New Orleans dei giorni nostri. Uno strano tizio dall’aria emaciata e dai vestiti di un’epoca e usura indefinibili (Nicholas Hoult), segue per qualche strano losco motivo “Bob” alla sua riunione settimanale di supporto psicologico. Il tizio dice di chiamarsi Renfield e non sembra voler condividere con gli altri la sua storia, ma è un buon ascoltatore. Sente così di Kaitly, che a prima vista ha problemi con una persona molto egocentrica che la tratta malissimo e la costringe ad ascoltare tutto il giorno musica ska, ma in realtà c’è di più. Kaitly soffre a causa di quello che sembra a tutti gli effetti un autentico mostro. Nell’aria prendono forma parole come narcisismo e co-dipendenza ma a Renfield balena di colpo un’idea geniale: libererà la ragazza da quel mostro, dando quel mostro in pasto al mostro che da secoli tormenta lui: il conte Dracula (Nicolas Cage). Grazie a Dracula, trasferitosi di recente in città in un ospedale abbandonato dopo l’alluvione, Renfield può infatti vivere in eterno, dotato di superforza al fianco della persona più carismatica, divertente e straordinaria di tutti i tempi: Dracula per l’appunto. Questo a patto di essergli sempre fedele e rispettoso, solerte negli incarichi e disponibile 24 ore su 24, compiere piccole commissioni in orario diurno, dover mangiare in eterno solo dei vermi e dover portare al capo tante persone da dissanguare come arance. Lui ama molto dissanguare la gente come le arance, solo che un vampiro preferisce non cibarsi troppo di brutte persone o criminali vari, perché il sangue migliore proviene da persone buone di cuore, ”pure” e gentili tipo le suore e le cheerleader. A mangiare brutture la pelle si riempie di bozzi e diventa più grigia, arrivano i bruciori di stomaco, nausea e vomito: non è bello. Dracula in questo momento è così emaciato e smunto da sembrare quasi un fungo decomposto. Sogna come minimo un “pullman di cheerleader”, ma dopo un paio di secoli il suo servo Renfield gli appare “così distante”… ha questa specie di crisi, è demotivato e invece di portargli roba buona vuole “fare il giustiziere” e va a cercare solo questi tizi malevoli, indigesti in tutti i sensi. Oggi per l’appunto in menù ci dovevano già essere tizi laidi amanti della musica ska, ma questi allo stato dei fatti si sono forse rivelati molto più amanti delle droghe, motivo per cui Renfield è finito per confrontarsi pure con locale famiglia narcotrafficante dei Lobo, gente ancora più cattiva da mangiare. A seguito di un gran casino a base di proiettili, accette e smembramenti vari, nel piatto del vampiro arriva solo un enorme omaccione psicopatico decapitato, con addosso ancora il puzzo del sangue e le frattaglie di almeno altri dieci tipacci suoi pari. Una schifezza inimmaginabile per la quale starà male per un paio di mesi. Quasi “un affronto”, da parte del servo a quello che è stato più un padre che un padrone, l’unica persona al mondo che gli abbia davvero voluto bene per due secoli: Dracula per l’appunto. Ci sono oramai troppi indizi che il ragazzo dopo tanto onorato servizio non pensi più a lui come unico centro di gravità permanente della sua esistenza: il nuovo look dai colori pastello di Renfield, la sua scelta di vivere da solo in uno squallido appartamentino pieno di “gente comune” al posto del nuovo spaziosissimo covo infernale. Il suo avvicinarsi sempre più a una integerrima, e quindi socialmente perdente e squalificate, agente di polizia di nome Rebecca Quincy (la rapper Awkwafina) piena di inutili “buoni principi” e poi, per l’appunto, quel nuovo gruppo di auto-aiuto di Bob. L’ultima volta che Renfield si è sottratto ai suoi piccoli doveri di servo ingrato ha pure brandito contro Dracula un libro su “come affrontare un narcisista”, come una fosse una specie di moderno crocifisso del ventunesimo secolo. È troppo! Come si risolverà questo rapporto (quasi) paritario tra un “trascurato” signore onnipotente delle tenebre e un ometto che dovrebbe in eterno mangiare insetti ed essere felice per il suo unico padrone? Dracula si vendicherà, troverà nuovi servitori o farà di tutto per riavere indietro la persona che, pur umiliandola, da sempre ha sempre voluto al suo fianco?
Nel 2023 arriva un nuovo film sulla “storia professionale e privata” di “celebri personaggi horror e dei loro devoti servitori”, un po’ alla maniera dell’interessante e non troppo celebrato Victor - la storia segreta del dott.Frankenstein, che nel 2015 reimmaginava e “aggiornava” il rapporto tra il celebre Mad Doctor (interpretato da James McAvoy) e Igor (un ottimo Daniel Redcliffe). Renfield si basa su un’idea del sempre più prolifico scrittore Robert Kirkman, l’autore dei celebri fumetti The Walking Dead e Invincible e qui in veste di produttore con la sua Skybound, ma la sceneggiatura è resa ancora più frizzantina e stralunata da Ryan Ridley, uno degli autori della dissacrante serie a cartoni animati, dallo humor “gioiosamente nero”, Rick e Morty. Lo scenario prescelto è la sempre più magica New Orleans, luogo affascinante quanto molto amato anche dai vampiri di Anne Rice, nella quale si sono svolte le riprese dal febbraio e l’aprile 2022 in alcune location molto iconiche, tra cui un deposito dei carri allegorici del carnevale e dei suggestivi locali notturni dalle atmosfere mistiche. Originariamente doveva essere diretto da Dexter Fletcher, il regista di Eddie The Eagle e del film su Elton John Rocketman, ma dal 2021 la palla è passata a Chris McKay, regista di Lego Batman The Movie ma anche della pazza serie tv animata Robot Chicken. Awkwafina, che interpreta la poliziotta Rebecca, è una musicista rap e attrice comica dalla mimica facciale incedibile e dalle battute al vetriolo (ricorda un po’ Whoopi Goldberg), che abbiamo già visto e apprezzato in Ocean 8, Jumanji Next Level e Shang-Chi (e interpreta inoltre in lingua originale il pellicano nel nuovo film della Sirenetta Disney, esibendosi anche in un brano rap) e non vedevamo l’ora di vedere all’opera in un film realizzato dai pazzerelli di Robot Chicken, Rick e Morty e Lego Batman. Nicholas Hoult fin dai trailer ha ancora dopo vent’anni l’eterna aria del bravissimo ragazzino con cui giovanissimo era cinema al fianco di Hugh Grant nel 2002, nella tenera commedia About a Boy, anche se nel recente The Menù ci aveva offerto una interpretazione davvero inquietante. Nel 2005 Hoult già divideva lo schermo con Nick Cage, in un rapporto padre e figlio molto contrastato e carico di problemi psicologici ma pieno di calore, nel surreale e malinconico The Wheater Man, per la regia di Gore Veribinski. Inoltre Hoult ha già ricoperto un ruolo dai contorni “paranormali e umani” se vogliamo simile al “famiglio” Renfield, interpretando l’interessante horror Commedy Warm Bodies di Jonathan Levine, dove si è dimostrato ancora un bravissimo ragazzo, quanto nello specifico un originalissimo e buffo “zombie moderno e sensibile”, in grado di scegliere quanto più possibile una “dieta vegetariana” pur di poter ri-provare l’amore. Questa volta l’attore inglese viene giocoforza messo a confronto con forse il più celebre Renfield degli ultimi anni, protagonista del Braham Stoker Dracula di Francis Ford Coppola (Coppola che è zio di Nicolas Cage ed è stato suo consulente particolare per questo film): il musicista Tom Waits. E poi c’è ovviamente lui, Nicolas Cage, che torna a interpretare un ruolo da sempre a lui molto caro. Da giovane si autoproclamava il Californian Klaus Kinski, in ossequio all’attore leggendario che è stato sia Renfield al fianco del Dracula di Christopher Lee (Il Conte Dracula, nel 1970, di Jesus Franco) nonché Nosteratu nel film di Werner Herzog del 1979. Cage ha spesso raccontato che da ragazzino guardava suo padre, August Coppola, come a un uomo austero quanto autorevole, intento a osservare e controllare ogni cosa con ossessione, quasi fosse l’incarnazione stessa del Dracula di Bela Lugosi. Se lo ricorda spesso nel buio del proiettore cinematografico del soggiorno, dove quando era piccolissimo aveva visto il vampiro per lui più terrorizzante di sempre: il Nosferatu di Mark Schreck (che nel 2024 riceverà un nuovo adattamento a cura di Robert Eggers), sulla cui lavorazione Cage stesso aveva prodotto il (bellissimo) film L’ombra del vampiro, con Willem Dafoe. Quando nel 1989 Cage, a 25 anni, ha affrontato il suo ruolo-cult da protagonista, in Vampire’s Kiss - Stress da vampiro, impersonare per lui un vampiro è stato invece simile a provare “uno stato di ebbrezza”: con la sua performance voleva rappresentare tanto gli effetti (prima di forza assoluta poi di estrema debolezza) della “dipendenza dalle droghe” (come fatto in parte anche dai vampiri di Ragazzi Perduti, del 1987) quanto le “situazioni tossiche” (anche e soprattutto sentimentali) cui andavano sempre più incontro i giovani “nuovi vampiri”: gli imprenditori di successo degli anni ‘80, i cosiddetti “yuppies” (raccontati in Italia dal film con Calà e Boldi, ma in America con Wall Street di Mann). Il film non fu capito, la performance di Cage fu giudicata “bizzarra”, oggi molte scene sono dei famosissimo meme sui social, ma è ancora uno dei sui film più amati dai fan. Con Renfield Cage può impersonare un vampiro ancora diverso, ma non meno ironico e satirico, in considerazione del cast e degli autori coinvolti.
Tom Waits nel Dracula di Coppola degli anni ‘90 mangiava con stile gli insetti e viveva già un difficile rapporto con il “suo Dracula”, interpretato da Gary Oldman. Continuamente nella sua camicia di forza ripeteva: “io sono il vostro servo, servo solo voi!” con le lacrime agli occhi, mentre il suo padrone sembrava ricordarsi di lui sono di sfuggita, mentre riviveva nello sguardo di una ragazza immortalata in eterno su un ciondolo (Winona Rider) il grande amore perduto della sua vita. Oldman era un Dracula ammaliatore e manipolatore “del ventesimo secolo”, che si faceva stupire solo dalla “nuova immortalità” del cinema. Il Renfield di Waits era per Dracula molto poco affascinante e quindi soffriva, veniva trattato con disprezzo e lui era in risposta costantemente in disordine, arruffato e in stato confusionale. Il Renfield di Hoult è “uscito dall’hangover” (dalla sbornia) in cui vegetava il personaggio di Waits, perché il Dracula di Cage, del ventunesimo secolo, è molto meno onnipotente e seduttivo, quasi un “boomer”. Nella società del trionfo dell’apparenza e della auto-rappresentazione, dove tutti sui social ostentano potere e sicurezza, Dracula è seduttivo “quanto basta e quanto altri”, risultando quasi triste quando ostenta dei look (pur bellissimi!!) ispirati al Dracula di Christopher Lee ma (tragicamente) tessuti in un cuoio nero troppo vintage. È un po’ come Fantozzi che si tinge i capelli per sembrare un ventenne. Inoltre, come “signore del male alla ricerca di vergini pure” per berne il sangue più “genuinamente biologico”, forse pretende “portate” non più nei menù da tanto tempo, anche perché nel film sembra che in quella New Orleans “i buoni” non esistano quasi più o se ci sono sono destinati a finire malissimo in qualche sparatoria. Sul suo nuovo “trono” nell’ospedale abbandonato (bellissimi i set) Dracula siede circondato da corone di flebo piene di sangue anonimo: una creatura al lumicino, quasi in dialisi, che si arrampica più che può a quello che è il suo unico Caregiver, il suo badante più che il suo servo, il “famiglio” del vampiro che diventa unico familiare accudente: Renfield appunto. Questo rende ancora più evidente che la “dipendenza da un’altra persona” è nei fatti (quando le manipolazioni falliscono) molto più un problema di Dracula che del suo servo. Renfield ricomincia dopo secoli di “io sono il vostro servo, servo solo voi!”, in cui tra i soprusi si era anche goduto l’ebbrezza dell’onnipotenza “riflessa” del suo padrone (il Renfield di Hoult non lo nega affatto!!), a “riprendersi i suoi spazi”. Hoult riprende Waits e “continua il suo personaggio” partendo dalla mimica e movimenti quasi da ragno, nonché la tragicità dello sguardo, per poi sempre più scoprire di poter cambiare. Sullo schermo questi ragionamenti creano proprio quel tipo di situazione esilarante, esasperata, buffa ed esagerata che ci si potrebbe aspettare dagli autori di Rick e Morty. Renfield inizia a scoprire di poter vivere in un mondo così pieno di luce da voler indossare, in una spinta di “positività”, terribili maglioncini color pastello, quando finisce continuamente in situazioni piene di sangue e delinquenti, dove il film si trasforma in un action a base di arti marziali, super poter e corpi fatti letteralmente a pezzi in esplosioni varie, in momenti dall’altissimo e gioiosamente immotivato splatter. Sono sequenze così esagerate nel loro tasso di distruttività, interpretate con molta convinzione “scenografica” da parte di tutto il cast, da diventare innocue e far ridere, in puro “stile Deadpool” o “stile Kingsman” se preferite, ma soprattutto in “stile Rick e Morty” (che è un cartone animato buffo ma per adulti), quando vengono realizzate alla lettera pure le classiche “minacce in romanesco” del tipo: “ti stacco le braccia e te ce meno”. Sono scene molto ben realizzate a livello visivo, super movimentate quanto estreme, in cui i personaggi si esibiscono in robe assurde come camminare sui muri stile Matrix, trasformarsi in un mucchio di pipistrelli, dare pugni così forti da aprire in due una persona. Quando “le stragi vengono messe in pausa”, esattamente come avviene nelle puntate di Rick e Morty, i due personaggi principali iniziano a battibeccare: uno ribadendo la sua irrinunciabile necessità di essere libero che viene sempre compressa, l’altro portando l’attenzione sulla importanza per il bene dell’universo che il compagno di avventure lo aiuti senza fiatare. La dinamica è questa, ma Cage ha dichiarato anche che per il rapporto del suo Dracula con il servo/famiglio ha pensato di ispirarsi anche alla Anne Bancroft nel ruolo della Mrs Robinson del film Il Laureato: una delle più celebri “manipolatrici emotive” della storia del cinema. È una nota ulteriore e originale che suggestivamente traspare ma nella direzione non viene troppo seguita con convinzione preferendo un approccio diverso, forse in questo perdendo un’occasione. Anche grazie a questa “limitazione” i due attori a ogni modo riescono bene a inscenare sullo schermo un continuo e gustoso “balletto emozionale” in cui appaiono evidenti tutti gli alti e bassi di una relazione tossica: ogni tanto sembrano padrone e servo, a volte maestro e allievo, qualche volta padre e figlio, qualche volta nemici mortali. Con questo Dracula, proprio grazie alla interazione molto convincente raggiunta con Nicholas Hoult, Cage ha dichiarato di essere riuscito a tirare fuori molti aspetti caratteriali di suo padre August. Questo ha di fatto reso la sua interpretazione davvero molto diversa dal solito, modificandone profondamente la mimica e il modo classico di parlare ed esprimersi. È un Dracula che preferisce parlare a denti stretti piuttosto che urlare, biascicando come un gangster e sfoderando i suoi poteri da vampiro solo quando occorre, come una pistola automatica. È una delle prove d’attore più sentite e uniche del Californian Klaus Kinski, un Cage che non conoscevamo, che affronta la parte con quasi religioso rispetto, pur preservando l’ironia necessaria al contesto, decidendo di non eccedere mai troppo nei toni e mettendosi più volte a pieno servizio di Hoult. In un modo diverso ma simile ai tempi di Joe, dove si metteva da parte per far risaltare Tye Sheridan. Hoult risulta ancora una volta un bravissimo ragazzo come nel 95% della sua attuale filmografia, confermando che è anche grazie a questo “candore” che anche per riesce a stare sulla scena “con garbo” tra zombie e vampiri, dimostrandosi il protagonista ideale di una commedia horror: con una ingenuità che possiamo in qualche modo accostare quasi all’Edward Mani di Forbice di Johnny Depp. È allampanato e strano come in Warm Bodies, ma con quello sguardo da eterno fanciullo pur nascosto da occhiaie e trucchi cadaverici riesce a “normalizzare” anche questo mondo pieno di vampiri, narcotrafficanti, narcisisti e co-dipendenti. Interessante, ma forse non esplosiva come poteva esserlo sulla carta, il personaggio di Awkwafina, che di fatto aiuta Renfield nel suo processo di “crescita personale” vivendo in parallelo alcune situazioni simili a lui e condividendo quasi tutte le ben riuscite scene d’azione. L’intesa tra i due attori traspare, ma è come se ci fosse sempre una barriera invisibile che limiti il loro coinvolgimento emotivo, come se la direzione scegliesse di nuovo, per legittime scelte di target, di glissare sul discorso sentimentale, forse per non mettere troppa carne al fuoco (magari in un sequel però…). Molto simpatici tutti gli attori che danno vita agli smargiassi ed eccessivi “cattivi non soprannaturali” della famiglia Lobo, piccolo ma gustoso il ruolo di moderatore del gruppo di mutuo-aiuto rivestito da Brandon Scott Jones.
Renfield è un film divertente e ricco di azione che sotto tutti i punti di vista dimostra di uscire dalla penna di uno degli autori del cartone animato per adulti Rick e Morty. Tante sparatorie esagerate e battutacce sullo stile di Deadpool e Kingsman, due interpreti principali molto coinvolti e “compici” in grado di sviluppare perfetti tempi comici quanto una non banale dinamica tra i rispettivi personaggi, una New Orleans straordinaria a fare da scenario e, ultima ma non meno importante, una durata complessiva di novanta minuti che rende il film ulteriormente godibile. Simpatico il cast di supporto, gioiosamente irriverente la lettura “aggiornata” del vampiro di Stoker proposta, con tantissimo sangue messo in scena in modo così esagerato e parossistico da fare il giro e risultare innocuo (ma comunque i non amanti dello splatter sono avvisati).
Renfield è un film adatto a una serata all’insegna dell’intrattenimento più “liberatorio”, disimpegnato e leggero, con tante battute, tanta finta emoglobina esibita, tante scene d’azione di stampo quasi supereroistico, un piccolo gradevole accenno di “psicanalisi” sui temi ormai ampiamente sdoganati sui sociali (purtroppo spesso in modi un po’ naif) come “narcisismo e co-dipendenza”. È una commedia horror realizzata con tanto amore per i film sui vampiri del passato, che omaggia il genere in modo fresco e con un simpatico punto di vista sull’attualità. Se amate Rick e Morty o l’umorismo ingenuo di Lego Batman può essere una buona scelta per passare una serata al cinema. Se amate Cage e i vampiri che riescono ad apparire anche ironici è una visione più che consigliata.
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Divertentissimo! Spero segni il ritorno di Cage a film più commerciali, dopo essere diventato l'idolo di noi horrorofili indipententi :)
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