mangiare insieme una pizza, nessuno poteva andare nella casa dell’altro, i due decisero di aggiornarsi a un nuovo incontro.
Giunto alla sua casa in affitto da universitario, dove Enea divideva il letto con la sua amica, collega di corso e amante di sempre Alice (Aurora Giovinazzo), il ragazzo passò tutta la notte a raccontarle di quanto fosse bello, affascinante e diverso da tutti, il ragazzo che aveva incontrato per caso nel pomeriggio. Alice accettava spesso l’esuberanza dell’amico e ascoltava con piacere, e una punta di invidia, i suoi racconti di passione con altri uomini. Pietro nel frattempo stava al capezzale della madre che dormiva sedata, preoccupato per una situazione clinica aggravatasi e con la voglia inconscia di uscire di lì, pensare ad altro.
I due ragazzi tornarono al Nuovo Olimpo e iniziarono una frequentazione assidua, durante la proiezione di film che non avrebbero seguito con la dovuta attenzione, un po’ frustrando la programmazione di Titti. Enea un giorno entrò in possesso, grazie ad amici di amici, delle chiavi di un'abitazione romana del centro e decise di passarci una sera con Pietro, che fu invitato a seguirlo seguendo una specie di mappa. I due proprio lì, in un luogo aristocratico pieno di quadri, tappeti e sculture, entrarono in intimità per davvero. Si scambiarono carezze e baci e in un attimo si trovarono nudi sulla magnifica terrazza, come statue di marmo sotto il cielo romano, davanti ai fori del centro storico.
Nell’esplorazione della casa trovarono in dispensa solo della marmellata e decisero prima di assaggiarla e poi di usarla in un lungo gioco erotico, in soggiorno, cospargendosela sul corpo e imboccandosi a vicenda.
Fu più tardi, dopo tutta questa passione e sul calare della notte, che i due iniziarono seriamente a parlare di un possibile futuro, da costruire insieme.
Per il prossimo incontro Pietro avrebbe voluto portare Enea in una trattoria, perché alla fine non avevano ancora mangiato insieme e parlato con calma seduti a un tavolo. Aveva prenotato in un posto dopo la visita in ospedale, ma la storia ebbe un esito diverso.
Enea era molto attivo politicamente e la sua presenza da oratore era richiesta in un corteo di protesta, che si sarebbe tenuto proprio quello stesso giorno, nella zona dell’Olimpo. Anche se il ragazzo fece di tutto per sottrarsi allo scontro con i poliziotti, decidendo di restare infine all’interno del cinema durante le cariche, la manifestazione arrivò alle porte del locale, portandosi dietro fumogeni e tafferugli. Titti rimase impietrita, immobile dietro la cassa nella strenua difesa della sala del Nuovo Olimpo, mentre veniva a mancare la corrente e il caos saliva dal vicolo adiacente. Pietro, giunto al cinema nella speranza di incontrare un Enea in ritardo per il loro incontro, venne travolto dalla polizia e rimase ferito al punto da dover essere ricoverato in ospedale.
Anni dopo Pietro, tornato a vivere lontano da Roma, era diventato medico e aveva sposato la veterinaria Giulia (Greta Scarano).
Enea aveva continuato a seguire la sua passione per il cinema, diventando un regista di successo. Alice era ancora al suo fianco, un po’ come amica, un po’ come amante, ma ora pure collaboratrice alla sceneggiatura e assistente. Tuttavia Enea non l’aveva mai sposata, come non aveva mai fatto mistero in pubblico e attraverso le sue opere della sua omosessualità, che anzi ha sempre cercato di rappresentare al meglio in modo positivo, cercando di rompere i tabù e frenando così, con l’arte, le forti discriminazioni che aveva anche lui subito da giovane. In fondo lo faceva anche per Titti, che attraverso l’Olimpo aveva creato nel cinema una realtà dove era possibile incontrarsi senza pregiudizi. In fondo lo faceva anche per Pietro, che non aveva mai più risentito.
Proprio nella sua opera prima Enea non ha avuto dubbi sull‘importanza di mettere in scena una storia molto realista quanto sensuale, in perfetta antitesi con quello che il cinema mostrava in quel periodo, in cui due giovani si amavano e arrivavano a fare sesso completamente nudi, giocando con della marmellata. Era qualcosa che lui aveva vissuto in prima persona e non ci vedeva niente di sporco o scandaloso: solo il ricordo felice di un grande amore, forse il sul primo vero amore, che si era interrotto all’improvviso nelle circostanze burrascose di una manifestazione.
Parlava di amore, non di amore omosessuale.
Giulia e Pietro videro il film insieme a un gruppo di amici un po’ disturbati e ilari all’idea di guardare al cinema per la prima volta due uomini nudi che giocavano in una lunga scena con della confettura. Giulia si ricordava vagamente che in fondo pure al marito era capitato di finire in un tafferuglio a Roma quando era ragazzo, in un momento storico non troppo lontano da quello raccontato nel film, ma il marito, un po’ imbarazzato, non fece alcun accenno sul fatto che il personaggio della pellicola fosse ispirato a lui. Però Pietro da quel momento si sentì spinto a tornare a Roma, a cercare Enea, partendo proprio da dove lo aveva conosciuto, il cinema Nuovo Olimpo. Giulia capiva che qualcosa era cambiato da prima, ma non sapeva cosa fare.
La sala da anni non ospitava più rassegne o retrospettive ma si era specializzata, come molte negli anni ‘80, nella proiezione di film porno. Era ancora frequentata da molte facce che il medico si ricordava bene dopo tanti anni, come alla cassa, quasi per niente invecchiata, c’era sempre Titti. Tra i ragazzi che giravano tra i soliti corridoi fumosi c’era “Molotov”, un vecchio attivista amico di Enea, che però non lo vedeva da quelle parti da molto tempo, da quando aveva avuto successo.
Gli anni passarono ancora e Pietro ed Enea in qualche modo continuano a cercarsi tra le persone dell’Olimpo e senza mai incrociarsi, con quasi il pudore e la paura di provare a incontrarsi direttamente e forse essere di intralcio l’uno alla vita dell’altro.
Il ricordo del loro amore reciproco si dimostrava comunque sempre forte.
Un giorno di quasi trent’anni dopo il loro primo incontro, sul set di una pellicola, Enea si ferì agli occhi a causa dell’esplosione di un effetto speciale e, per vie traverse, finì proprio sotto i ferri di Pietro, specializzatosi nel tempo in chirurgia oculare. Enea incontrò così il suo primo amore, mentre si trovava ancora bendato e non era certo di riconoscere la sua voce, come temeva che il medico fosse solo un omonimo. Pietro avrebbe voluto esporsi e rivelarsi, ma era troppo timido per farlo per le paure che lo avevano attanagliato da anni. Riusciranno Enea e Pietro a riguardarsi negli occhi, dopo tanto tempo? Le persone intorno a loro cercheranno di aiutarli ?
Il regista Ferzan Ozpetek si mette a nudo in un film dal forte sapore autobiografico, dedicato a persone reali che nella narrazione diventano i personaggi di una storia molto intima e garbata, quanto forte e malinconica. Una storia in cui un cinema, uno dei tanti e gloriosi cinema che un tempo popolavano le grandi città, diventa un luogo di passioni proibite, che forse storicamente non sarebbero state accettate a cielo aperto. Passioni da vivere in segreto, come “protette” all’ombra dei grandi classici della settima arte, grazie a esercenti che sono stati per qualcuno come Ozpetek parte di una gioiosa famiglia allargata, magari scombinata ma calorosa, disposta a confidarsi e supportarsi quando più serve. La straordinaria, stralunata e malinconia Titti, interpretata qui da Luisa Ranieri come un travolgente mix tra Anna Magnani e Mina, è ispirata a una persona vera. Titti è un po’ una “mamma chioccia” per tutti gli innamorati clandestini dell’Olimpo e conserva con cura ricordi e confessioni, elargisce consigli e biglietti omaggio. Attraverso la storia di Titti e del suo cinema, come in Empire of Lights di Sam Mendes, ripercorriamo anche la malinconica parabola di troppe sale cinematografiche cittadine, prima luoghi d’arte, poi luoghi “peccaminosi” e infine luoghi quasi abbandonati a favore di un cinema più commerciale. Luoghi che hanno accompagnato la vita di molte persone e di cui oggi si spera possano tornare i fasti, proprio in quanto posti di incontro tra l’arte e le persone, forse ora troppo poco fumosi, in un periodo che ci vede sempre più chiusi in casa, assorbiti dai social.
Come Titti e il suo cinema, anche il personaggio di Alice è ispirato a una persona vera, che è stata sempre al fianco del regista, amandolo teneramente anche di un amore non corrisposto, diventando però sua “complice”, nonché parte di quella famiglia allargata che spesso l’autore ha rappresentato nel suo cinema come un “luogo altro” rispetto alla famiglia di origine. Un luogo di comprensione e ascolto che nei film del regista di origine turca ha sempre avuto per epicentro una figura a volte materna e a volte “sorella maggiore”, cui ha spesso dato il volto la solare e accogliente attrice Sierra Yilmaz. Possiamo quasi dire che sia Titti quanto Alice trasmettano qui lo stesso “calore” dei personaggi della Yilmaz, forse per la prima volta “scomponendolo”. Tanto Luisa Ranieri che Aurora Giovinazzo hanno saputo cogliere a pieno “l’aura protettiva” che emanano i loro personaggi, pur velandosi di una malinconia che spesso li relega quasi “dietro le quinte”, come dei genitori in perenne attesa che i figli grandi, “un po’ distratti”, tornino qualche volta a trovarli per farsi coccolare.
Anche Ozpetek stesso in Nuovo Olimpo vuole essere chiaro e diretto sui suoi sentimenti e passioni, senza negarci anche i suoi lati meno “belli”, per mezzo di un Damiano Gavino che lo impersona con garbo, misura e un tocco di humor, come Mastroianni spesso prestava il volto su schermo a Fellini. Attraverso Enea, Ozpetek parla direttamente del forte valore politico e sociale delle sue opere, a volte ponendo il personaggio direttamente al centro di una conferenza stampa sul suo cinema. Attraverso Enea parla della sua difficoltà di esprimere sentimenti oltre l’arte, racconta delle sue pulsioni giovanili quasi compulsive e della sua determinazione a diventare qualcuno che potesse un giorno permettersi di avere una casa, che sfociasse su una di quelle bellissime terrazze romane con il tempo diventate parte attiva della sua poetica: forse il “nuovo” luogo di incontro della sua ideale “famiglia allargata” dopo il cinema Olimpo e l’appartamento condiviso da universitario.
Il personaggio di Pietro riflette invece quanti un tempo, anche per il clima sociale dell’epoca, non sono stati in grado di vivere appieno il loro amore, di fatto diventando comunque “felici”, ma intimamente sempre rimanendo legati al rimpianto. La scelta di Pietro di ricominciare a ragionare sul suo amore passato diviene nel film prima di tutto un percorso di accettazione personale, che coinvolge la sua famiglia positivamente, in un ruolo attivo, proprio per il suo bene. Andrea De Luigi riesce bene a dare corpo ai tormenti quanto alla forzata compostezza e calma apparente del suo personaggio, che in opposizione a Enea sembra perennemente travolto da un senso del dovere che lo trova sempre inadeguato, alla continua ricerca di una stabilità che quasi viene prima dei sentimenti. Proprio in antitesi alla forte identità con cui sono costruiti i personaggi, De Luigi e Gavino cercano sulla scena sempre di farli “mediare”. Smussare le spigolature di Pietro ed Enea li porta progressivamente ad avvicinarsi, in un balletto degli opposti alla continua e impossibile ricerca di un completamento e cambiamento di prospettive di vita “a favore dell’altro”. Pietro “si chiude” e va in cerca di Enea, di nascosto, per tutta la vita in un cinema. Enea cerca Pietro attraverso la sua arte, in un film più che in un luogo preposto, per fare sì che “altri Pietro”, o il “suo” Pietro, in futuro non si chiudano allo stesso modo e possano essere più felici. È in questo dialogo a distanza, fatto di luoghi isolati, cinema e di lettere consegnate in ritardo di anni, che il film riesce a parlarci anche della vulnerabilità e disincantato dei sentimenti, toccando corde di una raffinatezza platonica non distanti dalle opere di Wong Kar-wai. Di fatto Ozpetek ci ha spesso parlato, proprio come Kar-wai, di amori le cui tracce si nascondono dietro a dei quadri, tra foto nascoste e memorie, ma qui il livello rimane ancora più sottile, quasi rarefatto.
Nuovo Olimpo è un film pieno di passione e tumulto, attese infinite e rimpianti giusto mitigati da un tocco di ironia e buoni sentimenti. È uno dei film più personali del regista di origini turche, forse il suo film di “sintesi”, dove il filo rosso che lega spesso le sue opere si intreccia in modo più evidente con la sua storia personale, portando a nudo senza filtri le sue passioni e tormenti. Molto bravi tutti gli interpreti, tra cui si segnala una bravissima Luisa Ranieri. Come sempre in Ozpetek bellissime e piene di colori brillanti la fotografia e le location, come molto raffinato l’accompagnamento sonoro, realizzato come sempre di nomi importanti della canzone italiana come Mina.
Un Ozpetek apparentemente diverso, senza filtro e con disincanto, politico quanto malinconico. Ma che riesce presto a colpire come nei suoi più amati lavori, dimostrando di essere ancora il regista più bravo a raccontare i sentimenti al di là dei tabù.
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